Mercoledì sera  la premier Meloni è apparsa sul TG di La7, condotto dal suo direttore, per farsi propaganda elettorale per oltre 20 minuti.

Affascinato dalla presunta avvenenza della premier o intimorito dal suo modo di fare o dalla sua amabile vocina da basso baritono che fa venire alla memoria Linda Blair posseduta dal demonio ne L'Esorcista, Mentana si è trasformato in Enrico Vespa e ha offerto alla "signora" Meloni una sequela di assist (definirle domande non sarebbe rispettoso nei confronti del significato del termine) in modo da farle ripetere in tv ciò che che lei solitamente ripete dal palco dei suoi comizi.

Due esempi a supporto  a dimostrazione di quanto detto.

I migranti e gli abusi della Bossi Fini. Prima di tutto, se Meloni voleva avere informazioni al riguardo delle problematiche e del cattivo funzionamento della Bossi Fini, sarebbe stato sufficiente (a meno che non lo abbia fatto!) che controllasse il flusso di articoli al riguardo pubblicato, nella sezione news, dal sito erostraniero.it

In merito alla sua denuncia sgangherata secondo cui i migranti sarebbero sarebbero fatti venire e usati dalla criminalità - denuncia per cui ha pure sbagliato nel presentarla al Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo -  ecco come è stata smontata da vita.it.

... secondo il Governo, i monitoraggi [sui flussi migratori] avrebbero fatto emergere una macchina in difficoltà e un sospetto di “frodi” legate anche alle “infiltrazioni della criminalità organizzata” in modo particolare in Campania dove si è registrato un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari, durante il click day, “totalmente sproporzionato” rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro, siano essi singoli o imprese. Parliamo di 109.716, un dato cinque volte superiore a quelle del Lazio o del Veneto.L’accusa regge?
«La regione Campania», spiega Mario Morcone, assessore regionale campano alla Sicurezza, legalità e immigrazione, «non c’entra assolutamente nulla, i decreti flussi sono competenza esclusiva dello Governo centrale. Però la premier ha l’ansia di parlare male della Regione
Gli ingressi del decreto flussi sono competenza del Ministero dell’Interno. Basta semplicemente ripercorrere il meccanismo: dal sito del Ministero dell’Interno un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante, può fare richiesta d’ingresso per un lavoratore straniero ancora residente all’estero. Dalla compilazione della domanda le prefetture hanno 20 giorni per accertare che l’azienda esista e che abbia effettivamente bisogno di quel lavoratore. Una cosa concretamente impossibile visto che il giorno del click day arrivano migliaia e migliaia di domande». Qual è l’esito finale? «Dopo 20 giorni», continua Morcone, «c’è una sorta di silenzio/assenso e il lavoratore arriva in Italia ma senza contratto di lavoro. Perché non essendo stato effettuato nessun controllo è probabile che non esista nessun imprenditore o azienda pronta ad assumere, che l’impresa non esista, che la partita Iva sia falsa e molte altre ipotesi su questa falsariga».E allora perché tirare in ballo le regioni? «La regione Campania», spiega Morcone, «come le altre, non dispone di alcuno strumento normativo o operativo sulle domande che arrivano. In pratica: non è sua responsabilità controllare chi sono le aziende o i singoli che fanno richiesta del lavoratore. L’unica competenza regionale in materia di immigrazione riguarda l’inclusione sociale, quindi i percorsi di integrazione, dell’housing, della formazione professionale, o ancora dell’assistenza sanitaria, solo per citare qualche caso. Ma l’ingresso nel nostro Paese – chiunque esso sia – è un tema che appartiene esclusivamente allo Stato, quindi da questo tema sono totalmente estranee le Regioni e le autonomie locali».Decreti flussi? Un meccanismo che si inceppa
In totale, quindi non solo in Campania, nel 2023 le domande pervenute nei click day sono state sei volte più numerose delle quote di ingressi stabilite: 462.422 istanze inviate a fronte di 82.705 posti disponibili. Per l’anno 2022 le domande invece erano state 209.839, più del triplo delle quote messe a disposizione (69.700).
«Nel passaggio successivo alla domanda, il rilascio del nulla osta all’ingresso, si evince dai dati che migliaia di quote non vengono utilizzate. Nel 2022 i nulla osta rilasciati sono solo 55.084 a fronte di 69.700 quote disponibili (il 79,03%)», come spiegano i promotori della campagna “Ero Straniero”. «Il terzo passaggio è il rilascio dei visti per l’ingresso da parte delle rappresentanze italiane nei Paesi di origine. Dai dati del ministero degli affari esteri emerge che al 31 gennaio 2024, rispetto ai 74.105 ingressi previsti per l’anno 2023, risultavano 57.967 visti rilasciati e 10.718 visti rifiutati. Sappiamo, inoltre, che delle 57.967 persone che hanno ottenuto il visto, a quella stessa data, 38.926 (e cioè il 67,15%) risultavano ancora nello step “attesa convocazione”: il meccanismo qui, chiaramente, si inceppa. Tra l’altro, rispetto alle quote 2022 (stabilite dal decreto flussi 2021) ci sono ancora oltre 2.300 visti pendenti, a confermare una pesante dilatazione dei tempi – ben oltre i limiti di legge – per questo passaggio della procedura. Ma il vero dato allarmante che la campagna svela, si registra nel passaggio successivo e riguarda la finalizzazione della procedura, con l’assunzione e il rilascio dei documenti: se guardiamo al rapporto tra le quote fissate nei click day del marzo 2023 e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti, a fronte di 74.105 posti disponibili  (su 82.705 quote complessive, che includono le conversioni), solo 17.435 sono state le domande finalizzate con la sottoscrizione del contratto e la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro, il 23,5%. Rispetto alla procedura per l’ingresso per il 2022, il tasso è un po’ più alto ed è del 35,2% ma rispetto a un numero di quote inferiore: su 42.000 posti per il canale stagionale, il tasso di successo è poco sopra al 36% (15.215 contratti sottoscritti), mentre, a fronte di 20mila ingressi non stagionali, il tasso di successo del relativo canale è del 33,4% (6.688 contratti sottoscritti). Solo una piccola parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti. Che fine fa il resto delle persone? è destinato a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema precarietà e ricattabilità. Un paradosso drammatico per un sistema che dovrebbe garantire l’ingresso legale di manodopera e contribuire alla crescita al Paese. Di fronte a questo quadro estremamente preoccupante, uno strumento per evitare che un numero consistente di persone diventi irregolare c’è già, visto che la legge prevede che, in caso di indisponibilità all’assunzione da parte del datore di lavoro, al lavoratore venga concesso un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Tuttavia, dai dati emerge che solo 146 permessi per attesa occupazione siano stati rilasciati rispetto agli ingressi stabiliti per il 2022, mentre per il 2023, ne risultano 84 (fino a gennaio 2024): sono interventi del tutto insufficienti rispetto alle decine di migliaia di persone che avrebbero necessità di poter rimanere legalmente in Italia e cercare un nuovo lavoro. Perché tanta rigidità nel ricorso a uno strumento che ridurrebbe significativamente irregolarità, precarietà e lavoro nero?».

In pratica, Meloni ha detto un sacco di castronerie spacciando il numero delle richieste inviate durante il clickday come quello delle persone effettivamente arrivate in Italia a seguito di tale evento, cercando poi di farne ricadere la responsabilità principalmente sulla regione Campania, quando tutta la procedura è a carico esclusivo del ministero dell'Interno.

Enrico Vespa, o Bruno Mentana che dir si voglia, tutto questo lo ha fatto presente negli oltre 20 minuti di spazio lasciati a Meloni? Ovviamente no, come non ha avuto nulla da obiettare quando la premier ha spiegato che adesso lei ha risolto il problema delle liste di attesa con il decreto approvato a inizio settimana in CdM.

Con quali soldi? Con quelli che già c'erano! Con quali medici? Idem... ha detto Meloni. E che cosa ha replicato Enrico Vespa? Nulla. Eppure una domandina semplice semplice avrebbe dovuto chiederla.

Visto che questa storia delle liste di attesa nella sanità va avanti almeno dallo scorso anno (andatevi a vedere i post di Calenda sul tema), dato che i soldi sulla sanità Meloni ne ha messi molti di più di quanto non avevano fatto gli altri governi prima del suo, perché si è accorta solo adesso del problema, a pochi giorni dal voto delle europee, e non vi ha messo mano - perlomeno - fin da inizio anno?

Eppure non era una domanda tanto difficile, ma Enrico Vespa non l'ha fatta, evidentemente affascinato dalla simpatia, dalla verve e dalla vocina da basso baritono (che fa venire alla memoria Linda Blair posseduta dal demonio) di Giorgia Meloni. Quello che però dispiace è che Enrico Vespa pretenda di voler far credere di essere un giornalista... polemizzando o prendendo pure in giro i suoi colleghi e le sue colleghe che giornalisti lo sono veramente.