La Guardia costiera libica ha fatto fuoco contro la Mare Jonio durante un'operazione di salvataggio in acque internazionali
Alle 19:30 del 3 aprile, la MARE JONIO, nave di MEDITERRANEA Saving Humans, è salpata dal porto di Siracusa, dirigendosi verso il Mediterraneo centrale per la sua sedicesima missione di monitoraggio e soccorso in mare. Pochi giorni fa si era conclusa la Missione 15 con lo sbarco a Pozzallo di 113 naufraghi soccorsi nella notte tra il 23 e il 24 marzo in due distinte operazioni dall’unica nave della Flotta Civile battente bandiera italiana, a cui si aggiungono le 59 persone portate in salvo in collaborazione con la Guardia Costiera italiana.Il capomissione a bordo Denny Castiglione ha dichiarato “La cosiddetta "zona SAR libica, dove ci stiamo dirigendo, è la zona di mare dove avvengono, per decisione politica dei governi italiani ed europei, le violazioni sistematiche dei diritti umani che da inizio anno hanno causato numerosi naufragi e quasi 400 vittime accertate, senza contare le persone disperse e i “naufragi-fantasma” di cui non sappiamo nulla. Le milizie libiche, pagate fior di milioni e rifornite di mezzi navali e terrestri, hanno il compito di catturare e deportare chi tenta di fuggire dai lager: dall’inizio dell’anno sono state 3.791 le donne, uomini e bambini respinti in questo modo verso la Libia. Nonostante le evidenti violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, l’Unione Europea e i suoi Stati membri, Italia in testa, non intervengono in caso di allarme per "aspettare" che la cosiddetta guardia costiera libica faccia il suo sporco lavoro di polizia di frontiera illegale.Donne, uomini e bambini, a decine di migliaia ogni anno, subiscono le violenze di questo sistema: la Libia non solo non è un "Place of safety", cioè un ‘luogo sicuro’, ma è l'inferno dal quale le persone tentano di scappare." E con la Tunisia stanno cercando di replicare il “modello libico”: nel solo mese di marzo 2024, i militari tunisini hanno condotto 160 operazioni di intercettazione, riportando a terra con la forza 5.133 persone. Una violenza continua che tuttavia non riesce a fermare le partenze verso Lampedusa, ma provoca solo sofferenze e nuove tragedie. “Dedichiamo i primi pensieri di questa missione - aggiunge Castiglione - ad Amina, una ragazza di vent’anni che ha perso la vita nel naufragio avvenuto stanotte a sole 33 miglia da Lampedusa.”In questo contesto, la criminalizzazione della solidarietà da parte delle autorità italiane continua: nonostante ormai vari tribunali abbiano sospeso o dichiarato illegittimo il cosiddetto Decreto Piantedosi che blocca sistematicamente le navi della Flotta Civile, il Governo Meloni usa ogni mezzo a sua disposizione per allontanare dal Mediterraneo centrale chi potrebbe salvare vite in mare.Inoltre, poche settimane fa, è iniziata la fase preliminare delle indagini contro 7 attivisti di Mediterranea per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato” in riferimento alla missione del settembre 2020, in cui sono state soccorse 27 persone. “La volontà di chiudere le frontiere esterne alle richieste di asilo di profughi e rifugiati da parte dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri - dichiara Laura Marmorale, presidente di MEDITERRANEA Saving Humans - è lampante. In tutto ciò, chi paga il prezzo di queste politiche disumane, basate sulla violazione sistematica dei diritti umani e che provocano un grande numero di vittime innocenti, sono le persone in movimento che muoiono in mare, nel deserto e nei lager libici, e subiscono violenza, torture e razzismo in tutto il Nord Africa.Perciò Mare Jonio è tornata nel Mediterraneo centrale, insieme alle altre navi della Flotta Civile: per soccorrere le persone in pericolo e documentare le violazioni dei diritti umani di cui sono vittime. Perché il Mediterraneo è là dove dobbiamo stare”.
Così, ieri, Mediterranea Saving Humans comunicava e allo stesso tempo celebrava il ritorno della Mare Ionio nelle acque del Mediterraneo centrale per riprendere le sue missioni di soccorso.
Neanche il tempo di riprendere l'attività che la nave umanitaria è stata oggetto di un attacco da parte della "cosiddetta" Guardia costiera libica, sostenuta, armata e finanziata dal Governo italiano.
Mentre la Mare Jonio, in acque internazionali, stava prestando soccorso ad un'imbarcazione in difficoltà con 58 persone a bordo, una motovedetta libica ha iniziato a sparare colpi di varma da fuoco in aria e in mare, creando il panico e provocando la caduta in acqua di diverse persone.
Questa la testimonianza del capomissione Denny Castiglione, dopo il violento attacco subito da equipaggio e naufraghi
Nonostante gli spari della motovedetta libica, 58 persone soccorse sono riuscite a trovare riparo a bordo della Mare Jonio. Le Autorità italiane hanno assegnato Pozzallo come porto di sbarco.
Nessuna dichiarazione da parte del Governo, invece, a commento di quanto accaduto.