Servizi vitali come gli impianti di desalinizzazione dell'acqua, le strutture di trattamento delle acque reflue e gli ospedali si stanno fermando a Gaza a causa della cronica mancanza di carburante, mentre molti sono già stati costretti a chiudere. A Rafah, secondo il direttore dell'UNRWA, hanno smesso di funzionare tre pompe per le acque reflue e 10 pompe per l'acqua, con conseguente flusso di liquami nelle strade, mentre 22 dei 35 ospedali del territorio non funzionano più. Le due principali compagnie di telecomunicazioni di Gaza, Paltel e Jawwal, hanno dichiarato che tutti i servizi di telecomunicazione sono interrotti a causa della mancanza di carburante, che rischia di portare a un completo blackout delle comunicazioni nel territorio - una prospettiva terrificante per i 2,3 milioni di persone intrappolate.   Mercoledì è stato consegnato del carburante a Gaza per la prima volta dal 7 ottobre. Tuttavia, la consegna è consistita in poco più di 23.000 litri di carburante, ben lontani dai 160.000 litri di cui l'UNRWA dice di aver bisogno ogni giorno solo per far funzionare le operazioni umanitarie di base. Inoltre, l'uso di questo carburante è strettamente limitato al trasporto dei pochi aiuti che arrivano attraverso il valico di Rafah: non può essere utilizzato per altre attività umanitarie come le strutture mediche o idriche.   Nonostante tutto, gli ospedali ancora funzionanti cercano disperatamente di continuare a curare i pazienti. Ahmed Muhanna, direttore dell'ospedale Al-Awda, partner di ActionAid, ha dichiarato: "Da una settimana non abbiamo più carburante. Abbiamo spento i generatori, quelli enormi, e ora stiamo lavorando sulle luci a LED e sulla ricarica delle batterie. I servizi sono ancora attivi nell'ospedale di Al-Awda ma con difficoltà".  Queste condizioni impossibili sono rese ancora più difficili dai continui bombardamenti che circondano l'ospedale e che hanno ferito il personale medico e le attrezzature. Il dottor Ahmed ha dichiarato: "La situazione è critica, estremamente critica, perché bombardano continuamente intorno all'ospedale e vicino all'ospedale. Molte schegge sono entrate nell'ospedale. Nei giorni scorsi anche il nostro personale è stato ferito. Otto membri del nostro staff hanno riportato ferite da lievi a moderate. Sono stati ricoverati in ospedale e sono stati curati. Ora stanno bene. Oggi abbiamo trovato schegge all'interno degli ospedali e le ambulanze e le auto sono state danneggiate". Il dottor Adnan è consulente e capo del dipartimento di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Al-Awda. Ha dichiarato: "Negli ultimi giorni, siamo diventati l'unico ospedale in tutta la Striscia di Gaza e nel nord che ha servizi di ostetricia, cesarei e ginecologia. Ieri abbiamo eseguito 16 parti cesarei in circostanze eccezionali. Abbiamo lavorato in condizioni eccezionali e molto dure. Non avevamo servizi di trasfusione di sangue... Le trasfusioni di sangue sono molto limitate, la banca del sangue è stata chiusa ed è difficile accedervi. Ci sono bambini prematuri nati a 30 o 31 settimane e non abbiamo nulla per affrontare i loro casi. Non ci sono respiratori artificiali, non ce ne sono affatto. Se guardiamo un bambino dopo la nascita, il suo peso è di 1200 g, 1300 g, 1400 g o un chilo e mezzo. Non abbiamo nulla per gestirli. Guardiamo i bambini che perdono la vita perché non abbiamo nulla per intervenire”. L'impatto che la continua mancanza di carburante avrà sulla salute delle persone è altissimo. Non solo gli ospedali non sono in grado di far funzionare le macchine salvavita, ma senza carburante non c'è acqua potabile e non c'è uno smaltimento sicuro delle acque reflue. Le difficoltà di comunicazione con Gaza significano già che il mondo ha un preoccupante vuoto di informazioni su ciò che sta accadendo. Se le comunicazioni dovessero interrompersi del tutto, le persone non saranno in grado di contattare i propri cari per verificare se sono ancora vivi, di chiamare i servizi di ambulanza per raccogliere i feriti o di dire al mondo cosa sta accadendo loro.   Riham Jafari, Coordinatrice Advocacy e Comunicazione per ActionAid Palestina afferma: "La situazione è disastrosa, ma anche completamente evitabile. Il carburante deve poter entrare a Gaza, e in quantità sufficienti, immediatamente. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha chiesto una pausa umanitaria urgente e prolungata per un numero sufficiente di giorni. Una pausa di pochi giorni non sarà sufficiente a permettere l'ingresso a Gaza di una quantità di carburante e di altri aiuti salvavita: solo un cessate il fuoco immediato può raggiungere questo obiettivo. Se verrà messa in atto una pausa umanitaria prolungata, chiediamo ai leader mondiali di garantire che venga rispettata. È chiaro che le pause di quattro ore concordate la scorsa settimana hanno fatto poco, se non nulla, per alleviare le sofferenze della popolazione di Gaza". 

Quella riassunta in precedenza in una nota di ActionAid Italia è la situazione nel sud della Striscia di Gaza, l'area dove l'esercito israeliano invita in civili palestinesi a trasferirvisi per la loro sicurezza!

Se questa è la situazione a sud, figuriamoci quale possa essere quella a nord.

Lo spiega ad Al Jazeera il direttore dell'al-Shifa che descrive l'ospedale come una "grande prigione" e una "fossa comune" per tutti coloro che si trovano all'interno.

Muhammed Abu Salmiya ha detto che ci sono 7.000 persone all'interno dell'ospedale e il personale sta ancora lavorando per aiutare i pazienti ma tutti coloro che erano nel reparto di terapia intensiva sono morti.

"Siamo rimasti senza niente, né energia, né cibo, né acqua. Ogni minuto che passa, perdiamo un paziente. Durante la notte abbiamo perso 22 persone", facendo presente che hanno fatto appello agli israeliani di evacuare l'ospedale, ma si sono rifiutati di farlo."È un crimine di guerra. Un vero e proprio crimine di guerra".

Salmiya ha ricordato che anche i neonati necessitano di cure immediate, ma stanno esaurendo le scorte mediche.

"In alcune occasioni, siamo costretti a lasciare morire i pazienti perché siamo impotenti, non possiamo eseguire su di loro alcuna operazione chirurgica, il minimo che possiamo fare è dare loro degli antidolorifici per lasciare che quelle vittime muoiano in pace".

Ha aggiunto che molti neonati prematuri sono morti perché le incubatrici hanno esaurito l'ossigeno. L'esercito israeliano aveva detto all'inizio di questa settimana che avrebbe fornito incubatrici, ma è una bugia.

"Le forze di occupazione israeliane affermano di aver fornito incubatrici all'ospedale, ma questo non è vero; questo è falso. Inoltre non abbiamo bisogno di incubatrici; abbiamo già delle incubatrici in ospedale, ma siamo senza carburante per generare elettricità [necessaria a ad alimentarle]".

Nel frattempo, i criminali israeliani, con la complicità dei criminali dell'amministrazione Biden, continuano a fornire false informazioni,  propaganda insensata di nessun valore, per dimostrare la presenza di Hamas nell'ospedale al-Shifa, presenza che, nelle ultime dichiarazioni è stata estesa a tutti gli ospedali di Gaza City, per la quasi totalità non più in grado di prestare soccorso. Chi glielo spiega a quei delinquenti che, anche se dei miliziani di Hamas fossero stati presenti o avessero pure dei fucili in quell'ospedale, in base al diritto internazionale che regola i conflitti, ciò non li avrebbe comunque autorizzati a fare quel che hanno fatto e stanno facendo?

Inoltre, come ricorda Monica Minardi, presidente di MSF Italia, esiste anche il diritto internazionale umanitario che non chiede né pace, né giustizia, ma il rispetto, durante le operazioni militari, del principio di distinzione tra obiettivi militari e popolazione civile, e dei principi di umanità e proporzionalità, che impongono limiti e condizioni all'utilizzo della forza. Non un costrutto legale astratto, ma un quadro di norme per limitare gli effetti più devastanti dei conflitti, assicurando la protezione dei civili e l'accesso dei soccorritori: 

"È doverosa la condanna al brutale attacco del 7 ottobre e alla presa degli ostaggi da parte di Hamas. Da allora bombardamenti incessanti e indiscriminati hanno scatenato una punizione collettiva oltre ogni regola.  A Gaza, dove un'intera popolazione viene equiparata a un obiettivo militare e costretta a movimenti forzati, è stato screditato lo spirito stesso del diritto internazionale umanitario, mentre diventa totalmente irrealistico un efficace dispiegamento degli aiuti.Prima del 7 ottobre, tra i 300 e i 500 camion di rifornimenti entravano nella Striscia ogni giorno. Per settimane il valico di Rafah è stato chiuso, dal 21 ottobre a oggi è transitata una media di 40 camion al giorno: beni essenziali del tutto insufficienti per gli oltre 2 milioni di palestinesi sotto assedio. È fondamentale interrompere bombardamenti e attacchi indiscriminati per consentire un flusso costante e prevedibile di forniture mediche e umanitarie. Attraverso più valichi e su tutta la Striscia e non in aree predefinite, e senza mai diventare uno strumento per spingere le persone a spostarsi.  A Gaza, oggi, non c'è un posto sicuro. Anche l'eventuale presenza di combattenti tra i civili non giustifica mai la trasformazione di un'intera area urbana in obiettivo militare. Un ospedale, un'ambulanza non dovrebbero mai essere un target, ma questi attacchi accadono quasi ogni giorno e si stanno ancora intensificando.“La situazione è catastrofica”, dicono dottori e infermieri di Medici Senza Frontiere che operano ad Al Shifa. E a Gaza le strutture mediche sono colpite due volte: dai bombardamenti e dalla mancanza di gasolio, elettricità e farmaci essenziali, che alla fine ne causano la chiusura. Rendere insicure le strutture sanitarie, concepite per offrire cure e salvare vite, è un attacco diretto ai principi fondamentali del diritto umanitario internazionale e all'umanità.  L'uso di civili come scudi umani è altrettanto disumano, oltre che proibito, come la presa di ostaggi, ma nemmeno è consentito condizionare gli aiuti al loro rilascio.  Il ruolo delle organizzazioni umanitarie, come MSF, non è lamentare la violazione delle norme umanitarie, ma chiedere quotidianamente il loro rispetto agli eserciti o ai gruppi armati che controllano territori e popolazioni. Non sempre funziona, non tutti i giorni, ma queste non sono regole per umanitari, sono responsabilità di tutti gli Stati.  Oggi più che mai serve la loro applicazione in Medio Oriente dove il conflitto arabo-israeliano, irrisolto da troppo tempo, è entrato in una inaudita spirale di violenza politica e militare.  La gravità della situazione impone a tutti, soprattutto ai paesi con un'influenza nella regione, e anche all'Italia, di chiedere un immediato cessate il fuoco. Le pause umanitarie di alcune ore non bastano.  Noi siamo pronti ad aumentare la nostra risposta a Gaza con l'invio di nuovi team e forniture mediche. Ma qualsiasi sforzo sarà insufficiente o inutile senza un cessate il fuoco immediato".  




Crediti immagine
: twitter.com/pete_nicoll/status/1725513081210487209/photo/1 - Il terribile arsenale di Hamas all'interno dell'ospedale al-Shifa