«Fare emergere questo valore e trasformarlo in pagamenti è una sfida decisiva per una prospettiva di sostenibilità, in tempi di cambiamento climatico e dissesto idrogeologico», sottolinea il sindaco

Due milioni di case inutilizzate in 5.627 borghi. Questo è il dato che rappresenta lo spopolamento dei piccoli comuni nel nostro paese, che in certi casi vuol dire una perdita della popolazione originaria fino all’80%. Un dato preoccupante che significa il degrado e l’abbandono di migliaia di piccoli borghi, che racchiudono moltissime tradizioni ed ecosistemi naturali oltre che migliaia di prodotti locali tipici, che rischiano di essere irrimediabilmente persi.

Lontano dalle grandi città, l’Italia dei piccoli comuni, due terzi del totale nazionale, potrebbe fornire la risposta al bisogno dell’abitare e di stili di vita più sostenibili, ma la mancanza di servizi e di aiuti ha determinato una preoccupante fuga da parte dei giovani verso i propri paesi di origine per raggiungere centri più grandi e maggiormente serviti e comodi. L’insieme di queste esternalità positive per l’ambiente, i cosiddetti «servizi ecosistemici» valgono, almeno 93 miliardi l’anno, quasi il 5% del PIL.

«Fare emergere questo valore e trasformarlo in pagamenti è una sfida decisiva per una prospettiva di sostenibilità, in tempi di cambiamento climatico e dissesto idrogeologico. All’interno del pacchetto del Pnrr per i piccoli Comuni ci sono alcune misure interessanti ma nel complesso manca una strategia specifica che parta dalla considerazione dello spopolamento come una delle grandi emergenze nazionali».

A ribadirlo è stato Massimo Castelli, coordinatore nazionale Piccoli Comuni e sindaco di Cerignale, che ha preso parte al recente webinar Piccoli comuni, Next Generation.

Dalle comunità energetiche alla transizione ecologica e digitale per i territori promosso da Legambiente nel quadro di Voler Bene all’Italia, l’iniziativa nata nel 2004 grazie all’impegno dell’Associazione e di un vasto comitato promotore, per accendere i riflettori sui Piccoli comuni Proprio per questa carenza di una strategia globale nel Pnrr.

«Come Anci lavoreremo al massimo all’interno dei vari segmenti di azione per valorizzare i temi che ci interessano di più - ha garantito Castelli -. Ad esempio, se parliamo di comunità energetiche, non possiamo non partire proprio dagli oltre 1200 Comuni non metanizzati che sono quelli costretti tra l’altro ad inquinare di più. Allo stesso modo quando parliamo di riforma fiscale, vorremmo vedere innanzitutto qualcosa di concreto sulla fiscalità di vantaggio perlomeno per i comuni che hanno perso più del 50% della popolazione negli ultimi 50 anni».

Vi è poi un altro tema che Castelli ha segnalato durante il suo intervento:

«Sul territorio ci sono molti fabbricati e terreni abbandonati, perché passati attraverso successioni ereditarie improduttive. Dopo due o tre successioni – ha spiegato – questi fabbricati e terreni dovrebbero entrare nel patrimonio pubblico, in modo che e i Comuni potrebbero metterli a disposizione di coloro che vogliono investire. Tale situazione è il risultato dell’impatto che lo spopolamento sta avendo da anni sulle nostre comunità ma, risolvendo questo problema, avremo sicuramente un impatto positivo, tanto più in questa fase di ripartenza del sistema Paese».

Per accelerare un cambio di passo, in particolare, sarebbe importante istituire una linea di finanziamento “SMART WORKING BORGHI”, con agevolazioni fiscali per l’insediamento di centri di ricerca e impresa digitale di prossimità nei piccoli comuni, incentivando la nuova residenzialità legata all’uso di spazi abitativi abbandonati e recuperati.

«Prioritario, inoltre, dare immediata attuazione a dispositivi normativi come la legge Salva Borghi o le green community inserite nel Collegato ambientale, per mettere i piccoli centri nelle condizioni di competere ed esprimere il loro potenziale. Mentre si costruiscono casermoni nelle periferie urbane, negli ultimi 40 anni sono stati ben 2000 i piccoli centri che hanno perso l’80% popolazione».

Questo spopolamento con relativo abbandono della abitazione rappresenta anche un grave rischio dal punto di vista della sicurezza perché senza interventi case e terreni abbandonati sono a rischio di crolli e dissesti idrogeologici.

Per far fronte a quella che ormai da anni sta diventando una vera e propria emergenza nazionale, il senatore di Fratelli d Italia Nicola  Calandrini ha appena presentato un Ddl contro lo spopolamento dei piccoli comuni sotto i 5000 abitanti:

«I piccoli comuni italiani sono un patrimonio, ma con lo spopolamento continuo e ormai in atto da decenni, rischiano di venire abbandonati e dimenticati. Per contrastare questa deriva ho presentato un disegno di legge in Senato. È necessario infatti che sia realizzato un intervento a tutto campo non solo per ripopolare i comuni, ma anche per renderli attrattivi dal punto di vista culturale ed economico, oltre che sicuri contro i rischi idrogeologici.  Il disegno di legge affronta tutti questi aspetti e prevede una struttura».

Così ha commentato la sua iniziativa il senatore. L’obiettivo sarebbe quello di  portare i più giovani in particolare a risiedere in questi borghi, veri e propri gioielli d’Italia.

«Vendere il patrimonio immobiliare ad un euro, come sta accadendo adesso, non è sufficiente ad affrontare il pericolo spopolamento. Affinché i piccoli comuni tornino vitali, non basta concentrarsi solo sulla valorizzazione dei beni culturali e sulla promozione del territorio, ma quei territori devono offrire servizi, devono essere dotati di strutture e infrastrutture sicure, devono essere vivi dal punto di vista economico, dunque va valorizzato il patrimonio agricolo e quello degli 'antichi mestieri», ha concluso Calandrini, aggiungendo anche che «la legge, qualora fosse approvata, si applicherebbe ai circa 5.500 comuni italiani con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, coprendo il 70% del territorio nazionale. Auspico che possa trovare un agevole percorso in Parlamento e il consenso trasversale di tutte le forze politiche, perché il patrimonio che andrebbe a tutelare è di tutti e non solo di un partito».