La risoluzione 181 delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947, allo scadere del mandato britannico fissato per il 15 maggio 1948, prevedeva che in Palestina dovessero nascere due stati: uno arabo e l’altro ebraico.

Gli arabi non accettarono la risoluzione e così, con una dichiarazione unilaterale di Ben Gurion e dei leader della popolazione ebraica in Palestina, lo Stato Israeliano nasce con un giorno d’anticipo rispetto a quanto sancito dall'Onu, 24 ore prima della partenza delle truppe britanniche.

Il 14 maggio, pertanto, gli israeliani festeggiano il giorno della nascita del proprio Stato e nel 2018 ricorrono 70 anni da quella data e, per tale motivo, il governo di Tel Aviv ha organizzato eventi che possano commemorare al meglio tale ricorrenza. Ne è riprova la partenza del prossimo Giro d'Italia da Gerusalemme.

E se il 14 maggio per gli israeliani è festa, il 15 maggio per i palestinesi è un giorno di lutto, perché si celebra la Nakba, ovvero la catastrofe, per ricordare gli oltre 700mila palestinesi che fuggirono o vennero espulsi dalle loro case e dai loro villaggi in seguito alla sconfitta nella prima guerra combattuta fra arabi e israeliani.

Venerdì, con un comunicato stampa, il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Heather Nauert, ha reso noto che a maggio, gli Stati Uniti hanno in programma di aprire una nuova ambasciata americana a Gerusalemme. L'apertura coinciderà con il 70° anniversario di Israele. Inizialmente l'Ambasciata sarà collocata nel quartiere di Arnona, in un edificio che ospita il Consolato Generale degli Stati Uniti a Gerusalemme.

Le attività svolte in precedenza dal Consolato continueranno e saranno incluse in quelle dell'ambasciata. Inizialmente, l'ambasciata ad interim di Arnona conterrà gli uffici per l'Ambasciatore e un piccolo staff. Entro la fine del 2019 gli Usa inaugureranno un nuovo edificio, sempre collegato al complesso di Arnona.

Questa soluzione è temporanea, perché la sede dell'ambasciata a Gerusalemme sarà costruita ex novo nel corso dei prossimi anni.

Pertanto, è evidente che la "fretta" degli americani è dettata dalla volontà politica di dar seguito il prima possibile a quanto annunciato nei mesi scorsi da Trump... e la scelta del 14 maggio è una vera e propria provocazione per i palestinesi, che sancisce l'impossibilità per gli Usa, in futuro, di avere un qualsiasi ruolo di mediazione nella discussione e nell'attuazione di un piano di pace tra israeliani e palestinesi.

Inutile riportare le dichiarazioni di soddisfazione espresse dai politici israeliani. È sufficiente riprendere quella rilasciata da Netanyahu, come riferimento per tutte: «Mi voglio congratulare con Donald Trump, il presidente Usa, della sua decisione di trasferire l’ambasciata nella nostra capitale nel 70 anniversario della Giornata dell’indipendenza. Non c’è un regalo più grande di questo. La decisione più giusta e corretta. Grazie, amici!»

L'Autorità Nazionale Palestinese, ha rilasciato sull'argomento una nota diffusa dall'agenzia ufficiale Wafa, in cui si dice che «la decisione degli Stati Uniti di spostare la propria ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme a maggio, che coincide con l'anniversario della Nakba (catastrofe), è offensiva per il popolo palestinese e arabo e un tentativo deliberato di ferire i loro sentimenti», riportando le parole del portavoce del governo Yousef al-Mahmoud che ha poi aggiunto: «Quello che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto è stato assegnare ad altri la nostra città santa araba, la capitale dello Stato della Palestina, con una decisione che ricorda l'arroganza dell'occupazione e del colonialismo.»

Nella nota dell'ANP si sottolinea anche che la scelta di trasferire l'ambasciata a Gerusalemme, oltre che inaccettabile, è anche una chiara ed esplicita violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite e di tutte le leggi umanitarie e internazionali.