La crisi in Libia. L'Italia è in guerra?
Ieri, al Quirinale, si è riunito il Consiglio Supremo di Difesa. Prima di tutto ricordiamo che cosa è. Il Consiglio Supremo di Difesa è un organo costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica (87 cost.) ed in base ad una legge del 28 luglio 1950 "esamina i problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale e determina i criteri e fissa le direttive per l'organizzazione e il coordinamento delle attività che comunque la riguardano".
Nella pratica, l'organo si riunisce quando deve decidere su questioni che riguardano la possibilità di intervento militare dell'Italia anche all'estero che, ipocritamente, a seconda delle necessità politiche, viene fatto passare come intervento umanitario o di supporto a richieste internazionali provenienti dall'ONU o dalla Nato, tanto per fare un esempio. Per farla breve, si discute della possibilità di fare la guerra, delle modalità di intervento e delle coperture economiche, politiche e costituzionali che lo possano giustificare, molte volte anche senza richiederne l'autorizzazione al Parlamento.
Alla riunione hanno partecipato oltre al presidente della Republbica Mattarella, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Angelino Alfano, Roberta Pinotti, Pier Carlo Padoan, Federica Guidi ed il Gen. Claudio Graziano.
Il motivo principale per cui il CSD è stato riunito è stato per discutere «la situazione in Libia, con riferimento sia al travagliato percorso di formazione del Governo di Accordo Nazionale sia alle predisposizioni per una eventuale missione militare di supporto su richiesta delle autorità libiche».
Gli interessi economici dell'Italia in Libia sono importanti e riguardano l'approvvigionamento energetico del nostro paese, gas e petrlolio, oltre agli interessi economici relayivi alle attività di estrazione. Inoltre, la Libia si affaccia sul mar Mediterraneo e non è così distante dai confini italiani. Da ricordare i missili di Gheddafi verso l'Italia durante la crisi degli anni 80 che culminò con l'intervento militare USA.
L'Italia ha già deciso di concedere agli USA la base di Sigonella, in Sicilia, per le azioni dei droni americani che il ministro della difesa Gentiloni ha qualificato come difensive. In un articolo pubblicato oggi da Il Fatto Quotidiano, il generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare, dà una spiegazione su come si debba realmente intendere il concetto di difesa in scenari di questo tipo. La lettura è quella di interventi militari dove verrà fatto uso di armi, al limite, a scopo difensivo a supporto di azioni militari in atto sul territorio libico.
Non solo. Secondo un articolo del Corriere, oltre agli USA, anche Francia e Gran Bretagna stanno già operando in Libia con azioni mirate, mentre l'Italia si preparerebbe a fare altrettanto con interventi affidati a corpi scelti, seppur in seguito ad una richiesta proveniente dalle autorità libiche, il cui governo non si è però ancora ufficialmente insediato.
Secondo il Corriere, l'intervento italiano sarebbe, al momento, ristretto ad «operazioni riservate condotte grazie alla legge approvata lo scorso novembre dal Parlamento che consente ai gruppi d’élite di entrare in azione seguendo la catena di comando dei servizi segreti».
Quindi, mettendo in fila i vari passaggi, non è azzardato supporre che l'Italia stia gradualmente iniziando una missione militare all'estero, senza un mandato ONU e senza un atto ufficiale della Nato, dove le forze armate del nostro paese saranno impegnate anche in scontri armati.
Al momento, il Parlamento non è stato investito del problema. Inoltre, come già accaduto in passato, anche la Costituzione appare del tutto ignorata.