Mentre si parla dell'ennesimo dialogo tra il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari e papa Francesco, dove Bergoglio continua a ricordare che la lettura sociale del Vangelo non è meno importante delle indicazioni spitituali in esso contenute («... sono i comunisti che la pensano come i cristiani. Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere. Non i demagoghi, non i barabba, ma il popolo, i poveri, che abbiano fede nel Dio trascendente oppure no, sono loro che dobbiamo aiutare per ottenere l'eguaglianza e la libertà.»), è interessante anche ricordare la meditazione quotidiana del Papa, a Santa Marta, del 10 novembre

In quella occasione, il contenuto della riflessione è stato più di carattere spirituale. Prendendo spunto da un passo del vangelo di Luca, papa Francesco spiega come il Regno di Dio sia in mezzo a noi e cresce così come il lievito fa crescere l'impasto a base di farina: «Gesù ci insegna che il regno di Dio è come il grano seminato: l’uomo va e, anche quando dorme, cresce da solo ... è Dio che garantisce la crescita. ... Sia il nostro lavoro sia il nostro riposo fanno crescere, fanno germogliare il regno di Dio. Ma ci vuole speranza per vedere questa crescita. E proprio questa è la prima cosa che Gesù oggi ci dice: il regno di Dio è in mezzo a noi». 

Ma la parte più interessante del discorso del Papa è quella che segue: «Il regno di Dio non è una religione dello spettacolo per cui sempre stiamo cercando cose nuove, rivelazioni, messaggi... come i fuochi d’artificio che ti illuminano per un momento e poi cosa rimane? Niente, non c’è crescita, non c’è luce, non c’è niente: un istante. Tante volte siamo stati tentati da questa religione dello spettacolo di cercare cose strane alla rivelazione, alla mitezza del regno di Dio che è in mezzo a noi e cresce. E questa religione dello spettacolo non è speranza: è la voglia di avere qualcosa in mano. Ma la nostra salvezza si misura in speranza, la speranza che ha l’uomo che semina il grano o la donna che prepara il pane, mescolando lievito e farina: la speranza che cresca. Invece, questa luminosità artificiale è tutta in un istante e poi svanisce, come i fuochi d’artificio: non servono per illuminare una casa, è uno spettacolo».        

Queste parole sono state pronunciate, dal punto di vista temporale, dopo la diatriba che ha visto su lati opposti alcuni vescovi italiani ed un teologo domenicano che ipotizzava, dalle frequenze di Radio Maria, il terremoto come castigo divino, conseguenza della legge sulle unioni civili.

Radio Maria, quando la notizia è diventata di pubblico dominio, si è dissociata dalle parole del teologo e ne ha sospeso il programma dal proprio palinsesto.

Che le parole del Papa siano un richiamo a Radio Maria e la premessa per un prossimo pronunciamento su Medjugorje di cui Radio Maria si fa portavoce? Più volte, in passato, tale ipotesi era stata ventilata e chissà che non sia arrivato il momento. Difficile che "rivelazioni, messaggi, fuochi d'artificio e spettacoli" nelle parole del Papa non abbiano nulla a che vedere con Medjugorje.

E ritornando all'intervista di Scalfari, il Papa spiega le posizioni contrastanti che spesso si registrano nella Chiesa in questo modo: «La fede ci unifica tutti. Naturalmente ciascuno di noi individui vede le stesse cose in modo diverso; il quadro oggettivamente è il medesimo, ma soggettivamente è diverso.»

E concludendo su questa considerazione non resta che aspettare e vedere se il Papa farà seguire alle parole decisioni che, all'interno della Chiesa - sue le parole - potrebbero essere interpretate in modo diverso... comunque sempre nella speranza che la fede unifichi tutti.