“Nessuno mi fa fare qualcosa che non voglio fare. È una mia decisone. Quindi il mio più grande diavolo sono io. Sono il mio miglior amico e il mio peggior nemico”.
Il mondo dello spettacolo ha sfornato "misteri" a volontà, sistematicamente alimentati e amplificati dal web.
Quest’anno si è tornati a parlare molto di Whitney Houston (1963/2012). Ogni tanto troviamo aggiornamenti . Ci mettono al corrente di relazioni giovanili etero della star, per esempio Eddie Murphy e Michael Jackson (?!) ma noi ricordiamo gli anni ottanta, l’irradiarsi della sua fama, le interviste che venivano fatte circolare, e riprese in Italia: in esse la poco più che ventenne di Newark (New Jersey) avrebbe dichiarato di rifiutare l’approccio con gli uomini bianchi (sic) per la loro abitudine allo stupro di ragazze nere ( idem sic); e di volersi mantenere illibata fino alle nozze, anche per la sua educazione di stampo ultracristiano.
Di converso, si opponevano altre dichiarazioni come: “ Mi piace sporcarmi le mani, ogni tanto”; e il backstage (finto) dell’esibizione in coppia con Mariah Carey, nel brano mozzafiato “When you believe”, una fugace inquadratura dove la Houston si slancia per un bacio in bocca sulla Carey, che sembra schermirsene. Su Mariah, abbiamo ascoltato di sbandamenti d’immagine, rattoppati dagli esperti in tali restauri. Sull’aggressività sessuale di Houston riportiamo: “Mica Paris: Whitney ci ha provato con me… Mica… cantante inglese di colore, di 51 anni…il suo maggior successo discografico, si fa per dire, risale appunto al 1988, quando con il singolo "My own temptation" è riuscita a salire, in maggio, fino al settimo posto della classifica dei singoli britannica…” Rockol.it 25/7/2020.
Il tono dell’articolo è sarcastico: si evidenzia il “tardivo” ricordo di costei, che lo rivela con una sospetta tempestività, forse per rilanciare una carriera oscurata, anzi mai decollata.
Stiamo sul pezzo. Nel 2017 Nick Broomfield ha raccontato la vita della cantante nel docufilm intitolato "Whitney: Can I Be Me", una vera bomba di inediti, all'epoca, e per chi, fino a quel punto, si era tenuto la bella copia.
Apprendiamo dunque che la piccola Whitney, figlia di una cantante di gospel imparentata con Dionne Warwick, fu presto esibita nelle messe domenicali , mostrando sia una splendida voce, che un faccino delizioso. Adorava il padre, obbediva alla madre, credeva in Dio, ma a dieci anni iniziò a drogarsi con i suoi fratelli ( niente sorelle) e covava dei complessi, per esempio quello degli scarsi capelli.
Oggi potremmo definirla la Callas del pop; all'epoca, però, in un certo ambito, veniva considerata una snob, che rinnegava il mondo black e non si dedicava ai suoi generi classici. Volenterosa, negli anni cercò di irrobustire le sue interpretazioni con qualche dose di "negritudine", ma non rimane famosa per questo.
Il film "Bodyguard" ne fece una superstar, ma la sua vera guardia del corpo - che casualmente era anche lui un bianco - ci racconta che , nel tentativo di salvarla, chiese al management di fare qualcosa per l'uso smodato di droghe che le stava rovinando la voce e contagiando perfino la figlioletta; per questo, fu licenziato in tronco, dopo anni di dedizione.
E che dire del famigerato marito Bobby Brown, collega di sei anni più giovane, da lei scelto ostinatamente contro tutti? Whitney sembrava tenerci molto, tanto da sopportarne le intemperanze dal 1992, anno delle nozze, al 2007, quando si decise a chiedere il divorzio; ma le era sempre vicino la LGBT Robin Crawford, in una sorta di ménage a trois: che cessò, dicono, quando l'assistente fu allontanata con una lauta buonuscita e dopo anni di contrasti con Brown.
Whitney apparve poco serena anche dopo la difficile maternità, che l'aveva lasciata sfatta ed esaurita alla nascita dell'unica figlia, Bobby Kristina, nel 1993.
Ci immaginiamo sempre le pop star, specialmente quelle d'oltreoceano, dedite a vizi e sballi di ogni sorta (invece, chissà, qualcuno riesce a tenere una condotta migliore, e non lo sapremo mai).
Sappiamo invece che esse sono tallonate da familiari ed amici famelici, che mantengono stuoli di persone e che il sistema in cui si sono entusiasticamente ficcate non perdona distrazioni: bisogna mostrarsi sempre in spolvero, brillanti, all'altezza.
Whitney poi, non pareva ricevere supporto e incoraggiamento dalla madre, donna durissima, che contestava ogni sua scelta.
Quello che fatichiamo più a credere è che certi divi anneghino nei debiti. Nonostante le uscite di denaro esorbitanti, i guadagni sembrerebbero ben maggiori e il denaro dovrebbe essere l'ultimo dei problemi. A quanto pare, però, lo era per la Houston: la quale, obbligata a mantenere l'alto standard in mezzo alle pressioni familiari e sentimentali e i pusher alla porta, cedette, iniziò a mancare gli impegni presi, faticava a finire i concerti; infine, si prestò a un tour, nel 2010, offrendo il pietoso spettacolo di una voce roca e versi saltati.
Alt: è vero questo? Girano dei video, filmati, stando ai sottotitoli, un po’ ovunque, da UK all’Australia, ma possiamo essere certi di questo riscontro?
Alcuni indicano come principale creditore della cantante il produttore Clive Davis e come fondamentale motivo del debito l'acquisto di droghe. Secondo i siti cospirazionisti esisterebbe la figura dell' "Hollywood Insider", come dire: uno che gira per Hollywood non si sa a che titolo, presenzia alle feste che contano, viene fotografato con le maggiori celebrità, forse fa l'informatore? Un tipo del genere stava sempre nelle vicinanze di Whitney.