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Francamente, da inizio millennio, la star non diede più nulla di rimarchevole alla sua arte, spesa senza profusione nei decenni precedenti e sfigurata dai disordini emotivi che la angustiavano, alimentati anche dalla causa per risarcimento che l'amato padre le intentò poco prima di morire. Esiste un ritorno di fiamma, con l’album “I look to you”, nel 2009, da cui sarebbe derivato il famoso fallimentare tour, ma non ci pare che avesse sfondato il muro dell’oblio disperato della popstar: perché i pettegolezzi sulla donna sovrastavano di gran lunga l’interesse verso la professionista.

 Nel 2006 la cognata Tina Brown, moglie di un fratello, la espose al pubblico ludibrio, parlando di lei come di una tossica sudicia ed erotomane. Le foto sono reperibili ovunque, ma non ci sembrano una prova: è facile sbattere in faccia ai lettori un tavolino pieno di attrezzi da trip e immagini di una diva senza trucco: chissà cosa avremmo visto, se Tina ci avesse mostrato se stessa appena sveglia. La famiglia Houston si è palesata come un covo di vipere.

 Il 9 febbraio 2012, pochi giorni prima della fine, si assiste allo "show down" di una tragedia annunciata: Whitney, ora quasi quarantanovenne, in apparente stato confusionale, interrompe una trasmissione in cui Clive Davis sta lanciando delle nuove artiste, consegna in diretta un biglietto a una delle due, saluta un po' scompostamente e se ne va. Altro dubbio: possiamo riporre la massima fiducia in questo “scoop”?

La sera fatale, due giorni dopo, Whitney era attesa nel salone del Beverly Hilton Hotel per una cena,  organizzata in previsione della cerimonia per l'attribuzione dei Grammy, che l'aveva vista tante volte vincitrice. Come andò davvero?  

La Houston aveva un compagno ufficiale, il quasi toy boy  Ray J, nato nel 1981, professione cantante e attore, ma l'allarme fu dato da Bobby Brown,  dunque sempre presente nella vita della  diva. A quanto dicono, si scoprì quasi subito che era morta, ma si preferì terminare la cena prima di farla portare via: se così fosse, ci si scandalizzerebbe per il ributtante cinismo, ma l'universo della celebrità è roba per stomaci forti, notoriamente. 

Non è la prima volta che un famoso tossicodipendente viene trovato morto nella vasca da bagno; tuttavia,  i risultati delle autopsie sono sempre un po' generici e poi perché, se si sta male,  buttarsi in acqua, invece di chiamare i soccorsi? La solita leggenda secondo cui questo sistema farebbe rinvenire? Morta da sola, senza nessuno nella suite con lei?

In base alle ultime notizie diffuse, Whitney avrebbe avvisato la propria assistente dell’intenzione di farsi un bagno caldo, forse per rilassarsi e dare tono alla voce; e, a tragedia avvenuta, di un raid del citato insider per ripulire la scena prima del sopralluogo ufficiale della polizia. 

E’ circolata anche qualche indiscrezione sul referto autoptico, che parla di protesi dentarie rimosse ( mancavano diversi denti all’appello), parrucca fissa sui capelli naturali, protesi mammarie.

La sorella Brown ha concesso dei filmini di famiglia, in cui coniugi si divertono, Whitney fa l’imitazione di Tina Turner che picchia il marito (e avrebbe poi ammesso di aver lei stessa menato Bobby) e si respira, par di capire, un’aria ben più affettuosa di quella  di casa Houston. Vengono smentite tutte le dicerie su un disaccordo tra i due, piuttosto fomentato a fini scandalistici: in realtà, farebbe capire Leolah Brown, solo una coppia "d’ambiente", che sistemava la propria vita privata come meglio aggradava e forse  continuava a esistere sotterraneamente, con un feeling mai spento. D’altronde, è questa l’impressione, guardandoli esibirsi in “Something in common” , ma soprattutto dal vivo, nel 1999 a Lipsia, nello strepitoso “My love is your love”.

Nel 2018 è uscito un altro film biografico, “Whitney” (regia di Kevin MacDonald) in cui, per sovrapprezzo, si aggiungono molestie subite nell’infanzia da una parente e il rapporto “cattivo” tra i genitori della piccola Whitney, che si sarebbe riverberato soprattutto su di lei.

Voi sapete cosa ha sgomentato il pubblico, a parte l’ennesima scomparsa di un bello e dannato dello star system: la figlia Bobby Kri ha fatto la stessa fine, tre anni dopo la mamma, ritagliandosi , come differenza, solo qualche mese di coma.

Su questa morte il mistero esiste davvero e si indica, quale responsabile, il fidanzato Nick Gordon. Costui era stato informalmente adottato da Whitney, come a voler dare un fratello alla figlia, ma ne approfittò invece per sedurla.

Apprendiamo dai media che Gordon fu infine condannato, con quelle formule americane più civili che penali (stile O.J. Simpson) a un risarcimento di 36 milioni di dollari, in quanto avrebbe aggredito selvaggiamente la giovane, dopo averle somministrato a forza un fatale cocktail di stupefacenti, per poi annegarla e quasi tramortirla del tutto nella vasca. Qualcuno si lasciò scappare insinuazioni sulla presenza di Gordon anche la sera in cui era morta Whitney.

Nel programma “Eredità da star”, uscito quando Bobby Kri era ancora viva e prima del fatale “incidente”, si disse che il grosso della somma sarebbe spettata alla giovane al compimento dei 25 anni: non sembra quindi, anche a pensar male,  che il pur temibile Nick avesse da guadagnarci dalla sua morte, almeno nell'immediato. Ad ogni buon conto, se n’è andato lui pure, il primo gennaio 2020: i motivi del decesso ufficiali, li lasciamo immaginare.

Lo scorso novembre è mancato anche un figlio di Brown,  avuto prima di sposarsi con Whitney: Bob Jr, 28 anni.

Non è finita qui, naturalmente, e non solo perché la magica voce  di Whitney ci accompagna sempre. Ecco le ultime nes, fresche di qualche mese: gli Houston danno battaglia per i  diritti di un video con ologramma, ultimo grido in fatto di esibizioni, anche perché, con le attuali restrizioni, sembra ben studiato.

La clip è del 2016, ma la bagarre giudiziaria era ancora in corso fino a un paio di mesi fa. Su con la vita, gente: con la tecnica ologrammatica, potrete vedere vivi e morti a volontà.

 

(I dati sono attinti alle fonti e trattati per l’esposizione)