Nella conferenza stampa a conclusione del G7 di La Malbaie, in Québec, Trudeau ha parlato, tra l'altro, dell'aumento dei dazi sulle importazioni dagli Usa che il Canada attuerà a partire dal prossimo mese in risposta alla decisione di Trump di aver aumentato quelli sulle importazioni di acciaio e alluminio provenienti dal Canada, oltre che dal Messico e dall'Unione Europea.

«Noi Canadesi siamo educati, ragionevoli, ma non possiamo accettare di subire vessazioni", ha aggiunto Trudeau.

Trump, in viaggio verso Singapore per il vertice con Kim Jong Un - dopo aver lasciato il G7 in anticipo, a suo dire, proprio per tale motivo - non appena è stato informato delle dichiarazioni di Trudeau ha replicato via social, secondo il suo stile.

Per prima cosa ha dato del bugiardo al premier canadese, poi ha detto di aver dato mandato ai propri rappresentanti di togliere l'approvazione degli Stati Uniti al documento conclusivo del vertice, infine ha minacciato di valutare l'aumento dei dazi anche sulle importazioni di auto negli Usa.


Non soddisfatto, Trump ha inviato un nuovo tweet accusando Trudeau di aver interpretato due ruoli, uno accomodante durante il meeting ed uno aggressivo dopo che questo si era concluso, e che l'aumento dei dazi americani era la risposta a quelli esosi applicati dal Canada sui prodotti caseari provenienti dagli Usa!


Trudeau si è detto sorpreso delle dichiarazioni di Trump, anche in relazione al fatto che quanto da lui dichiarato in conferenza stampa era già stato detto direttamente a Trump.

Inoltre, non va neppure dimenticato che il documento a conclusione del vertice è piuttosto generico ed in relazione al commercio tra Stati si dichiara il vago impegno di combattere il protezionismo e promuovere scambi liberi ed equi.

L'ennesimo, presunto, colpo di teatro di Trump, quasi certamente era programmato da tempo. Il presidente Usa non vuole assumere alcun impegno con gli altri Stati, neppure quelli che da sempre erano alleati storici. Dopo essere uscito dagli accordi sul clima, aver disconosciuto l'accordo con l'Iran sul nucleare, Trump ha iniziato un guerra commerciale - includendo anche Europa, Canada e Messico - anche per supportare le sue promesse elettorali.

Ovviamente, di volta in volta, Trump sarà costretto a rivedere la politica dei dazi in base alle scelte fatte in precedenza, in una sorta di avvitamento che, è facile prevedere, non avrà certo un esito felice.

La minaccia dell'aumento dei dazi sulle importazioni di auto, infatti, non può considerarsi inatteso, anche perché la sua amministrazione da qualche tempo aveva già avviato sul tema lo stesso iter burocratico che aveva portato all'aumento dei dazi su acciaio e alluminio.

C'è una logica in tutto questo. Dopo che Trump aveva imposto ai produttori di auto americani di fabbricare i propri veicoli negli Usa, costoro, visti i dazi sulle importazioni dall'estero di acciaio e alluminio, dovranno rifornirsi dai produttori americani. Però, il prezzo di quei prodotti realizzati negli Usa è più alto rispetto a quello che le case automobilistiche pagavano in precedenza. Conseguenza? I marchi americani dovranno aumentare i prezzi delle loro autovetture. Ma così rischieranno di essere meno competitivi rispetto ai loro concorrenti che fabbricano all'estero a prezzi più bassi, finendo per non vendere più i loro prodotti. Come risolvere il problema? Aumentando i dazi sulle importazioni di auto fabbricate all'estero.

Pertanto, è sbagliato stupirsi di quanto accaduto, perché è molto probabile che sia il frutto di una strategia già studiata e programmata in precedenza. Che poi sia sensata... questo è tutt'altro discorso.