A fine maggio Di Maio, in qualità di ministro dello Sviluppo e del Lavoro, commentava la notizia della chiusura dello stabilimento Whirlpool di Napoli definendola grave per la perdita di lavoro per i 430 dipendenti, oltre che assurda per il fatto che i vertici dell'azienda avevano deciso di stracciare un accordo firmato appena lo scorso 25 ottobre, col quale si impegnavano a investire in Italia con un piano triennale da 250 milioni di euro, di cui 80 a Napoli.

«Solo dopo la firma di quell'accordo e l'impegno concreto della multinazionale - aveva poi aggiunto Di Maio - il ministero del Lavoro concesse gli ammortizzatori sociali a sostegno delle donne e degli uomini che lavoravano per la Whirlpool».


Martedì 4 giugno si è svolta al Mise l'annunciata riunione con sindacati e azienda per fare chiarezza sulla vicenda. Vediamo come è andata.

Questo il giudizio che ne ha dato la segretaria della Fiom Cgil, Francesca Re David: «Noi ci aspettiamo che governo e ministero non si facciano prendere a schiaffi e si pretenda il rispetto del piano. Non abbiamo nessuna intenzione di accettare presunte vendite.

Pretendiamo che il piano sia rispettato perché il settore non è in crisi e siamo certi che se vogliono andare via da Napoli è per andare a produrre in Polonia, piuttosto che in Ucraina.

Chi firma un piano industriale a ottobre e dopo pochi mesi comunica che se ne va, sicuramente pensa che il governo non abbia voce in capitolo sulla politica industriale del proprio Paese. Voglio sperare che il governo non sapesse nulla prima».


Per l'amministratore delegato Luigi La Murgia, «Whirlpool non vuole chiudere ma individuare soluzioni per garantire posti di lavoro sostenibili a lungo tempo. Oggi una soluzione non l'abbiamo». Lo stesso ad avrebbe poi rimandato tutto alla prossima settimana, forse in attesa di lumi dalla casa madre in Usa.



Il governo italiano, rappresentato da Luigi Di Maio, ha ricordato all'azienda che dal 2014 ad oggi Whirlpool ha ricevuto 27 milioni di euro di fondi pubblici.

«Lo Stato si farà rispettare», ha detto Di Maio. «Entro sette giorni portino la soluzione per lasciare aperta quell'azienda e far lavorare 450 persone oppure noi gli togliamo i soldi che hanno preso dallo Stato.

Gli blocco quelli che gli stavamo per dare e gli tolgo quelli che gli abbiamo dato con alcuni strumenti che dovevano servire a creare più lavoro in più occasioni per le imprese... per iniziare si parla di circa 15 milioni di euro.

Lo Stato non può permettere che una multinazionale americana venga qui ad ottobre, firmi un accordo e poi dopo 7 mesi decida di mettere per strada 450 persone soprattutto se questa multinazionale ha preso negli ultimi anni 50 milioni di euro di incentivi.

Sono venuti al Ministero a firmare un accordo 7 mesi fa e in 7 mesi non si cambiano le carte in tavola quando ci si è impegnati per 3 anni a portare commesse dalla Polonia in Italia e far lavorare i cittadini italiani.

Ci faremo rispettare e fra 7 giorni al massimo mi aspetto un nuovo tavolo con una soluzione da parte loro. Perché noi le soluzioni le abbiamo già date, ci abbiamo messo i soldi degli italiani in questi insediamenti produttivi e ce li riprendiamo se le cose non vanno bene».


Al Mise, secondo quanto riassunto nei giorni scorsi dalle agenzie di stampa, sarebbero circa 144 i tavoli di crisi aperti che interesserebbero almeno 80mila lavoratori.