Il neo premier britannico Boris Johnson ed i ministri del suo nuovo gabinetto, non appena si sono insediati hanno iniziato quella che sembra oramai una specie di litania, annunciando in ogni occasione che il Regno Unito, con o senza un accordo, il prossimo 31 ottobre lascerà l'Unione europea.

I rappresentanti dei vari settori del mondo economico, finanziario e sociale britannico hanno risposto a Johnson e ai suoi ministri che un'uscita dall'Ue senza un trattato potrebbe avere effetti disastrosi... e lo stesso vale anche per il mondo della ricerca.

Lo ha ricordato al premier britannico Eliza Manningham-Buller, presidente della Wellcome Trust, una istituzione che supporta la ricerca scientifica spendendo annualmente fino ad 1 miliardo di sterline.

Un'uscita no deal porrebbe delle barriere con l'Europa anche nel campo della collaborazione scientifica con gli altri Paesi del continente, un problema che si andrebbe ad aggiungere a quello di maggiore isolamento del Regno Unito, che avrà più difficoltà anche ad accogliere nel proprio territorio i ricercatori europei e le loro famiglie.

La ricerca, come altri sanno bene in gran parte del mondo ma non in Italia, è il principale motore a supporto dell'economia di un Paese. La Brexit, soprattutto senza un accordo, finirebbe per ostacolarne lo sviluppo in Gran Bretagna.