Scritto in occasione dell’intervento tenuto presso il Centro Studi Bellunese il 23/04/2021.


Il tema dell’accessibilità irrompe nel dibattito italiano con la legge Stanca del 09/01/2004, n. 4 “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”.

La legge, approvata durante l’anno europeo dedicato alle persone con disabilità, sancisce il diritto per i disabili di accesso agli strumenti informatici. Per accessibilità si intende la capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive (tastiere personalizzate per non vedenti, mouse ergonomici, sintetizzatori vocali, etc.) o configurazioni particolari.

Recentemente, durante un corso di formazione proprio in materia di accessibilità, ho posto questa domanda a una trentina di dipendenti provenienti da diverse pubbliche amministrazioni “Se dico legge Stanca, siti internet e soggetti disabili che tipo di disabilità ti viene in mente?”. Il 66% di loro ha risposto “disabilità visiva”.

Per anni si è parlato infatti del tema di accessibilità con riferimento ai problemi di natura visiva. Le cause che portano ad avere difficoltà di accesso alle nuove tecnologie online in realtà sono tantissime: secondo diversi studi si stima che il 20% della popolazione presenti disabilità visive (cecità, ipovisione, daltonismo), sonore, motorie e cognitive.

Dall’entrata in vigore della legge Stanca, inoltre, il tema dell’accessibilità degli strumenti informatici delle pubbliche amministrazioni è stato dal punto di vista tecnologico e coercitivo. La legge prevede per esempio la nullità del contratto tra la pubblica amministrazione e il fornitore e una responsabilità dirigenziale e disciplinare in caso di mancato rispetto delle disposizioni previste, sanzioni che di fatto non sono mai state applicate, secondo alcuni per possibili problemi di interpretazione e costituzionalità.

Anche la circolare del 09/01/2020 dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) parla di obblighi e di sanzioni in caso di inadempienza da parte delle amministrazioni nella verifica dell’accessibilità dei propri  strumenti informatici (siti web e app) e nella valutazione del loro stato di conformità rispetto alle emanate dalla stessa AgID.

Proviamo allora a chiederci cosa significa affermare, per esempio, che un sito internet di una pubblica amministrazione è accessibile.

Per rispondere a questo quesito occorre considerare che i cambiamenti sociali di questi anni impongono l’utilizzo di un nuovo approccio per trattare il tema dell’accessibilità, che non deve essere solo soddisfare una norma dal punto di vista informatico e controllarne la sua applicazione da parte del difensore civico, ma deve diventare soprattutto la promozione di politiche attive di inclusione di persone disabili e di cittadini che rischiano di diventare vittime del divario digitale (anziani, extracomunitari, abitanti di aree periferiche e non connesse, etc.).

Promuovere l’inclusione di una nuova cittadinanza digitale significa quindi eliminare le nuove barriere architettoniche che sono di natura informatica, comunicativa e infrastrutturale.

Un sito può accessibile dal punto di vista normativo perché rispetta gli standard informatici previsti dalla norma, ma utilizzare un linguaggio burocratico, tale da non essere più accessibile dal cittadino.

Questo testo, realmente inserito in alcuni atti pubblici non è accessibile, nel senso che la comprensione del suo significato è semplice solo per un addetto ai lavori.

Qualora dal controllo dovesse emergere la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici conseguiti sulla base della dichiarazione non veritiera, fermo restando quanto previsto dall’art. 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, in materia di sanzioni penali.

Questo testo, che è la riscrittura sburocratizzata del testo precede, è accessibile, nel senso che la comprensione del suo significato è semplice per tutti.

Chi rilascia una dichiarazione falsa, anche in parte, perde i benefici descritti e subisce sanzioni penali (Articolo 26, legge 04/04/1968, n. 15).

Infine, ricordiamo che anche le infrastrutture tecnologiche possono far diventare non accessibile un’applicazione accessibile: un’area geografica non raggiunta dalla banda crea una disparità di accesso ai servizi online ai suoi residenti.

Occorre quindi che la pubblica amministrazione e chi lavora nel modo dell’information communication tecnologi prestino attenzione e cura nella promozione di progetti di e-government, adottando piattaforme accessibili, i cui contenuti devono essere scritti in un linguaggio semplice, comprensibile e sburocratizzato e rese fruibili attraverso infrastrutture tecnologiche efficienti.

In questo contesto, al controllo di accessibilità degli strumenti informatici della pubblica amministrazione effettuato attraverso controlli tecnici, devono essere affiancate metodologie innovative di verifica della qualità comunicativa e del livello di inclusione di tutti i cittadini senza discriminazioni e con parità di trattamento.