La procedura di impeachment prosegue tra nuovi sviluppi e schermaglie procedurali. Queste ultime riguardano la richiesta da parte dei Repubblicani di un voto della Camera dei Rappresentanti che segni l'inizio ufficiale delle indagini per l'acquisizione di prove e audizioni relative all'inchiesta.
Così era avvenuto per le procedure di impeachment degli ex presidenti Richard Nixon e Bill Clinton.
Ma per la speaker Pelosi la necessità di un voto è superflua, considerando che nelle prerogative dell'assemblea rientra la possibilità di avviare comunque le indagini per una procedura di impeachment.
"Le attuali norme della Camera forniscono alle sue Commissioni piena autorità per condurre indagini su tutte le questioni di loro competenza, comprese le indagini sull'impeachment", ha scritto lo scorso giovedì Nancy Pelosi in una lettera inviata al leader del gruppo repubblicano Kevin McCarthy.
La scelta della Pelosi è chiaramente politica perché non vuole correre rischi con i moderati del proprio partito, probabilmente tentati dalla possibilità di fermare l'indagine prima che si arrivi al voto conclusivo, nel timore di una ricaduta negativa del consenso elettorale.
Da ricordare che anche nel caso in cui alla fine la Camera votasse per la colpevolezza di Trump, la procedura dovrebbe poi ottenere il voto definitivo del Senato, dove i repubblicani hanno la maggioranza.
Per quanto riguarda i nuovi sviluppi, invece, è interessante riportare i messaggi che si sono scambiati tre funzionari americani, prima per "preparare" la telefonata tra Trump e Zelensky, poi per limitarne le possibili conseguenze.
Si tratta di Kurt Volker, inviato di Trump in Ucraina, dimessosi una settimana fa, di Gordon Sondland, ambasciatore Usa presso l'Unione Europea e tra i principali finanziatori di Trump, e di Bill Taylor, diplomatico di lungo corso che ha prestato servizio presso l'ambasciata americana in Ucraina.
I messaggi iniziali sono del 19 luglio, una settimana prima del colloquio telefonico tra Trump e Zelensky avvenuto il 25 dello stesso mese.
Da quelli si capisce che, su input di Rudy Giuliani, la telefonata doveva servire ad ottenere da parte di Zelensky l'assenso all'avvio di un'indagine nei confronti di Biden. Ma già allora, per il diplomatico Taylor vi era la possibilità che l'Ucraina fosse vista come un'interferenza indebita nel panorama politico americano.
In ulteriori messaggi inviati in agosto, Taylor, senza mezzi termini, dichiara essere una follia da parte degli Usa utilizzare gli aiuti militari promessi all'Ucraina, come arma di ricatto al fine di ricavarne un vantaggio in vista delle prossime elezioni presidenziali. Valutazione prontamente negata da Gordon Sondland, che spiega come la decisione di Trump, in merito agli aiuti, fosse motivata dalla necessità di valutare prima l'azione politica di Zelensky.
Più l'inchiesta va avanti, più aumentano le prove a conferma di quanto la posizione di Trump sia eticamente e legalmente insostenibile.