A loro modo Salvini e Meloni, dopo aver ignorato il 25 aprile, probabilmente per loro giorno di lutto e di disperazione, hanno ricordato il 1 maggio,  dimenticando che questa festa è direttamente collegata a quella della Liberazione, perché con il fascismo lavoro e diritti erano e sono temi inconciliabili. Ma ipocrisie e contraddizioni nell'Italia di oggi sono all'ordine del giorno, e nessuno ci fa più caso. Per questo politici della statura etica e morale di Meloni e Salvini si permettono di rammentare o addirittura festeggiare il 1 maggio per poi proporci l'Ungheria di Orban, come modello di Stato che l'Italia dovrebbe copiare... la stessa Ungheria che usa lo sfruttamento dei lavoratori come strumento per sottrarre aziende e lavoro agli altri Paesi europei, Italia in testa.

E che dire poi dell'Italia più morta che Viva di Matteo Renzi che in ogni occasione si autocelebra per aver precarizzato il lavoro, per essersi inventato una riforma che ha contribuito a togliere diritti, tutele e sicurezza. Il socialista confindustriale adesso esalta il PNRR di Mario Draghi, spacciando come rivelazione biblica quella che è soltanto una semplice lista delle cose da fare per rimodernare il Paese.... del tipo  sostituire scopa e cassetta con l'aspirapolvere, magari a batteria, perché c'è da farlo sdoganare dal ministero della Transizione ecologica.

E sulla stessa linea degli esempi precedenti, ben rivestito da una spessa coltre di ipocrisia, troviamo il Partito Democratico:

"Il lavoro è il filo con cui ricucire l’Italia dopo la pandemia e consentire a ciascuno di concorrere al progresso della società", dichiara il neo vicesegretario Provenzano, per poi aggiungere: "Essere il Partito del lavoro. Delle persone che lavorano, che vivono non grazie a una rendita, ma al proprio impegno, la propria intelligenza, la propria fatica. Del lavoro buono che manca per troppi giovani e donne e che va creato con la nuova stagione di investimenti, perché non ci può essere ripresa vera senza buona occupazione. Del lavoro nuovo che cambia nell’era dell’algoritmo, perché a forme nuove vanno accompagnati nuovi diritti. Del lavoro sicuro contro lo sfruttamento e la strage delle morti bianche, perché le ingiustizie più grandi sono l’illegalità e l’insicurezza sui luoghi di lavoro. Il lavoro in tutte le sue forme, in tutta la sua dignità. Il lavoro, prima leva di uguaglianza e libertà".

È lo stesso partito che poi, in nome della responsabilità, accetta che un banchiere organizzi - si fa per dire - l'Italia che verrà.  La stessa ipocrisia, in fondo, che troviamo anche nei sindacati, almeno quelli storici, che fanno riferimento a Di Vittorio ma che si guardano bene dall'applicarne la stessa concretezza, tenacia e coerenza.

Ecco allora un promemoria dell'Unione Sindacale di Base per ricordare a quelli che abbiamo citato in precedenza, solo come esempio, il mondo del lavoro che loro hanno contribuito a creare:

Da troppo tempo intorno alla giornata di lotta del 1° Maggio si gioca la partita delle buone intenzioni e dei finti mea culpa. Ogni anno coloro che più di ogni altro hanno enormi responsabilità sul disastro occupazionale - che la pandemia ha aggravato, non creato - sulla scarsa produttività del sistema Paese - che discende direttamente da scelte strutturali e non dagli scansafatiche come vogliono fare credere - sull'aumento costante e geometrico degli infortuni e delle morti sul lavoro, prendono carta e penna e provano a disegnare un mondo del lavoro fantastico in cui cambia tutto per non cambiare nulla.C'è un termine preciso che si è cercato di nascondere in ogni modo, evitando di pronunciarlo, ed è “sfruttamento”. È lo sfruttamento, che si manifesta in forme diverse ma che cresce di intensità e dilaga non solo nei vecchi e conosciuti settori storici, dai campi alle officine, dove non è mai stato davvero domato, ma oggi anche nei settori di nuova generazione che vanno assumendo sempre più valore strategico per l'accumulazione e per la competizione.Salire sui palchi del 1° Maggio, magari ritagliandosi uno spazietto tra cantanti e  artisti, per gridare “Viva il 1° Maggio!” può forse salvare la coscienza di qualche sindacalista rintanato da tempo nei salotti e davanti alle telecamere, ma non modifica in nulla lo stato delle cose presente.Lo sfruttamento si combatte giorno dopo giorno nei campi, nelle fabbriche, negli uffici, nelle strade e nei magazzini. Solo chi pratica il conflitto contro il capitale e lo sfruttamento ha diritto di parola. Gli altri, almeno per un giorno, tacciano.