Un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti istituzionali, professionali e del mondo scientifico, ha redatto  le modalità di gestione domiciliare del paziente affetto da COVID-19 da parte del Medico di Medicina Generale  e del Pediatra di Libera Scelta  sulla base delle conoscenze disponibili a oggi.

Vista la costante evoluzione delle conoscenze sull’infezione da SARS-CoV-2, sul decorso della malattia COVID-19 e sulle possibilità terapeutiche, il documento, in continuità con il precedente testo che era riportato nella Circolare del 30 Novembre 2020, verrà periodicamente aggiornato dal Gruppo di lavoro al fine di rendere le indicazioni in esso contenute conformi alla pratica clinica
internazionale sulla base delle emergenti conoscenze scientifiche.

Va anche opportunamente sottolineato come sull’efficacia di alcuni approcci terapeutici permangano tuttora larghi margini d’incertezza e come l’impiego di determinati schemi terapeutici dipenda dalla severità delle manifestazioni cliniche presentate dai malati o non si applichi ai pazienti nelle fasi iniziali di malattia.
Non casualmente, vi è forte raccomandazione che soprattutto i malati che presentano la sintomatologia più grave (pazienti ospedalizzati) vengano inclusi in clinical trials la cui conduzione è mirata a definire in maniera conclusiva il ruolo delle diverse opzioni di trattamento.

Nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, sulla base delle informazioni e dei dati attualmente disponibili, si forniscono le seguenti indicazioni di gestione clinica:

vigile attesa (intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente);
 
• misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria;
 
trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo o FANS in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso). Altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico;
 
• appropriate idratazione e nutrizione, in particolare nei pazienti anziani. Nel paziente immobilizzato, visto l’aumentato rischio di sarcopenia va garantito un appropriato apporto proteico;
 
• promuovere, nei limiti consentiti dalle condizioni cliniche del paziente, l’attività fisica a domicilio che, anche se limitata, contribuisce a prevenire le conseguenze dell’immobilizzazione e dell’allettamento e può consentire una riduzione dell’indicazione all’utilizzo dell’eparina;
 
• raccomandare di assumere preferenzialmente, durante il riposo e compatibilmente con le condizioni del paziente, la posizione prona;
 
• valutazione, nei pazienti a rischio di progressione di malattia, della possibilità di trattamento precoce con anticorpi monoclonali da parte delle strutture abilitate alla prescrizione;
 
• i pazienti in trattamento immunosoppressivo cronico in ragione di un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie a patogenesi immunomediata, potranno proseguire il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante;

• non utilizzare routinariamente corticosteroidi. L’uso dei corticosteroidi è raccomandato esclusivamente nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno.

L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in pazienti con fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia ove non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere.


L’utilizzo della terapia precoce con steroidi si è rivelata inutile se non dannosa in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria:
 
non utilizzare eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto;
 
evitare l’uso empirico di antibiotici. La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti con la sola infezione virale da SARS-CoV2 non consentono di raccomandare l’utilizzo degli antibiotici, da soli o associati ad altri farmaci.


Un ingiustificato utilizzo degli antibiotici può, inoltre, determinare l’insorgenza e il propagarsi di resistenze batteriche
che potrebbero compromettere la risposta a terapie antibiotiche future. Il loro eventuale utilizzo è da riservare esclusivamente ai casi nei quali l’infezione batterica sia stata dimostrata da un esame 12 microbiologico e a quelli in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica;
 
non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti;
 
non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente;
 
non modificare, a meno di stringente ragione clinica, le terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, ipoglicemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti, terapie psicotrope), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti che possono avere anche un importante impatto sulla prognosi;
 
evitare l’uso di benzodiazepine, soprattutto ad alto dosaggio, in considerazione dei possibili rischi di depressione respiratoria. Si segnala che non esistono, a oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato
 

In accordo con le specifiche determine autorizzative dell’AIFA, la selezione del paziente da trattare con anticorpi monoclonali è affidata ai MMG, ai PLS, ai medici delle USCA(R) e, in generale, ai medici che abbiano l’opportunità di entrare in contatto con pazienti affetti da COVID di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati. Questi devono essere indirizzati rapidamente ai centri regionali abilitati alla prescrizione degli anticorpi monoclonali per il COVID-19 soggetti a registro di monitoraggio AIFA.
 
Il trattamento con anticorpi monoclonali deve essere iniziato il più precocemente possibile rispetto all’insorgenza dei sintomi, e comunque non oltre i dieci giorni dall’inizio degli stessi".

 
La terapia con anticorpi monoclonali anti SARS-CoV-2 deve essere riservata, in base alle evidenze di letteratura, a pazienti con COVID di recente insorgenza (al meglio entro 72 ore dalla diagnosi d’infezione da SARS-CoV-2 e comunque sintomatici da non oltre 10 giorni) con infezione confermata da SARS-CoV-2 e definiti ad alto rischio di sviluppare forme gravi in accordo alle determine autorizzative per la presenza delle condizioni elencate nell’apposita scheda riportata a pagina 22 del presente documento
 
Indicazioni relative alla gestione domiciliare del COVID-19 in età pediatrica ed evolutiva L’infezione da SARS-CoV-2 in età pediatrica ed evolutiva è caratterizzata prevalentemente, in tutte le fasce di età (0-18 anni), da assenza di sintomi o da quadri clinici lievi (la grande maggioranza) e/o di moderata entità (forma asintomatica o pauci-sintomatica). In base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, degli oltre 100.000 decessi causati dal COVID in Italia fino a marzo 2021, sono 19 quelli verificatisi in età evolutiva e quasi esclusivamente in soggetti fragili (affetti da importanti e pregresse patologie e/o sindromi).
 
In età evolutiva, quando presenti, i sintomi sono rappresentati principalmente da febbre, tosse, rinite e diarrea. Sintomi presenti e importanti nell’età adulta quali il dolore toracico, la dispnea, l’astenia, 14 sono molto rari. In pazienti sintomatici è stata riscontrata raramente ipossiemia, al contrario di quanto accade negli adulti.
 
I ragazzi più grandi, in età adolescenziale e preadolescenziale, possono accusare, invece, sintomi simili a quelli dell’adulto: alterazioni del gusto e dell’olfatto, vomito, mal di testa e dolore toracico.
 
Nei bambini asintomatici non occorre somministrare alcun farmaco, mentre in quelli che accusano sintomi simil-influenzali è consigliabile, in caso di necessità (febbre >38,5°C, mal di gola, cefalea, dolori articolari ecc.), su indicazione del Pediatra/Medico curante, somministrare terapia sintomatica con Paracetamolo (10 - 15 mg/kg/dose ogni 5-6 ore) o Ibuprofene (da 20 mg a 30 mg per kg di peso corporeo al giorno, sempre a stomaco pieno, divisi in tre dosi).
 

Durante la malattia è opportuno che il paziente stia a riposo a letto e che assuma molti liquidi. È raro che debbano essere assunti antibiotici, mentre i cortisonici non vanno somministrati. È molto raro che un bambino o un adolescente debba essere ricoverato in ospedale per cui, nella quasi totalità dei casi, i pazienti in età pediatrica devono essere assistiti a domicilio, nel rispetto delle misure di isolamento e mantenendo un contatto quotidiano (telefonico o tramite teleconsulto) con il Pediatra/Medico curante per il monitoraggio del quadro clinico.
 
È importante considerare come fattori di rischio di aggravamento e di necessità di ospedalizzazione sia l’età < 1 anno (particolarmente nei primi 6 mesi) che la presenza di patologie croniche (cardiopatie, malattie polmonari croniche, sindromi malformative, diabete, patologie oncologiche, epilessia, patologie neurologiche, disordini del metabolismo, nefropatie, immunodeficienze ecc.) che determinano un aumentato rischio di necessità di cure intensive.

È importante, inoltre, non trascurare tutte le altre possibili cause di ospedalizzazione considerando sempre tutte le possibili diagnosi differenziali.

Nel controllo a domicilio la comparsa di segnali di aggravamento, quali scarsa reattività e/o scarsa vivacità, sonnolenza, astenia ingravescente, anoressia importante con difficoltà ad assumere anche liquidi, tachicardia a riposo in apiressia, cianosi, dispnea a riposo, febbre elevata, ipotensione, possono imporre il ricovero in ospedale.

Si segnala che non esistono, a oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato.
 

Qui è possibile scaricare  il documento  del ministero:
drive.google.com/file/d/1RHtsd9i1fYmi0HiX37UZ0ttsK5DHSk04/view?usp=sharing