“Non sottovalutate le ultime evoluzioni delle mafie nel vostro territorio”. È il monito lanciato dal professore Vincenzo Musacchio sabato 28 maggio a Ferrara presso il Liceo “Roiti”. Alla fine dell’incontro abbiamo intervistato uno tra i maggiori studiosi di mafie transnazionali, di seguito la nostra intervista.


Professore qual è la principale organizzazione mafiosa che attualmente opera nella provincia di Ferrara?

A Ferrara c’è una forte presenza della ‘ndrangheta, delle mafie nigeriane e recentemente di quelle albanesi. Questo ci dicono le ultime sentenze, le recenti indagini investigative condotte nel territorio e i report di DIA e DNA. Non si esclude ovviamente la presenza di altre organizzazioni criminali come mafie siciliane, camorra e mafie pugliesi. Il territorio si caratterizza per una presenza di tipo economico-finanziaria, non disdegnando tuttavia - come extrema ratio - l’utilizzo della violenza quando e dove essa sia necessaria, soprattutto nei settori del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti.


Quali sono i settori dove s’infiltrano le organizzazioni mafiose in questo territorio?

Non c’è settore economico che possa dirsi immune. Si va dalle costruzioni, alla sanità, all’agroalimentare fino alle aziende agricole che consentono di acquisire i finanziamenti europei. Sia chiaro un concetto basilare: la mafia usa l’economia per conseguire un profitto e per occultare i proventi delle sue attività criminali. L’economia legale per le mafie è vitale come l’ossigeno per l’essere umano. Que­ste as­so­cia­zio­ni cri­mi­na­li han­no il loro en­tou­ra­ge, composto di ma­na­ger, av­vo­ca­ti, com­mer­cia­li­sti e pro­fes­sio­ni­sti di ogni spe­cie e ope­ra­no a tut­ti gli ef­fet­ti in mol­te­pli­ci set­to­ri. Sono en­tra­te nel­l’al­ta fi­nan­za e gio­ca­no in Bor­sa. Le nuove reti cri­mi­na­li ma­fio­se ope­ra­no tut­te ol­tre i con­fi­ni na­zio­na­li per cui van­no stu­dia­te e com­bat­tu­te anche li­vel­lo transnazionale.


Durante i suoi interventi sul tema, anche oggi con gli studenti, lei ha parlato di alleanza tra clan albanesi, nigeriani, calabresi e pugliesi, può parlarcene in maniera più dettagliata?

Come ho già detto, si tratta soprattutto di alleanze finalizzate al trasporto dall’Est Europa e dall’Albania di tonnellate di droga che proprio dalle coste albanesi arrivano in Puglia, per poi essere smistate in molte piazze di spaccio di mezza Italia, tra cui anche quella di Ferrara e provincia. Una delle spie che deve preoccupare, e non poco, la città riguarda l’aumento dei casi di overdose tornati ai livelli molto alti, mai visti in precedenza. Ferrara è un crocevia importante per le mafie poiché fa da collegamento tra l’Emilia Romagna e il Veneto. 


Le mafie straniere, invece, come s’infiltrano nel territorio ferrarese e quali sono le principali attività illecite di cui si occupano? 

Si concentrano soprattutto sul traffico e lo spaccio di stupefacenti ma naturalmente non disdegnano anche altre attività. Facendo riferimento alle attività investigative svolte e ai procedimenti penali ormai definiti possiamo dire che la criminalità di matrice nigeriana e albanese si occupa principalmente del traffico e dello spaccio di sostanze stupefacenti, tendenzialmente cocaina, e in parte minore della gestione della prostituzione. La mafia nigeriana a Ferrara e provincia gestisce il mercato della marijuana e del lavoro nero.


Quali sono i principali “reati-spia”? 

L’usura, l’estorsione, il riciclaggio, le operazioni bancarie sospette. L’aumento dei delitti connessi con la gestione lecita e illecita dell’imprenditoria, le infiltrazioni mafiose nei settori produttivi e l’accaparramento di fondi pubblici. Un riferimento specifico deve essere rivolto alla corruzione, concussione e induzione indebita, nonché alla turbativa d’asta e al traffico d’influenze illecite, per giungere fino al riciclaggio di denaro vero e proprio. Tutte queste condotte criminose sono sintomo inequivocabile di presenza mafiosa in un territorio.


Quali indizi sono sintomatici del fatto che è necessario intervenire?

Le nuove mafie hanno la capacità di alterare le dinamiche economiche mediante il controllo dei settori tradizionali (come quello degli aiuti economici e degli appalti pubblici) e l’occupazione di settori nuovi e diversi come, ad esempio, lo smaltimento dei rifiuti, la sanità, il gioco d’azzardo, il turismo, la ristorazione, la contraffazione, le energie alternative. Tutti sintomi da non sottovalutare.


Come e quanto ha inciso la crisi economica da Covid-19 sulle attività messe in atto dalle organizzazioni criminali?

È stata determinante poiché ha fatto capitolare definitivamente verso il predominio mafioso quelle imprese in crisi che forse con gli aiuti statali o del sistema bancario erogati al momento giusto potevano ancora salvarsi.


Come sono cambiate le mafie durante la pandemia?

Hanno semplicemente cambiato le loro pratiche adeguandole alla nuova realtà. Le mafie sono veloci e si sono subito adeguate anche ai tempi del coronavirus. Sullo spaccio di stupefacenti, ad esempio, le consegne ora avvengono tranquillamente a domicilio. Se ti serve una dose o del fumo si viene serviti comodamente a casa. Ordini la pizza o un panino e insieme ti portano anche la droga. C’è anche, chi ha fatto di necessità virtù, trasferendo il proprio commercio sulle piattaforme web, in particolare su “telegram”. Una migrazione tecnologica che si avvale della riservatezza dell’app di messaggistica russa, molto attenta a tutelare la privacy degli utenti. La nuova frontiera dello spaccio di sostanze passa quindi per i sistemi di messaggistica istantanea, che attraverso gruppi di migliaia di persone reindirizzano il consumatore alla testa di legno del luogo di residenza del richiedente. In Italia il contatto più usato per questo genere di attività criminali è quello di “Mike Jerome”. Cocaina, droghe sintetiche ed eroina spiccano nell’elenco. Storia analoga per chi invece preferisce il “deep web”. Con il “lockdown” chi gestisce il mercato della droga ha aumentato i prezzi permettendo maggiori guadagni per le organizzazioni criminali.


Qual è l’errore più grave che si possa commettere nel lottare queste nuove mafie?

Ve ne sono tanti, ma il più grave è senza dubbio quello di sottovalutarle o fare finta che il problema non esista. La frase più comune, non solo a Ferrara, è: qui la mafia non c’è, questo territorio è un’isola felice. Noto mancanza di reazione politica e sociale e questo ovviamente favorisce la crescita del fenomeno mafioso.



Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.  È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.