Quello che era stato ampiamente anticipato è avvenuto. Giovedì Trump ha firmato un memorandum per applicare misure che andranno a penalizzare le importazioni di alcuni prodotti cinesi. Quali e quanti siano tali prodotti non è ancora stato stabilito. Infatti, queste misure scatteranno solo tra trenta giorni. Nel frattempo, sono in corso al riguardo colloqui con la Cina.

E appellandosi a questi colloqui e alle trattative in atto, il ministero del Commercio cinese, venerdì, ha risposto ufficialmente a quanto deciso da Trump dichiarando che la Cina non ha alcun timore di finire per essere coinvolta in una guerra commerciale, augurandosi che gli Stati Uniti possano tornare sui propri passi.

Per ora, va detto, che si sta parlando solo di schermaglie. I 50-60 miliardi di dollari di esportazioni cinesi negli Usa su cui Trump ha annunciato misure di contrasto valgono briciole del prodotto interno lordo cinese. La questione, al momento, può interessare marginalmente le due economie, ma solo se le ritorsioni tra i due paesi non assumessero un'escalation inarrestabile.

Intanto, come risposta soft alla mossa di Trump, la Cina ha annunciato misure a sua volta restrittive nei confronti di 128 prodotti statunitensi, per un valore di circa 3 miliardi di dollari.

Il ministero del Commercio cinese starebbe valutando l'implementazione di tali misure in due fasi. In un primo momento sarebbe applicata una maggiorazione del 15% dei dazi su 120 prodotti - tra cui tubi in acciaio, frutta secca e vino, il cui valore complessivo dovrebbe aggirarsi intorno al miliardo di dollari - e successivamente verrebbe applicata una maggiorazione del 25% su altri prodotti, il cui valore complessivo si aggirerebbe intorno ai 2 miliardi di dollari, che comprenderebbero carne di maiale e alluminio riciclato.

Come dimostrano le cifre, al momento le ricadute sull'economia globale dei due paesi sarebbero limitate, anche se, va detto, che alcuni settori, in special modo negli Stati Uniti, potrebbero essere pesantemente danneggiati. Difficile pensare che i produttori di vino californiani o i coltivatori di frutta di California, Florida, Michigan e Washington - i cui prodotti, derivati compresi, dovrebbero far parte dei 128 presi di mira dal ministero del Commercio cinese - non siano preoccupati, poiché potrebbero essere pesantemente penalizzati da quanto sta accadendo.

E di certo, neppure i mercati finanziari sembrano gradire le decisioni di Trump, visto che da giovedì le borse di tutto il mondo stanno registrando pesanti ribassi dei loro listini, a causa della preoccupazione che queste schermaglie finiscano per essere il preludio ad una serie di ritorsioni che, a cascata, potrebbero coinvolgere molte altre nazioni e l'economia mondiale nel suo complesso che non ha certo bisogno di un altro periodo di crisi e di recessione.