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Ricordiamo, iniziando da remoti tempi, la famosa Leonarda Cianciulli (1896/1970). Campana trasferita a Correggio, in Emilia, di lei si sono occupate anche le cronache straniere, che la inquadrano con parametri diversi, di talché non è semplice definire il suo operato. Si concorda, di massima, sul fatto che i numerosi aborti spontanei l’avessero traumatizzata, ma non sul movente per gli omicidi a mezzo ascia di tre mature signorine nubili , poi fatte a pezzi, i resti trasformati in saponette o ingredienti per dolcetti. Qualcuno dubita che avesse potuto fare tutto da sola. Negli anni ottanta qualche media poco corretto rivelò chi fossero i figli (che infine era riuscita ad avere) e dove abitassero.

Rosalia Quartararo, nel 1993, uccide la figlia diciottenne, perché innamorata dello stesso uomo che interessava a lei.

D’altro canto Nadia Frigerio a Verona, nel 1995, insieme a un boyfriend, accoppa a scopo economico sua madre, travestendola pure, per farla credere una prostituta (attività che invece praticava lei). Sorvoliamo su Erika e Omar, fin troppo pubblicizzati, ma di certo un torbido incrocio di sentimenti madre/figlia emerse chiaramente. 

Giuliano Fechino è un imprenditore torinese che si dichiara geloso della moglie e vedrebbe nell’unica figliola, trentenne e turbolenta, i motivi dei problemi nel suo matrimonio, ragion per cui, in un momento di rabbia, nel 1991, fa fuori la giovane ( non è certo l’unico caso, per esempio abbiamo citato in altro articolo Alex Rossi).

A Daniela Cecchin abbiamo dedicato già un pezzo. Firenze 2003: questa impiegata con gravi precedenti ma un tranquillo impiego pubblico, non si capisce come ottenuto, si accanisce su una bella bancaria, a casa di quest’ultima, rea di aver sposato un uomo che da giovane piaceva a lei.

L’adolescente Stefania Delli Quadri, a San Severo, nel 1994, viene sequestrata da un giovane con disagi psichici, per brama sessuale, tenuta legata e finita a bastonate dopo qualche giorno in un casolare; ma la circostanza mai veramente spiegata è che all’agguato ha partecipato il fratello della ragazzina.

Nel 2009, a Gradoli, Tatiana Ceoban e la figlioletta vengono uccise dal marito e padre, Paolo Esposito, invaghito della sorella della moglie, condannata per favoreggiamento.

Stefania Albertani, sempre nel 2009,  in quel della comasca, drogò fino a farla morire la sorella Maria Rosa, con oscure motivazioni legate, a suo dire, a un senso di invidia unito a quello del personale fallimento.

E che dire della eroica suor Maria Laura Mainetti, che accorre alla richiesta di aiuto di una adolescente che si dice incinta e, attirata in un boschetto, viene soppressa a pietrate dalla ragazzina e due complici coetanee che, ovviamente, hanno scontato brevissime pene? Il delitto fu incorniciato come frutto di ispirazioni sataniste e venne scomodato l’allora divo maledetto Marilyn Manson, ma le tre erano note per le precoci scorribande alcoliche a Chiavenna e non si è mai compreso il ruolo delle rispettive famiglie.

Abusi sessuali (con l’accusa di istigazione al suicidio) è la motivazione per la condanna di suor Mariangela Faré, dopo che la sua “amata” allieva Eva Sacconago si è suicidata, nel 2011.

In quest’ambito saffico registriamo, per esempio, il caso di Marilena Ciofalo, uccisa nel 2013 dalla convivente a Gussago, per motivi passionali.

Complicati intrecci omosex vengono adombrati anche per l’omicidio di Nadia Roccia, provincia di Foggia nel 1998, a opera delle due “migliori amiche”; anche se in seguito si scovò una pista di vendette incrociate e, di nuovo, l’immancabile Lucifero che fascinava le imputate.

Pochi ricorderanno il caso del cosiddetto “Nano di Termini” (per la bassa statura) e la frequentazione della stazione di Roma. Domenico Semeraro, professore di applicazioni tecniche, per secondo lavoro tassidermista, assume giovincelli per aiutarlo nelle imbalsamazioni e l’invito a diventare suoi amanti a pagamento, con contorno di droga, alcol, filmini e festicciole; non erano escluse le fidanzate dei ragazzi, che l’uomo guardava e riprendeva durante l’atto sessuale. Nel 1990, a uno di questi giovanotti gira male, pare per un insulto alla sua donna incinta:  lo fa fuori e lo avvolge in un sacco lasciato in un campo. 

A questo punto, per par condicio, si dovrà parlare anche di “maschicidi”. Si è sempre detto che le donne uccidono in genere col veleno, attesa l’inferiorità fisica,  soprattutto per reazione a una situazione insostenibile dal punto di vista sentimentale e stremate dalle violenze domestiche; e che, non di rado, siano comunque aiutate da un altro uomo, per ovvi motivi: quest’ultimo caso viene in genere etichettato “amanti diabolici”.

Evitiamo il caso Bebawi, coppia da dolce vita famosa per i reciproci addebiti circa l’omicidio dell’amante di lei ( condannati, fuggirono per sottrarsi al carcere), e le fin troppo nominate Luigia “Circe della Versilia”( cui abbiamo dedicato un articolo) e la “mantide” di Cairo Montenotte, Gigliola Guerinoni; saltiamo le vicende che riguardano uomini che si elidono tra loro, perché spesso contaminati da moventi malavitosi; ma partiamo ugualmente da lontano, un fatto che all’epoca fu riportato con ampia eco, 

Siamo nel 1973, a Torino. Fulvio Magliacani, rappresentante di commercio, è sparito da mesi e suo padre lo cerca disperatamente, finché un delinquentello lo farà trovare, morto accoltellato; verrà fuori che il fratello dell’informatore, Paolo, era amante storico, prima e dopo il matrimonio, della moglie della vittima, Franca Ballerini, bella bionda poco amata dal suocero. La facciamo breve, anche se fu alquanto complicato arrivare a sentenza: imputati Paolo e Franca, dopo il solito rimpallo di accuse lei verrà assolta, lui condannato, poi graziato, fino a far riparlare di sé nei primi anni duemila per narcotraffico, con grazia revocata. La conseguenza più spiacevole fu che la bambina di Magliacani risultò non essere sua figlia e il papà della vittima ne risultò distrutto. 

Adele Mongelli l’11 dicembre del 2000 è un appariscente cinquantenne di Gioia del Colle, madre di quattro figli, che perde la testa per un giovane prossimo alle nozze. Arrabbiata perché lui non rinuncia a sposarsi, lo fa fuori a coltellate in camera da letto, dopo l’amplesso. Anche in questo caso, si sono avanzate perplessità sull’unica mano omicida e sulla versione dell’assassina.

Elena Smeraldi (come il colore dei suoi occhi) nel 2004, a Palermo, uccide, insieme all’amante, il marito infermo, utilizzando una statuetta sacra.

Nel 2000 a Terlago, Trento, Isabella Agostini fa uccidere il suo fresco sposo, Michele,  dal suo nuovo amante Giuliano Cattoni.

Nel 2003 a Casandrino, Napoli, l’alpino Salvatore Pollasto viene trovato morto in auto, colpito da fendenti. Verrà condannata la giovanissima “fidanzata” Rosa Dalla Corte, in realtà infedelissima bisessuale, per sua stessa ammissione a “Storie maledette”, per un periodo anche evasa, che si dichiarerà sempre innocente.

Clara Maneschi, dal canto suo, benché condannata, si professa non colpevole per l’omicidio del marito nel 2007 in Lunigiana, del quale accusa un suo spasimante che avrebbe fatto tutto di testa sua (l’uomo si era poi suicidato): una dinamica che abbiamo ascoltato anche nel caso di Maurizio Gucci, la cui celebre consorte Patrizia ha sempre affermato che l’idea di sparargli a morte era stata della sua amica cartomante, che voleva omaggiarla di una vendetta per interposta persona, dopo la separazione voluta da lui.

In un “terzo” settore, chiamiamolo così, reperiamo due vicende, le più famose. La trans  brasiliana Alessia Mendes, nota per il suo impegno contro la violenza di genere, nel 2017 uccide a Genova il convivente Alessio, stufa delle sue violenze: assolta sul presupposto della legittima difesa.

Miranda Pereira, già Francisco, anch’ella brasiliana, operata e anagraficamente donna, era riuscita a sposarsi con Sandro ma dichiara che il marito, invece di toglierla dalla strada, attività che lei non sopportava più, ce la riporta e la sfrutta: da qui l’omicidio, a Lido di Camaiore, nel 2008.

Ci fermiamo qua. Non solo perché le cronache occuperebbero dei tomi, ma altresì in quanto difficilmente si trova chi indaghi alla radice di molte concause. Abbiamo ascoltato spesso di killer caricati a molla dall’uso di droga, dall’alcol, oppressi dai debiti o da dipendenze a vario titolo che, forse, insieme alla più classica avidità o a bramosie sessuali torbide, hanno trovato spazio in una violenza che si sfoga, tradizionalmente, su chi è più vicino, uomo, donna o animale che sia. Però, qualcosa deve cambiare.