La Chiesa Anglicana è forse la prima Chiesa del mondo e della storia a diventare woke? In questi giorni i vescovi, il clero e i laici della Chiesa d’Inghilterra si sono ritrovati a Londra per il sinodo generale, l’assemblea nella quale si discutono e votano tutte le questioni ritenute fondamentali per il futuro dell’istituzione.

Tra le novità già uscite dal sinodo, per esempio, c’è la concessione della benedizione anche alle coppie omosessuali sposate con rito civile (anche se la posizione della Chiesa sul matrimonio resta che esso consiste «nell’unione tra un uomo e una donna che dura per tutta la vita»). Prossimo punto nella lista delle cose da discutere: è forse arrivato il momento di rivedere e correggere la liturgia per aggiornarne il linguaggio ai tempi del fluido, del non binario, dell’inclusivo?

Come riporta il Washington Post, infatti, nel sinodo si starebbe discutendo della possibilità di superare la millenaria prassi di rivolgersi all’Onnipotente usando solo sostantivi e pronomi maschili (Lui, Signore, Padre). È il punto di arrivo di anni di studi sulla liturgia e la preghiera cristiana, studi che dovrebbero concludersi nella prossima primavera con il lancio di un progetto incentrato sul “linguaggio di genere”. In un comunicato stampa, la Chiesa ha spiegato che «i cristiani hanno sempre riconosciuto, sin dall’antichità, che Dio non è né maschio né femmina. Eppure, i tanti modi di rivolgersi a Dio che troviamo nelle scritture non sempre hanno trovato un equivalente nella liturgia».

Riprendendo le parole dell’arcivescovo di Canterbury, il capo della Chiesa Anglicana, pronunciate nel 2018: «Dio non è definibile». Secondo la Chiesa, il cambiamento della liturgia non è certo una cosa senza precedenti nella storia dell’istituzione. Ma, in ogni caso, resta un processo lungo e laborioso – è richiesta l’approvazione di diversi “corpi legislativi” della Chiesa – e al momento non esiste una vera e propria proposta di riforma né un’idea definita e definitiva sulla nuova lingua eventualmente da adottare. Al momento non c’è, insomma, l’intenzione di riferirsi a Dio con i pronomi neutri inglesi they/them, cosa che però alcuni membri del clero anglicano hanno già cominciato a fare in autonomia.

Fonte: RivistaStudio