Dopo che la Corte Suprema federale ha stabilito che chiunque ricopra l'incarico di presidente degli Stati Uniti sia, in sostanza, non perseguibile per gli atti pubblici di cui si è reso responsabile durante il suo mandato - rendendolo di fatto simile ad un monarca assoluto -, il team del procuratore speciale Jack Smith che lo aveva indagato per l'assalto al Campidoglio, ha presentato un nuovo atto d'accusa nei confronti di Donald Trump, dove gli si chiede conto degli stessi identici reati (escludendo le accuse riguardanti le pressioni sul Dipartimento di Giustizia), precisando però che sono stati commessi non dal presidente Donald Trump, ma dal candidato alle presidenziali 2020 Donald Trump.
Il nuovo procedimento, che pertanto include le stesse quattro accuse originarie, è improbabile però che possa finire davanti a un giudice - purché ne siano riconosciuti i requisiti - prima delle elezioni del 5 novembre, data in cui Trump cercherà di contendere un nuovo mandato alla vicepresidente democratica Kamala Harris.
Lo scorso 1 luglio, la Corte Suprema aveva stabilito Trump non perseguibile in procedimenti penali per azioni che rientravano nei suoi poteri costituzionali di presidente degli Stati Uniti.
Sarà il giudice distrettuale Tanya Chutkan, nelle prossime settimane, a decidere se vi siano o meno gli elementi per istruire un processo o se archiviare il caso.
Tramite la sua piattaforma social, Trump ha dichiarato che l'intero caso dovrebbe essere archiviato in seguito alla sentenza della Corte Suprema, descrivendo il nuovo atto di accusa come un tentativo di aggirare tale decisione.
Trump - ci mancherebbe altro! - continua a sostenere di non essere responsabile dell'assalto al Campidoglio e considera le accuse nei suoi confronti come un tentativo motivato politicamente per impedirgli di tornare alla Casa Bianca.