Continua la querelle tra Bonifazi e Grasso sul presunto credito di 83mila euro vantato dal partito di Renzi nei confronti del coordinatore di Liberi e Uguali, complice il quotidiano Repubblica che ha prestato volentieri le sue pagine a questo botta e risposta giornaliero.

Così, dopo la lettera di Grasso, ecco la replica di Bonifazi che respinge in toto le motivazioni addotte dal presidente del Senato, utilizzando anche toni irriguardosi (con l'uso del tu invece del lei) e canzonatori (Caro Presidente, dai retta a me...).

Ma d'altronde, lo stile di un fido, in tutti i sensi, renziano è questo e non potrebbe essere altrimenti, perché rispecchia quello del suo capo, sempre pronto ad attaccare, con qualsiasi mezzo, chiunque osi frapporsi sul suo cammino verso il potere.

Ma gli sforzi piccati di Bonifazi e del suo mandante, Matteo Renzi, finiscono per essere un'arma a doppio taglio per il Pd per due motivi.

Il primo è la riprova che l'iniziativa di Liberi e Uguali, rispetto a quanto i renziani credevano, ha un ritorno nell'elettorato di sinistra tale da esser ritenuto inaccettabile dal Pd, sempre in crisi nei sondaggi che lo vedono annaspare intorno al 24%.

Il secondo motivo è dimostrato da parte dello stesso Bonifazi nell'aver completamente sorvolato sulla dissennata gestione economica del partito, da parte sua e di Renzi, attribuendo alla legge che interrompeva il finanziamento ai partiti il motivo della cassa integrazione dei dipendenti del Pd. Ma Bonifazi si è dimenticato che le folli spese per il referendum costituzionale sono state decise quando la legge che toglieva il finanziamento ai partiti era già in vigore?

Quindi, perché allora Bonifazi non ripiana il debito da lui causato insieme a Renzi? Perché non pubblica i nomi dei parlamentari Pd inadempienti oggetto dei suoi solleciti come ha fatto con Grasso? Ed infine, ma come può ancora ricoprire l'incarico di tesoriere uno che ha causato un buco da 12,5 milioni di euro? Lo stesso discorso vale per il segretario che da una parte svuota le casse del Pd e dall'altra riempie quelle della "sua" fondazione.

Ma perché Bonifazi non chiede i soldi a Renzi per ripagare i debiti della campagna elettorale per il referendum di dicembre 2016?

 

Di seguito il testo della lettera di Bonifazi pubblicata su Repubblica il 9 gennaio.


Caro Presidente Grasso,

per evitare che questa storia divenga una stucchevole telenovela, la mia risposta sarà chiara e semplice.
Dalle tue parole appare evidente che ti ritieni l’unico parlamentare eletto nelle liste del Pd a non dover pagare la quota che tutti gli altri tuoi colleghi hanno, in tutto o in parte, onorato durante questa legislatura.

Tu hai deciso di non rispettare il tetto dei 240.000 euro, tu hai deciso di non rispettare le regole del partito che ti ha eletto e che tu stesso hai accetttato nel momento della candidatura.
Per giustificarti, fai cenno ad una qualche tardività della mia richiesta. Questo mi pare un goffo tentativo di spostare l’attenzione. Tu hai l’obbligo statutario di pagare, non io quello di intimarti il pagamento. Tu devi al Pd 83.250 euro a prescindere dalla tempistica o dalla costanza del mio sollecito.

Inoltre, respingo al mittente l’accusa di aver avuto un atteggiamento ritorsivo. Infatti, qualora la richiesta verso i morosi si fosse limitata alla tua persona, avresti tutte le ragioni per recriminare sulla straordinarietà della richiesta, ma visto che il sollecito ha riguardato tutti gli inadempienti l’accusa di ritorsione politica è assolutamente pretestuosa.
Per noi siete tutti liberi e uguali. Tu invece ti ritieni molto libero, di non pagare, e per niente uguale, a chi paga.

Caro Presidente, dai retta a me: il solo dato straordinario è che non hai ancora versato ciò che devi e che potrebbe aiutare famiglie che sono in cassa integrazione in ragione di una legge, quella sul superamento del finanziamento ai partiti, approvata in questa legislatura.

Per quanto riguarda lo sforamento del tetto dei 240.000 euro da te compiuto, ne prendo atto non per fare polemica politica – non mi sognerei mai di mettere in discussione la tua carriera nelle istituzioni – ma semplicemente per sottolineare, da tesoriere, che hai tutte le potenzialità economiche per adempiere al tuo debito nei confronti del partito.

Infine, mi stupisce che “un ragazzo di sinistra” – come tu ami definirti – utilizzi l’essere la seconda carica dello Stato in maniera strumentale, come un banale scudo formale per non assolvere ad un dovere sostanziale e persino morale verso la forza politica che a quella carica ha contribuito in maniera decisiva a portarti. Peraltro la tua tesi è smentita dai fatti: i membri dell’Ufficio di presidenza della Camera e del Senato eletti nelle liste del Pd hanno contribuito regolarmente al pagamento del dovuto.

Per non essere tacciato di atteggiamenti politicamente ritorsivi non commento altro della tua lettera. Tu, caro Presidente, puoi addurre tutte le scuse che vuoi, ma per me non sei né superiore né diverso dagli altri: hai un dovere giuridico, assunto all’atto della candidatura. Attendiamo fiduciosi che dopo esser stato a lungo libero tu torni uguale agli altri tuoi compagni di partito che lasciando il Pd hanno mantenuto gli impegni e la parola data.