Si apprendono da giorni svariati commenti e critiche in merito all'attuale scenario internazionale e le politiche di riarmo, conseguenti all'instabilità ciclica economica e geopolitica.
L'incertezza assume in questi mesi del 2025 una certa rilevanza determinata anche dall'andamento dei mercati finanziari in negativo, ovvero con fluttuazioni economiche che marcano delle perdite dal settore automotive a quello del credito bancario e degli investimenti, sino ad una realtà trascurata come la chiusura e cessazione di imprese di piccola e media dimensione, aziende familiari e produzioni artigianali che hanno una lunga storia alle spalle.
Le crescenti esigenze legate al cambiamento climatico, alle dinamiche geopolitiche ed internazionali, inflazionate da un sistema normativo complesso, si snodano attraverso la "logica d'emergenza".
La progressione dell'Intelligenza Artificiale rafforzata dalla transizione al sistema industriale 4.0 porta alla luce obiettivi di efficienza e produttività senza confini, con risultati di sicuro interesse e valore ma non senza strumenti di regolazione e controllo.
Di estrema attualità poi la questione della "sicurezza comune" noto come “Rearm Europe”, annunciato ufficialmente il 5 marzo 2025 e approvato dal Parlamento Europeo il 12 marzo 2025, che rappresenta una svolta nella politica di sicurezza e difesa intrapresa dall’Unione Europea.
Le conseguenze sulla società e sull'opinione pubblica si sono tradotte con manifestazioni in Italia e in altri Paesi UE con una chiara reazione critica, sostenuta dalla convinzione che un tendenziale processo di riarmo comporti delle ripercussioni su welfare, indebitamento pubblico e compromissione della sostenibilità sociale.
Infatti l'utilità strategica del rafforzamento della capacità bellica si pone in contraddizione con finalità ed obiettivi tipici di un sistema di welfare, guidato oggi da una maggiore attenzione all'inclusione sociale.
Il 2025 diviene un anno importante per l’economia globale ma il panorama internazionale rimane incerto, guidato da misure economiche protezionistiche, tensioni commerciali e sfide tra Stati Uniti, Europa e la Cina, ovvero i principali protagonisti capaci di ridefinire gli equilibri economici globali.
L’Unione Europea e l’Italia registrano da tempo un trend di declino strutturale, valorizzato da stagnazione della produttività multifattoriale, con una riduzione degli investimenti ed una significativa contrazione del credito bancario.
Fattori strutturali, tecnologici e normativi stanno trasformando il panorama finanziario tradizionale.
Inoltre la transizione ecologica ha coinvolto tutti i settori, compreso quello della finanza. Oggi il valore di un’azienda è legato anche al suo impegno sociale e ambientale, valutato da un parametro standard conosciuto come ESG (Environmental Social Governance). Con riferimento all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e all’Accordo di Parigi, l’ESG è diventato un punto chiave per gli investitori, sempre più interessati a imprese impegnate per lo sviluppo sostenibile.
La parola chiave dei nostri giorni è dunque la "transizione" spinta da logiche di un progresso tecnologico in grado di promettere guadagni alti, ma a quale prezzo?
Siamo realistici perché se analizziamo la popolazione del nostro Paese negli ultimi cinque anni è avvenuto un livellamento tra fasce economicamente solide (statisticamente poche) ed altre più numerose che sono rimaste stagnanti; in poche parole molte famiglie hanno ridimensionato i propri consumi senza poter risparmiare come un tempo.
Se prendiamo la società americana, per fare un semplice paragone, questa si caratterizza per vivere sul "debito", ovvero consumando il proprio reddito per l'acquisto di beni e servizi in un contesto fortemente capitalistico, mentre quella italiana si evidenzia per una secolare propensione al risparmio (peraltro sancito e protetto dalla Costituzione) che però si è ridotta a causa del carovita.
Non stiamo parlando di classi imprenditoriali o particolari ma il modello della famiglia media e di individui che percepiscono una retribuzione media da lavoro dipendente, oltre a pensionati ed inoccupati.
L’analisi della popolazione in Italia nel 2025 rivela una situazione complessa con disparità geografiche, economiche e sociali.
Senza addentrarsi in analisi socio-economiche possiamo idealizzare una piramide ove al vertice si trovano fasce con risorse superiori alle proprie esigenze e bisogni primari, per discendere verso la base incontrando un livello intermedio ove si trovano soggetti un tempo in grado di effettuare o sperare un miglioramento delle proprie condizioni (risparmiando o investendo risorse finanziarie), ed altre che spendono quasi tutto il proprio reddito per le necessità primarie sino a situazioni di povertà.
Dati ufficiali prevedono che l’Italia sia fra i 27 Paesi Ue per il profilo meno egalitario nella distribuzione dei redditi. Le variabili sono molteplici, ad esempio, la misura del reddito dipende dal tipo di lavoro, dalle capacità e dalle situazioni personali e familiari, dalla distribuzione geografica tra nord e sud; tuttavia l'incertezza sistemica degli ambienti economici prima e delle misure istituzionali dopo influenzano, e non poco, tutti quanti.
Le politiche pubbliche possono generare miglioramenti sensibili ad una larga fascia della popolazione (tenendo conto di fattori come l'inflazione, l'occupazione, etc.) e la "sicurezza comune" sicuramente rientra fra gli obiettivi fondamentali per mantenere e stabilizzare un equilibrio internazionale.
Il consolidamento e la destinazione di ingenti risorse in progetti di riarmamento può realizzare però un asset economico che il comune cittadino non percepisce come prioritario per il futuro.
Risulta difficile per il medesimo cogliere il disegno economico sotteso ad intervenire sulle fasi avverse del ciclo economico globale (contraddistinto da instabilità a fronte di eventi come guerre e senza dimenticare la passata pandemia), e soprattutto comprendere i costi che la società deve sostenere per le politiche intraprese dai Governi nazionali.
Lo scenario attuale incide sulle nostre scelte future, e milioni di euro potrebbero essere destinati alla ricerca, alla sanità ed a sostenere politiche attive per il lavoro ed il welfare, con azioni mirate a garantire una sostenibilità concreta.
Quasi come uno "specchietto delle allodole" ma ci troviamo in un ambiente economico e sociale che purtroppo esclude molti individui che non riescono a stare al passo coi tempi. Esempio, i più anziani ma non solo, anche quanti non riescono per motivi geografici, culturali e demografici ad inserirsi nell'odierna società della conoscenza e del digitale.
Ancora una volta logiche economiche e capitalistiche assorbono ingenti risorse da parte degli Stati che per mantenere le relazioni internazionali si focalizzano sul potere anziché alimentare una rete di rapporti economici guidati dalla cooperazione e dallo scambio, ciascuno in base alla propria specializzazione produttiva.
L'attuale spazio di manovre protezionistiche diventano il teatro di manifestazioni di potere e logiche autoctone, realizzando conseguenze opposte a quelle tipiche del commercio internazionale; quest'ultimo è fondamentale per la crescita dell’economia globale.
A livello di Unione Europea lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia è menzionato espressamente ed incluso nell'elenco degli obiettivi perseguiti come la libertà di circolazione delle persone nell'Unione, cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, quindi interessi rilevanti per tutti e soprattutto necessari.
Tuttavia alla base dell'attuale questione del riarmo si esalta un punto chiaro, ovvero che lo scenario globale è cambiato ed anche l'Europa non può restare militarmente indietro.
Nessuno pensa tuttavia come il settore industriale, già in vari comparti in sofferenza, non può progredire in attività che generano costi distogliendo importanti risorse per progetti di resilienza e sostenibilità, miglioramento e progresso sociale e culturale.
Da una parte il clima mondiale è sempre più propenso a misurare le proprie forze ma dall'altra si spiega la fragilità della popolazione in molti paesi, anche industrializzati e progrediti, di fronte a forme di emarginazione e non inclusione.
Eppure l'UE ed il nostro Paese si ispirano a valori di pace e di condivisione di grande rilevanza, con principi codificati in carte e trattati che sono espressione di una cultura civile e democratica esempio in tutto il mondo.
Così recita l'articolo 11 della nostra formidabile Costituzione "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni ; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo".
Il riarmo può essere in conclusione una necessità ma non uno strumento per spingere l'economia ad una nuova transizione settoriale; è necessario si implementare delle politiche pubbliche per la sicurezza comune (un bene per l'individuo e per la collettività) ma in modo razionale ed idoneo a soppesare costi e benefici senza una contrazione futura per settori come la sanità, la scuola ed il sistema produttivo fatto anche da tante realtà italiane di prestigio e con un patrimonio storico e culturale da preservare per le future generazioni.
