L'ingiudicabilità di Salvini e lo strano caso del Movimento Jekyll e del 5 Stelle Hyde
Giovedì 7 febbraio, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato si è riunita per valutare la domanda di autorizzazione a procedere in giudizio, ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione, nei confronti del senatore Matteo Salvini nella sua qualità di ministro dell'Interno pro tempore, per i reati di cui all'articolo 605, commi primo, secondo, numero 2 e terzo del codice penale (sequestro di persona aggravato).
La Giunta ha proseguito l'esame della domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini che, a sua difesa, ha presentato una memoria con documentazione allegata contenente le dichiarazioni del premier Conte e dei ministri Di Maio e Toninelli a conferma che tutto ciò che Salvini ha fatto in relazione al caso Diciotti è frutto non tanto di una sua iniziativa personale, ma di una valutazione collegiale del Governo.
In pratica, non sarebbe stato il ministro Salvini a "sequestrare" i migranti sulla nave Diciotti e di conseguenza la nave stessa appartenente alla Marina militare, costretta a rimanere in porto con tutto il suo equipaggio invece di continuare a svolgere i propri compiti in mare, ma tutto il Governo, di cui Salvini si sarebbe limitato solo ad applicarne le decisioni.
Quanto sopra riportato è riassunto nella parte conclusiva del documento siglato dal presidente del Consiglio Conte che Matteo Salvini ha allegato alla sua memoria.
"Le azioni poste in essere dal ministro dell'Interno - ha scritto Conte - si pongono in attuazione di un indirizzo politico-istituzionale che il Governo da me presieduto ha sempre coerentemente condiviso fin dal suo insediamento. Di questo indirizzo, così come della politica generale del Governo, non posso non ritenermi responsabile ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione".
E sempre secondo quanto Conte ha scritto, la vicenda della nave Diciotti "è pienamente ascrivibile all'esercizio delle funzioni di governo per il perseguimento di obiettivi di politica migratoria, tesi a contenere il traffico di esseri umani e a richiamare gli altri Stati membri dell'Unione europea a un onere di condivisione nella gestione del fenomeno, fin dalle operazioni di ricerca e soccorso in mare."
Che un Governo possa richiamarsi alla ragion di Stato per giustificare il sequestro di una nave della propria Marina militare e dei naufraghi a bordo perché presumibilmente provenienti dall'Africa, nonché il loro utilizzo come arma di ricatto nei confronti dell'Ue, appare già di per sé incredibile, insieme al fatto che non è possibile, in uno Stato democratico, ritenere che un Governo sia, in merito a ciò che decide, irresponsabile a prescindere delle proprie azioni.
Ma lasciando da parte questo punto, in questo nuovo sviluppo della vicenda Diciotti è da valutare l'aspetto politico relativo al comportamento del Movimento delle Stelle che, d'ora in poi, si dovrebbe chiamare della menzogna e delle promesse mancate.
Infatti, quello che Conte e i 5 Stelle sostengono nelle loro memorie non è affatto vero. Come è noto a tutti, nelle dichiarazioni riportate dallo stesso Salvini sul proprio profilo social, la decisione di Conte di far sbarcare i migranti dalla Diciotti non era affatto condivisa dal ministro dell'Interno che più volte ne ha disconosciuto la paternità. Si dirà che il Governo fosse però unanimemente d'accordo nel tenere i migranti in ostaggio, ma diviso sulla conclusione della vicenda. Un modo senz'altro bizzarro di intendere l'unità d'intenti dichiarata da Conte con la regia dei 5 Stelle... ma diamolo per accettabile.
Quello che invece appare comunque inspiegabile è che fino a ieri il cosiddetto "MoVimento" non dovesse più transigere in relazione alle regole che si era dato riguardo ad eventuali azioni della magistratura nei confronti dei propri iscritti: se uno finisce a giudizio, che si difenda in tribunale e se in primo grado è giudicato colpevole, che si dimetta dall'eventuale incarico pubblico ricoperto.
Possibile che il Movimento 5 Stelle adesso venga meno ai propri principi negando il giudizio non tanto ad un proprio attivista, ma addirittura al capo politico di un partito concorrente (anche se al momento alleato di Governo)? Perché un attivista dovrebbe essere giudicato, mentre Salvini no?
È una domanda che gli onesti e inflessibili sostenitori del Movimento 5 Stelle dovrebbero fare ai propri parlamentari che sull'onestà e sull'inflessibilità hanno costruito le proprie fortune politiche.