La storia contemporanea italiana è una sequela di pagine sporche e vergognose. Chi indaga la verità rimane deluso e talvolta annientato; chi chiede giustizia viene umiliato. Ormai la cronaca ha preso il sopravvento su altri argomenti importanti della vita sociale, costatiamo come i reati contro la PA avvengono regolarmente ripetuti senza timore da coloro che a vario esercitano funzioni  pubbliche. 

Purtroppo tutta questa situazione segna profondamente la  vita sociale di questo paese. Gongolano quei cittadini che fanno parte delle cricche politiche; le persone oneste sono disorientate; i giovani se possono cercano occasioni all'estero; la fascia dei fragili è sempre più esposta e indifesa; si fanno cadere i governi per interessi di casta; si aprono squarci in vari settori istituzionali ma subito tutto viene "normalizzato e silenziato".

Vorrei parlare di due fatti estremamente significativi, che dovrebbero far riflettere molti: la sentenza che ha fatto chiarezza sul caso di Stefano  Cucchi e la sentenza  del generale  dei carabinieri Del Sette. E' bene fare delle considerazioni sull'attuale Magistratura non considerando i vari fattacci riportati in cronaca la cui autenticità è estremamente complessa da stabilire ma considerando le due vicende prese ad esempio.

Nel caso Cucchi emergono aspetti estremamente gravi sia a carico del personale medico dell'ospedale Pertini di Roma e soprattutto dei carabinieri. 

Stefano viene fermato il 15 ottobre 2009 e muore il 22 ottobre a seguito di gravi lesioni durante il ricovero al reparto detenuti del Sandro Pertini di Roma proveniente dalla caserma dei carabinieri Casilina dove era trattenuto per detenzione e spaccio di stupefacenti.

Dalle indagini emerge che il detenuto aveva subito un pestaggio per questo verranno incolpati tre agenti di polizia penitenziaria, rinviati a giudizio per lesioni personali e abuso di autorità insieme ad altri undici indagati tra medici ed infermieri del Sandro Pertini per mancate cure mediche, abbandono d'incapace che verrà derubricato in omicidio colposo

A conclusione del processo di primo grado la Corte d'Assise di Roma condanna 4 medici e il primario e assolve i restanti imputati, compresi i tre agenti di polizia giudiziaria perchè questi ultimi non avrebbero contribuito in alcun modo alla morte di Stefano.

Il processo di appello si conclude  il 31 ottobre 2014 con una sentenza ancora più clamorosa: la Corte d'appello assove tutti gli imputati. Il 3 novrembre il sindacato della Polizia penitenziaria sporge querela contro Ilaria Cucchi sorella di Stefano che si adoperava in ogni modo affinché si facesse luce sulla vicenda perché "istiga all'odio e al sospetto nei confronti dell'intera categoria di soggetti operanti nell'ambito del comparto sicurezza".

Il ricorso in Cassazione sortisce un parziale annullamento della sentenza d'appello, infatti per 5 dei 6 medici verrà celebrato un nuovo processo per non aver gestito la situazione con maggiore attenzione.

La Corte d'appello di Roma assolve i 5 medici per omicidio colposo perché "il fatto non sussiste".

La Cassazione - Sezione Penale, il 19 aprile 2017 annulla la sentenza d'appello per i 5 medici perché i sanitari avevano dimostrato "gravi negligenze per i ritardi sia per la diagnosi, sia nelle cure per questo la sentenza di assoluzione risulta contraddittoria ed illogica".  Il giorno successivo scatta la prescrizione per il reato contestato.

Il processo d'appello è ormai segnato dalla prescrizione che non pregiudica il processo civile per negligenza . La sentenza emessa il 14 nevembre 2019 sancisce il "non doversi procedere" per intervenuta prescrizione, viene assolta una dottoressa invece per il primario e gli altri imputati si risolve in una prescrizione.

Come potete vedere questo è il calvario che spetta a coloro che vogliono la verità e un atto di giustizia. Quanto denaro ha dovuto spendere la famiglia Cucchi per attivare tutte le procedure al fine di non mandare tutto alla deriva? Quanto stress, umiliazioni, delusioni per tenere vivo un evento che tutti vogliono soffocare nell'oblio e nell'indifferenza. Ma la storia non finisce.

Facciamo un passo indietro, nel 2015 i Cucchi e il loro legale ottengono che la Procura di Roma riapra le indigini per nuovi elementi infatti un militare dei carabinieri Riccardo Casamassima dichiara spontaneamente al PM  incaricato di aver ricevuto pressioni affinché fornisse una falsa versione dei fatti sotto giuramento. Le minacce dovevano provenire dai colleghi delle due caserme nelle quali era transitato Stefano Cucchi tra il 15 e il16 ottobre del 2009.

Il 17 gennaio 2017 il PM Musarò chiede il rinvio a giudizio dei carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco per omicidio preterintenzionale e abuso di autorità ai danni di Stefano Cucchi, per avergli provocato lesioni gravi e  per averlo sottoposto a misure restrittive non consentite dalla legge, lesioni, che per incuria dei medici diverranno mortali.

Il carabiniere Francesco Tedesco, con i suoi colleghi Vincezo Nicolardi e il maresciallo Roberto Mandolini, deve rispondere per i reati di falso e calunnia, per aver omesso dal verbale d'arresto i nomi di Di Bernardo e D'Alessandro e di aver testimoniato i falso al processo di primo grado che ha portato all'accusa dei tre agenti di custodia penitenziaria per i reati di lesioni personali e abuso di autorità.

Durante l'udienza dinazi la Corte d'assise di Roma il PM deposita la denuncia presentata dal carabiniere Tedesco che indica come autori del pestaggio Di Bernardo e D'Alessandro e i tentativi di depistaggio.

Il processo si conclude il 14 novembre 2019 , la Corte emette una sentenza di condanna nei confronti degli imputati: Alessio di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, colpevoli di omicidio preterintenzionale, vengono condannati a 12 anni di reclusione , alla sospensione perpetua dai pubblici uffici, al pagamento delle spese processuali e a 100 mila euro a titolo di provvisionale a ciascun genitore della vittima.

Francesco Tedesco viene assolto dall'omicidio preterintenzionale ma viene condannato per falso (2 anni e 6 mesi), per lo stesso reato il maresciallo Roberto Mandolini  viene condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione e l'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Assolti per calunnia Tedesco, Nicolardi e Mandolini.

Il 20 giugno 2018 Francesco Tedesco ha presentato una denuncia contro ignoti lamentando la scomparsa di un'annotazione di servizio da lui redatta il 22 ottobre 2009 indirizzata ai suoi superiori nella quale  denunciava di aver assistito al pestaggio dell'arrestato da parte dei suoi due colleghi e di aver cercato di fermare il massacro ma inutilmente.

In base a tale denuncia il PM Musarò avvia un'indagine e gradualmente individua persone e relative responsabilità.

Vengon iscritti nel registro degli indagati 5 militari dei carabinieri: Francesco Cavallo, Luciano Soligo, Massimiliano Colombo Labriola; Nico Bianco e Francesco Sano per falso, per inquinaqmento probatorio posto in atto per sviare  i processi verso persone che non avevano alcuna responsabilità. Sentito come persona informata sui fatti il generale di brigata dei carabinieri Alessandro Casarsa viene iscritto nel registro degli indagati per falso ideologico (allora era comandante del gruppo carabinieri di Roma).

Il 7 maggio 2021 si è concluso il ricorso in appello, la Corte ha accolto la richiesta del Procuratore generale di Roma Roberto Cavallone che ha chiesto una pena maggiore infatti i due carabinieri accusati di omicidio hanno avuto una condanna a 13 anni, per gli altri imputati le pene sono rimaste uguali o leggermente diminuite.

E' molto significativo il contenuto della requisitoria finale del Procuratore Generale Roberto Cavallone: "In questa storia abbiamo perso tutti. Nessuno ha fatto una bella figura. Quel giorno Stefano Cucchi doveva andare in ospedale non in carcere.

Credo che nel nostro lavoro serva più attenzione alle persone che alle carte che abbiamo davanti. Dietro alle carte c'è la vita delle persone. Quanta violenza siamo disposti a nascondere ai nostri occhi da parte dello Stato senza farci problemi di coscienza? Quanto è giustificabile l'uso della forza in certe condizioni? Noi dobbiamo essere diversi, noi siamo addestrati a resistere alle provocazioni, alle situazioni di rischio".

Riferendosi alla morte di Fedrico Aldovrandi: "Le vittime di queste violenze sono i marginalizzati. In questa storia abbiamo perso tutti, Stefano, la sua famiglia, lo Stato".

Da parte dell'avvocato della famiglia Cucchi: "La giustizia funziona quando ci sono magistrati seri, onesti, capaci".   Ci devono essere anche gli avvocati onesti, competenti e seri!

Con l'ex comandante dei carabinieri Tullio Del Sette condannato a 10 mesi (con la sospensione della pena e nessuna annotazione penale) per i reati di rivelazione di segreti d'ufficio e favoreggiamento lo Stato è ritornato a perdere colpi.

Speriamo che i valori dell'onestà, della capacità e della serietà ritornino presto di moda.