Se ipoteticamente ad un certo punto si ammettesse la possibilità di altre economie di salvezza al di fuori di quella cristiana, si potrebbe domandare perché si debbano disturbare con l’evangelizzazione i credenti di altre religioni, visto che seguendo la loro “via”, essi possono raggiungere la salvezza. Per Sopoćko è una posizione inaccettabile, perché dimentica che la Chiesa è sacramentum mundi, segno e strumento unico della salvezza di tutti gli uomini. Egli sostiene che se gli uomini non avessero il corpo avrebbero potuto ricevere i beni spirituali senza “il velo dei sensi”. Siccome l’anima è unita al corpo, Dio offre dei segni visibili che si chiamano sacramenti. Tutti i sacramenti, come segni visibili, sono degli elementi semplici senza vita, che assumono la forma e la materia. In realtà la misericordia di Dio li rende strumenti efficaci della grazia. Essi, però, hanno l’unico scopo di immedesimare gli uomini al Cristo, tramite la partecipazione alla vita soprannaturale e di trasformarli in Lui[1].

È opportuno precisare che il termine sacramento in Sopoćko ha acquistato progressivamente tre significati[2] tra loro complementari. Il sacramento è un frammento del creato in cui si concentra la storia della salvezza (signum misericordiae), il segno della grazia (signum gratiae), lo strumento della salvezza (instru­men­tum salutis). Bisogna dire però che qualsiasi applicazione della categoria di sacramento, che voglia essere corretta, deve tenere presenti tutti e tre questi significati, pur sottolineandone di volta in volta uno in particolare[3]. Ovviamente, ogni applicazione della nozione di sacramento nella Chiesa dovrà essere di tipo analogico. Infatti, la Lumen gentium, al numero 1, dice che la Chiesa è in Cristo velut sacramentum seu signum et instrumentum. In seguito precisa che per quel velut, non s’intende aggiungere al numero sette un ottavo sacramento, ma applicare la nozione di sacramento alla Chiesa, valorizzando le somiglianze tra Essa e i sacramenti, e inoltre rispettandone le differenze.

In un’affermazione del Nostro sui “segni di Cristo nella Chiesa”, riferendosi all’ecumenismo, che gli stava tanto a cuore, leggiamo:

«L’uomo d’oggi s’interroga sui segni di Cristo nella sua Chiesa. Per la ricerca di essi, bisognerebbe scegliere un nuovo orientamento, il quale plasma la nuova base dell’ecumenismo»[4].

 Dal testo s’intuisce l’importanza della vera e autentica ricerca di Cristo. Il nuovo orientamento sta per indicare l’importanza dell’estensione sacramentale della Chiesa basata sul dialogo ecumenico. Gesù vivendo nella sua Chiesa è diventato il “Salvatore Eterno e Universale” del mondo intero, il quale porta verso la comunione e l’unione perfetta con sé[5].

Costatiamo che la ragione fondamentale dell’estensione universale della sacramentalità della Chiesa sta nel fatto che il Padre ha costituito Cristo «principio di salvezza per il mondo intero» (LG 17), cosicché all’infuori dell’influsso salvifico di Cristo, che si è reso contemporaneo ad ogni uomo attraverso la Chiesa, non è possibile salvarsi. Cristo esercita il suo influsso salvifico, con il massimo della fruttuosità, in chi è pienamente “incorporato” nella Chiesa. L’incorporazione piena richiede l’inserimento del credente nella comunione spirituale, per mezzo dello Spirito, e nella comunità visibile, attraverso l’accettazione della comune professione di fede, dei sacramenti e della comunione gerarchica (cf. LG 14 b). Possiamo dire che il cristiano, se dovesse mancare ad una di queste condizioni, pregiudica in varia misura la sua incorporazione alla Chiesa, senza tuttavia porsi al di fuori dell’unico e universale progetto salvifico di Dio in Gesù Cristo. Il Nostro ancora sottolinea che:

«la Chiesa nella sua natura essenziale è la comunità del Popolo di Dio, il mistero salvifico che agisce in Essa. In questa relazione con la comunità l’istituzione gerarchica ha un ruolo di servizio»[6]. 

 Il problema, però, si pone in modo più difficile per coloro che non conoscono il vangelo e non sono incorporati alla Chiesa[7]. Il Concilio Vaticano II dice che anch’essi sono “ordinati” al popolo di Dio (cf. LG 16). Sopoćko ritiene che Cristo veramente è morto per tutti e, dunque, può conseguire la salvezza anche chi, “senza sua colpa”, ignora il suo vangelo e la sua Chiesa, ma cerca sinceramente Dio e, sotto l’influsso della grazia, si sforza di vivere con rettitudine, secondo i dettami della coscienza. Lo Spirito Santo dona a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio misericordioso conosce, col mistero pasquale (cf. CCC 1260)[8]. In un’altra riflessione del Nostro sulla Chiesa, leggiamo:

 «Il regno di Dio è il regno dello Spirito, alza i suoi edifici meravigliosi sulle fondamenta poste dallo Spirito di Dio. Gli uomini che vivono esclusivamente secondo la carne non aiuteranno mai il Signore a costruire la Gerusalemme eterna[9]. La Chiesa ha una missione nel mondo sottoposto alla globalizzazione, da sola deve rispondere alle esigenze che si presentano davanti all’operare apostolico. Da ciò, deduciamo che c’è bisogno del rinnovamento istituito, non di una riforma[10]. Da oggi entriamo nella nuova epoca storica della Chiesa: la realizzazione dell’accomodatio renovationis, cioè l’incorporazione delle costituzioni del Concilio Vaticano II»[11]. 

 Il rinnovamento ecclesiologico, però, tanto atteso e desiderato da Sopoćko[12], ebbe un inizio solo «nel dopoguerra, che rappresenta l’esempio dell’influsso reciproco esistente tra dottrina ed esistenza cristiana»[13]. La riflessione del Nostro sul concetto della Chiesa come sacramento non ha ricevuto in questo periodo nessun tipo di «impulsi decisivi dall’ambiente accademico, ma è stata stimolata piuttosto da fattori di ordine esistenziale»[14]. Effettivamente, «solo la vita della Chiesa e la sua situazione nella società hanno spinto verso un rinnovamento dottrinale, che durerà decenni e che poi sarà efficace particolarmente nel Vaticano II, con la renovatio Ecclesiae»[15].

Don Gregorio - ks. prof. Grzegorz Stanislaw Lydek


 
[1] Cf. ibidem, pp. 236-237.
[2]  Costatiamo che di fronte alla Riforma, che considerava i sacramenti solo come “signa et testimonia” della volontà salvifica di Dio, Concilio di Trento reagisce ponendo forte l’accento sulla causalità (ex opere operato), e lasciando un po’ in margine il segno. In epoca moderna, un recupero dell’ampiezza “misterica” dei sacramenti viene fatto dalla scuola di Maria Laach, che ha in Odo Casel il suo principale esponente. I sacramenti, attraverso la riscoperta della categoria patristica di “anàmne­sis”, sono visti come “celebrazioni‑ripre­sen­tazioni” dei misteri di Cristo, di cui rendono attuali per ogni generazione i loro effetti salvifici: cf. Y. Congar, Un popolo messianico, p. 51.
[3] Cf. M. Sopoćko, Jezus Król Miłosierdzia, pp. 216-231: Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, pp. 223-226; ibidem, vol. III, pp. 232-263. 
[4] Dz., q. III, p. 188.
[5] Cf. ibidem, p. 141.
[6] Ibidem, p. 267.
[7] Predicando gli esercizi spirituali alla Curia Romana nell’anno giubilare del 2000, il Cardinal Francesco Saverio Van Thuan, alludendo al rito dell’apertura della Porta santa, disse in una meditazione: «Sogno una Chiesa che sia una “Porta Santa”, aperta, che accoglie tutti, piena di compassione e di comprensione per le pene e le sofferenze dell’umanità, tutta protesa a consolarla»: F. X. N. Van Thuan, Testimoni della speranza, Città Nuova, Roma 2000, p. 58.
[8] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, pp. 94-97; Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, pp. 116-120.
[9]  Vale la pena riportare un fatto storico in cui l’idea della misericordia di Dio in Sopoćko fu collegata, addirittura alla costruzione di una chiesa nuova. Questa avrebbe dovuto portare il titolo della Divina Misericordia e sarebbe dovuta sorgere nel quartiere di Snipiszki, in periferia di Wilno, in un quartiere abitato da artigiani e famiglie di militari. In quel quartiere c’era anche una grande caserma dell’esercito. Tuttavia, l’attività propizia iniziò soltanto nel 1938, quando fu convocato il Comitato per la costruzione della Chiesa della Divina Misericordia, ben presto approvato dall’Ufficio Regionale e dall’arcivescovo Jałbrzykowski.           La nuova situazione politica interruppe definitivamente l’attività iniziata per la costruzione della nuova chiesa. Le truppe militari sovietiche rubarono i mattoni destinati alla costruzione della chiesa e li usarono per le fortificazioni. Andarono persi anche i risparmi depositati in banca. Ancora nel 1940 il Nostro presentò alle autorità occupanti una richiesta, cercando di ottenere il permesso almeno per la costruzione di una cappella, ma la richiesta fu respinta: cf. H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), pp. 281-283.
[10] Dz., q. III, p. 229.
[11] Ibidem, p. 144.
[12] Nel Diario di Sopoćko leggiamo: «Finalmente iniziamo il nuovo capitolo nella storia della Chiesa realizzando accomodate renovationis» Dz., q. I, p. 144.
[13] G. Ziviani - V. Maraldi, Ecclesiologia, pp. 293-294.
[14] Ibidem.
[15] Ibidem.