Cronaca

Maria Luisa De Cia e il killer della montagna

Ogni territorio ha i suoi miti noir e non manca letteratura in merito, nemmeno su quello che ora trattiamo, il nord est veneto/trentino, che esce alla ribalta, nel secolo scorso, con la sanguinosa saga dei cosiddetti “ misteri di Alleghe”, dal lago nel bellunese: una fila di omicidi dal 1933 al 1946 messi in atto, a sentir le condanne (contestate molto tempo dopo i fatti) da una famiglia seriale, partiti col primo per determinati motivi, seguito da altri ai danni di chi “sapeva”, nulla da invidiare alle dinamiche mafiose, insomma. Da Ludwig a Gianfranco Stevanin e altro ancora, nulla è mancato e molto ci hanno raccontato, ma in un angolo definito “marca trevigiana” restano insoluti almeno quattro delitti con vittime femminili, concentrati in pochi mesi. Tre di essi si verificano nel gennaio 1991, due sono addirittura consecutivi. Il 2 viene massacrata nel garage di casa l’analista ospedaliera Vanda Fior, 32 anni, da Caerano, sposata con una bimba: verrà indagato e prosciolto il marito. Seguiranno due commercianti trucidate nel proprio esercizio il 29 e il 30. La prima è la pasticcera Sandra Casagrande, la seconda una tabaccaia, Regina Peruzza. I resoconti sono, come sempre, sconfortanti, con casi freddi e riaperti in base ai nuovi metodi scientifici e, nel caso di Sandra, l’incredibile storia di una raccomandata che sarebbe pervenuta a maggio 2020, una comunicazione riguardo il diniego di iscrizione a un registro professionale…

Adesso però ricordiamo una ragazza di 28 anni, Maria Luisa De Cia ( da non confondere con una omonima professionista facilmente reperibile in web e impegnata sindacalmente), uccisa il 16 agosto 1990 in zona San Martino di Castrozza,  località Malga Civertade..

Maria Luisa, originaria di Sovramonte (Belluno) viene definita, nelle cronache, “impiegata” o “ragioniera”, senza che si specifichi un preciso posto di lavoro – che è sempre importante per cercare possibili nemici rancorosi. La si ricorda disinvolta, indipendente ( ha trascorso un anno in Germania), sportiva; da un po’ di tempo vive da sola a Cornuda, paese rimesso in scena dalla misteriosa morte di due residenti, Sofiya Melnyk e Pascal Albanese, lei trovata martoriata dalle percosse in un  boschetto alle pendici del Monte Grappa, lui impiccato in casa, nel 2017, con indagini tuttora pendenti, coppia rodata e tranquilla in apparenza, con una doppia vita mai del tutto spiegata.

La Del Cia è prossima a sposarsi con Mauro, futuro procuratore legale; in attesa dell’evento ( che però non appare ancora in via di organizzazione) è in vacanza dai genitori, a Sorriva di Sopramonte; va e viene con la sua Panda Rossa, tra gite e commissioni, così quando, il giorno dopo ferragosto, i familiari notano, in cucina, un suo biglietto con scritto “ vado verso San Martino”, non ci trovano nulla di strano: la figlia è usa alle escursioni, anche in solitario, conosce i posti ed è comprensibile che voglia svagarsi, conquistando i sentieri che portano alle “Pale di San Martino”, dove offre ospitalità il noto rifugio chiamato “ Velo della Madonna”, sotto l’omonima cima di 2358 metri.

 Non ci si allarma più che tanto per il ritardo serale della donna, autonoma e spigliata, ancora senza cellulare. Col passare delle ore, però, l’ansia si fa strada e inizia qualche ricerca, che verrà interrotta il giorno dopo, allorquando saranno due ragazzi in gita a notarla: a qualche decina di metri da un frequentatissimo sentiero, in mezzo alla vegetazione allora più fitta, seminuda, sdraiata a gambe divaricate, attinta da un colpo di pistola di piccolo calibro alla tempia, partito da una pistola modificata, come anche il proiettile. Non risulta una violenza sessuale, la bocca è aperta e non alterata, ma in mezzo vi passa, legato sotto la nuca, un nastro adesivo nero; i suoi occhiali sono accuratamente ripiegati e posti sotto un albero.

Gli accertamenti sono resi più complicati dalla pioggia caduta nel frattempo, dalla mancanza di tabulati come oggi e dalle scarne testimonianze, anche se emerge qualche labile indizio.

Il papà ricorda che la figliola aveva ricevuto una telefonata, certamente non dal fidanzato, perché non aveva trasportato l’apparecchio in camera sua con la prolunga, ma era rimasta in piedi, parlando con tono irrigidito e una frase “ possiamo sempre vederci”, che il genitore ricorda bene.

Il futuro sposo, fornito peraltro di alibi inattaccabile, dichiarerà di aver raccolto le lamentele della sua ragazza, riguardo una brutta situazione,  disturbi nella sua vita. Ci chiediamo se le confidenze tra innamorati si fossero inspiegabilmente fermate lì: di solito, a fronte di turbamenti da parte di un moroso, e segnatamente in vista di prossime nozze, l’altro insiste a farsi dire di più…Forse c’era uno stalker nei paraggi? E Mauro non si allarma, non cerca il marrano, non va, se non a tiragli un cazzotto, almeno a cercarlo per chiarimenti?

Il crimine avviene in periodo di massima affluenza turistica. Sarà per questo che, nella confusione, solo una donna si farà avanti per segnalare che, nella piazza dello snodo di passo Rolle, aveva intravisto un panda rossa affiancarsi a una berlina e i due mezzi proseguire insieme per una certa direzione; anche un tassista ricorda i due veicoli, l’utilitaria con una donna, la vettura più grande condotta da un uomo, e le età apparenti coincidono, ma si troverà solo l’auto di Maria Luisa, vicino al sentiero adiacente il ritrovamento del corpo.

Non si creda che la ricostruzione degli eventi sia in piano: abbiamo messo insieme le circostanze che più costantemente vengono riportate, ma non tutte vanno all’unisono.

A mani vuote, gli inquirenti cercano un ex della ragazza, in zona Svizzera/Germania, ma non ne uscirà nulla; sul lavoro, come s’è detto, silenzio assoluto; e la scena del delitto?

Per noi, essa rimane un enigma, benché gli esperti si siano cimentati in possibili scenari. Se non ci fu stupro, e nemmeno un rapporto consenziente; se gli occhiali ( che nelle foto appaiono indispensabili a Maria Luisa), sembrano poggiati da lei, integri, non caduti; se non si rinvengono tracce di colluttazione; se nessuno avvertì particolari rumori ( a parte un paio di lontani passanti che alluderanno a due grida e un botto); se caviglie e polsi recano tracce di legature poi sciolte, senza ritrovamento di cordami; se la lingua è intatta; se la Panda sembra lì parcheggiata o per un trasbordo, o per avviarsi alla meta attaccando da un versante alternativo della montagna, non aperta, o storta o abbandonata di furia; se il sangue intorno è poco o nullo: che diavolo è accaduto?

Se la giovane aveva un appuntamento segreto, non ne parlò a nessuno, evidentemente ( ma cosa poteva essere, un allegro addio al nubilaggio?); se si trattava di un balordo di passaggio, doveva essere un amante delle escursioni, perché di solito certi soggetti sono sedentari  e urban, e non cercano contesti ameni per i crimini, al massimo campagne abbandonate; i gitanti ovunque erano tranne da quelle parti, come invece di solido succedeva in un simile periodo. Se si trattava di più persone, che accidenti potevano volere da lei? E perché rischiare, con un assalto a tiro dei possibili viandanti e imprevisti da valutare? L’avevano seguita? E in caso affermativo, con quali scopi? Maria Luisa appare graziosa, ma non è disegnata come una sexy girl, anzi sempre abbigliata casual, con i suoi ricci capelli non domati da stirature e, si dice elegantemente, estroversa e non difficile da abbordare, in caso di corteggiamento.

Tutto si ferma fino al 2011, quando un maturo signore di Montebelluna, che pare la conoscesse, viene indagato con le moderne tecniche genetiche, ma su reperti deteriorati; benché questa persona fosse nota come esperto e possessore di armi, in grado anche di modificarne una come quella usata per il delitto, nonostante i media già esultassero per la probabile risoluzione, essa non arrivò.

Per mero esercizio in ipotesi, a noi è tornato alla mente Ferdinand Gamper, serial killer meranese, antitaliano, che pare ammazzasse i corregionali di etnia non tedesca e, stando alle cronache, braccato, si uccise nel suo maso, nel 1996. Non ci entrerà per nulla, ma non è detto che non allungasse verso il Trentino, ogni tanto, giusto per far fuori una donna ( lo danno per misogino) e col nome italico che tanto egli aborriva.

Mostro dei boschi, o serial killer etnico, oppure tossicomane che gira in cerca di donne da depredare, a oggi l’assassino resta sconosciuto.

Autore carmengueyeny
Categoria Cronaca
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