In vista del Consiglio europeo del 24-25 giugno, il premier Draghi si è presentato in Parlamento per riferire ai gruppi i temi che srannao trattati nella riunione e la posizione al riguardo del nostro Paese.

Tra i temi in discussione anche quello che riguarda i migranti. Di seguito è riportato ciò che Draghi chiederà all'Europa.

Un altro tema che ci riguarda da vicino è quello della gestione dei flussi migratori, che torna ad essere in agenda del Consiglio europeo su precisa richiesta dell'Italia.Come ho dichiarato in passato, il Governo vuole gestire l'immigrazione in modo equilibrato, efficace, umano, ma questa gestione non può essere soltanto italiana; deve essere davvero europea. Occorre un impegno comune che serva a contenere i flussi di immigrazione illegali, a organizzare l'immigrazione legale e aiutare questi Paesi a stabilizzarsi e a ritrovare la pace e penso ovviamente, in modo particolare, alla Libia.Un miglior controllo della frontiera esterna dell'Unione può essere la base per un piano più ampio, che comprenda anche il tema dei ricollocamenti. Tra i Paesi dell'Unione esiste un'ampia convergenza sull'esigenza di superare il regolamento di Dublino. Si tratta di una convenzione concepita in una diversa fase storica, adatta semmai a gestire numeri contenuti, più contenuti di quanto non siano oggi. Al momento, però, una solidarietà obbligatoria verso i Paesi di primo arrivo, attraverso la presa in carico dei salvati in mare, rimane divisiva per i 27 Stati membri. Serve un'alternativa di lungo periodo per fare in modo che nessun Paese sia lasciato solo. Il Patto sulla migrazione e l'asilo, proposto il 23 settembre 2020 dalla Commissione europea, ha il merito di ricercare un cambio di prospettiva, ma il negoziato sul Patto dimostra che c'è ancora molto lavoro da fare. Attualmente sta emergendo un terreno comune fra gli Stati europei su diversi aspetti fondamentali. Tra i 27 Stati membri ci sono punti di convergenza, innanzitutto sul riconoscimento delle rotte migratorie come parte integrante dell'azione esterna dell'Unione europea. Intendiamo intensificare in tempi rapidi partenariati e forme di collaborazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare con i Paesi africani. Lo scopo è quello di evitare perdite di vite umane ma anche di contrastare le partenze illegali, nonché di ridurre la pressione sui confini europei.Ho discusso anche di questo durante gli incontri, avvenuti nelle ultime settimane, con il Primo Ministro libico Dabaiba e il Presidente della Repubblica tunisina Saïed, dai quali ho ricevuto riscontri positivi. Anche la Commissione europea e l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza hanno ribadito l'urgenza di portare avanti azioni concrete dai tempi certi con i Paesi di origine e di transito, un invito su cui mi sembra ci sia ampia convergenza. Inoltre, la maggioranza dei Paesi membri sembra essere sensibile all'esigenza di una più stretta collaborazione tra l'Unione europea, l'Alto commissariato ONU per i rifugiati e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni riguardo a tutte le rotte migratorie.Vogliamo che il Consiglio promuova un'azione più incisiva sui rimpatri, anche attraverso lo strumento dei rimpatri volontari assistiti, e che favorisca un impegno comune a sostegno dei corridoi umanitari.Attualmente, credo, noi siamo i protagonisti per i corridoi umanitari; credo che ci siano pochissimi altri Paesi che li fanno e, devo dire, sia pure nella ridotta dimensione, li fanno così bene. Più in generale serve una maggiore considerazione dal punto di vista politico e finanziario delle rotte migratorie nel Mediterraneo centrale e occidentale. Oggi è privilegiata soprattutto la rotta orientale sul piano giuridico e finanziario. Occorre uno specifico impegno dell'Unione europea per la stabilità in Libia, auspicabilmente sotto gli auspici delle Nazioni Unite.