Ieri è finito con una serie di battute tra papa Francesco ed il cardinale Bagnasco il breve saluto del pontefice all'apertura dei lavori della 70ma Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) che vedrà la nomina di un nuovo presidente in sostituzione dell'arcivescovo di Genova.
Questa assemblea segna la fine del mandato di presidente della Cei da parte di Bagnasco che, in attesa della nomina del successore, oggi ha pronunciato il proprio discorso di addio toccando numerosi temi nel fare un bilancio del proprio mandato: cultura, politica, famiglia, lavoro, giovani, politica soliarietà...
Alla fine del proprio intervento, il cardinale si è rivolto ai presenti, e più in generale ai preti italiani, per ringraziarli del proprio lavoro: «Noi apparteniamo a voi come voi appartenete a noi: non possiamo concepirci isolati, figli di noi stessi, sacerdoti solitari. Non abbiamo da inventarci, ci ha inventati Cristo.
Da questo sguardo di appartenenza e di gratitudine muove anche il Sussidio sul rinnovamento del clero a partire dalla formazione permanente, che rende disponibile il frutto del lavoro collegiale che ci ha visti coinvolti nel recente passato per mettere a punto proposte qualificate e percorsi di comunione necessari a realizzarle.»
Il cardinale ha ringraziato i sacerdoti italiani «per il generoso apostolato che si declina nella prossimità alla gente, nella fedeltà agli impegni sacerdotali, nella dedizione più forte degli anni, nell’obbedienza di fede.
Voi siete così, e nessuna ombra, per quanto dolorosa di limite o di peccato, potrà offuscare o infangare questa realtà. Continuate a starci vicini, così come noi desideriamo con voi, e aiutateci ad esservi padri e pastori.
Non ci nascondiamo le contraddizioni, l’avanzata del secolarismo e il rischio che l’umano si dissolva. L’uomo occidentale appare confuso e smarrito sulla proprio identità e sul suo stesso destino. Ma dentro a questo groviglio, è presente una opportunità che pian piano emerge dalla coscienza distratta, si fa voce, si trasforma in attesa, diventa invocazione: è l’alba del risveglio!
Ecco la grazia che non deve cogliere noi come Pastori assonnati, stanchi, inerti. Sì, è l’ora del risveglio della coscienza, il risveglio dell’anima. La confusione, l’angoscia diffusa possono indurre a una più intensa distrazione per paura di pensare, ma possono invece condurre a risvegliarsi e porre le domande decisive. Il risveglio sarà a volte timido e intermittente come la rugiada che penetra, a volte improvviso e tumultuoso come un fulmine. Ma il processo è iniziato e nessuno potrà fermarlo, perché l’uomo non può vivere a lungo senza verità.
Concludo questi dieci anni con un profondo e commosso ringraziamento a ciascuno di voi: abbiamo camminato insieme, arricchendoci vicendevolmente. Ho sentito la conoscenza nostra aumentare e impastarsi di stima, benevolenza e amicizia vicendevole. Tutto, allora, è diventato più facile e leggero, anche più bello.
I momenti più delicati ci hanno aiutato a stringerci di più gli uni agli altri come i discepoli sulla barca nel mare in tempesta e guardare a Lui, il Signore, il Timoniere della Chiesa e della storia. E, sempre più uniti, abbiamo compiuto la traversata a cui l’ora ci chiamava.»
L'ultima parte del discorso di Bagnasco è stata segnata dalla evidente commozione del cardinale, in difficoltà nel continuare a leggere il proprio discorso e dai vescovi che, alzatisi in piedi, lo hanno a lungo applaudito.