«Serve fare qualcosa. Ho scritto una lettera alla Uefa chiedendo di avere un dialogo costruttivo su quanto abbiamo visto fare ad altre squadre. Quando guardiamo ad alcune sanzioni o alla scarsità di pene inflitte, il mio punto di vista è: perché mi sto preoccupando del Financial Fair Play, non è meglio prendere dodici milioni di euro di multa e accettarla?»

Questa è la considerazione espressa dal presidente della Roma James Pallotta in una lettera - riportata da "Il Romanista" - inviata ai vertici Uefa per chieder conto del Fair Play Finanziario e delle modalità con cui viene gestita e valutata la sua applicazione.

Una lettera immotivata? Per nulla. A causa del FPF, la Roma - e così altre squadre - ha dovuto rinunciare ad alcuni dei suoi giocatori simbolo per rispettare i paletti inflitti dall'Uefa su pareggio di bilancio, rapporto monte ingaggi/fatturato, finanziamenti. Altre società, colte in fallo, non sembrano essersi date pena di seguire le regole, ricorrendo anche ad operazioni fittizie o camuffate, false sponsorizzazioni...

Quindi, perché alcuni dovrebbero rispettare le regole se altri invece non lo fanno?

Dal punto di vista delle penalità, in fondo, non sembrerebbero esserci neppure grossi problemi. Infatti, se ignorare le regole può costare una multa da 10 o 20 milioni per mettere però in piedi una squadra che può garantire l'ingresso in Champions League, è conveniente farlo, visto che solo la partecipazione al torneo di qualificazione porta nelle casse di una società perlomeno circa 30 milioni di euro.

E c'è da credere che scrivendo quella lettera Pallotta non abbia pensato proprio al Milan che, nonostante sia nelle more del FPF, solo nello scorso mercato di Gennaio ha speso oltre 70 milioni di euro, di cui la metà in pronta cassa, per rinforzare la squadra. Siamo sicuri che così si rispetti il FPF?