Vai alla parte 1  -  E’ arrivato il momento di rispondere alla domanda, che vi sarete posti fin dall’inizio: del perché io abbia fatto tutto questo preambolo partendo da un incidente e un lutto. La risposta è che mi sono detto che quella strana iper-empatia emotiva provata nei confronti delle persone e degli esseri viventi (persino nei confronti degli alberi) possa essere scaturita dalla caduta che mi è valsa un trauma cranico un e momento prolungato di black-out cerebrale. E se questo trauma, assieme al movimento brutale del cervello nella scatola cranica, avesse avuto un impatto sulla stessa coscienza, che magari ha vissuto qualcosa che non ricordo più ma che ha influenzato il mio modo di vedere le cose?

Riguardo al lutto per la morte di mio padre (che avevo già vissuto 4 anni fa con la morte di mio suocero Claudio, che amavo come un padre), invece, le letture sulle NDE devono aver avuto un influenza sul modo in cui ho vissuto l’ospedalizzazione di mio padre, durata tre settimane, una buona parte delle quali passate in stato di incoscienza (indotta anche dai farmaci). Ho pensato più di una volta, in quelle lunghe veglie, che in realtà mio padre avesse smesso di albergare in quel povero corpo sofferente, ridotto a ripetere meccanicamente per giorni una respirazione difficoltosa, ostruita dai liquidi che avevano invaso i polmoni e che costringevano gli infermieri a svuotarli regolarmente per consentirgli per un pò di respirare meglio. Forse è stato un meccanismo di autodifesa, per sopportare “meglio” la sua sofferenza, a a pensare di sentire la sua coscienza fuori dal suo corpo, a sentirla circolare per il reparto cercando di farci sapere che non soffrisse. Si è spento dopo tre settimane di travaglio sanitario ed emotivo in cui, tra fratelli, ci davamo il cambio per non lasciarlo solo. Insomma, era evidente che quel corpo, ormai, respirasse e battesse meccanicamente, ma c’era come la sensazione che la sua coscienza (o se vogliamo chiamiamolo Spirito) fosse comunque lì, sopra di noi, intorno a noi e che sussurrasse: “Grazie per quello fate, ma non vi affliggete, io sto bene e sarò sempre con voi!”.

Come conciliare la propria convinzione religiosa con questi fenomeni? Personalmente, sono di fede cristiana. Uno degli ultimi doni che mi fece mio padre, è stato il Vangelo di Marco, accompagnato dal testo esegetico di Paolo Ricca (Secondo Marco). Un libro che ha avuto il merito di aprirmi gli occhi sulla vera natura del Cristo. Mio padre sosteneva che il Vangelo di Marco fosse il più autentico, anche perché il più antico. Gesù ci metteva in guardia dai falsi profeti e da coloro che avrebbero avuto il potere di cose straordinarie.

Nella nostra educazione cristiana, non si può tornare dalla morte, se non per un intervento divino, pensiamo all’episodio di Lazzaro. Poi ci sono episodi che non dicono nulla sulla natura della morte, come in quello dove un uomo chiede a Gesù un aiuto per la figlia defunta e Gesù, recandosi a casa sua e prima di avvicinarla gli dice che sta solo “dormendo”. Insomma, è possibile tornare dalla morte, ma solo in casi straordinari e per opera di Gesù, cosa ben documentata nei Vangeli. E se gli episodi descritti nel vangelo fossero simili a quelli di oggi, arresto cardiaco e assenza di attività cerebrale compresi? E se sono gli attuali progressi scientifici ad aver consentito il ritorno indietro di persona che un tempo sarebbero morte di sicuro, a meno di un intervento divino? Diciamo subito che per le NDE, si parla, senza equivoci, di ESPERIEZA DI MORTE IMMINENTE o premorte, presupponendo che la morte vera e propria non sia ancora avvenuta, mentre per gli episodi evangelici può solo prevalere la fede che Gesù abbia sottratto le persone alla morte, non alla premorte. Io credo che Gesù abbia riportato in Vita le persone, anche se quando parla della piccola defunta dice che stesse solo dormendo. Quel dormendo, si riferisce al dormire dei defunti in attesa della resurrezione? Da Cristiano, rispondo, solo Dio lo sa.

Mio padre, quando abbiamo affrontato l’argomento, e ci capitava spesso di confrontarci su queste cose, mi disse: “Io non so se c’è sto benedetto paradiso, credo che da qualche parte, sopravviva di noi dell’energia.” Quello che sembra essere in contraddizione con il suo credo religioso ne è un rafforzamento, se si guarda la sua storia. Era un profondo conoscitore dei testi biblici (oltre la sua vasta erudizione letteraria e filosofica), stava studiando Geremia con grande impegno e profondità, come era abituato a fare sempre per tutte le cose, dal semplice cucinare (su cui si documentava scrivendo a mano intere ricette), ai conti di casa. Uno dei sui mentori, e suo amico (e che ho conosciuto anch’io con mia moglie quando venne a casa di mio padre), Don Arturo Paoli (morto a oltre cent’anni) gli diceva spesso “Ma quale paradiso, è per questo che vedi la domenica quei vecchietti bisbetici e incanutiti che vanno a pregare ossessivamente, sperando di guadagnarsi il paradiso e di redimersi dai peccati. La vita è qui e ora, il dopo si vedrà, e va vissuta agendo senza pigrizia e facendo il bene senza tregua, non sperando di ricevere il bene per sé congiungendo le mani.” Alcune cose le ho aggiunte e distorte io, mi perdoni Don Arturo, ma il succo era questo.

Ecco chi era mio padre. Un uomo che fino all’ultimo, anche quando sentiva che gli rimaneva poco da vivere (una volta mi disse chiaramente che sarebbe morto presto e non lo disse per scherzo come soleva fare altre volte), si spese per mia madre semi-inferma, impossibilitata a camminare agevolmente, facendo la spesa personalmente e cucinando per lei senza sosta, a pranzo e cena, a 91 anni!

Qualunque cosa ci sia, credo che le esperienze di NDE possano essere delle finestre sull’eterno, su ciò che potrebbe attenderci, e siano anche un monito (stando alle trasformazioni che hanno portato in coloro che le hanno vissute) sulla qualità della nostra vita e non la sua quantità. Su tutte queste esperienze domina una parola solo, questa volta non in contraddizione con con il credo Cristiano, l’AMORE.

* Usiamo spesso il termine erroneamente confondendolo con un sinonimo di certezza. In realtà Descartes affermava che occorre aver dubbio su tutto, persino dubbi sullo stesso dubbio, che poi il modello con cui procede la scienza, che reputa valida le teorie finché non possano essere confutate.