La proposta di Boris Johnson (da lui presentata all'Ue come prendere o lasciare) per un'alternativa al backstop è stata bocciata dai negoziatori europei.

Lo ha reso noto lo stesso presidente in carica Jean-Claude Juncker, concedendo al premier britannico ancora una settimana di tempo per sottoporre una proposta alternativa in modo che possa essere presentata e votata al Consiglio europeo del prossimo 17 ottobre.

Tra le criticità segnalate, quella di consultare ogni 4 anni l'assemblea dell'Irlanda del Nord, l'effettiva possibilità di realizzare il sistema di controlli doganali proposto che, gioco forza, renderebbe necessaria una revisione delle procedure non solo per le spedizioni da e per l'Irlanda, ma anche per quelle da e per la Gran Bretagna.

Da parte sua, Johnson non sembra essersene molto preoccupato: "Abbiamo dimostrato una grande flessibilità per riuscire a raggiungere un accordo con i nostri amici europei e trovare una soluzione che tutti desideriamo ardentemente.

Però, se i nostri vicini europei scelgono di non mostrare la corrispondente volontà di raggiungere un accordo, dovremo andarcene il 31 ottobre, comunque".

La dichiarazione di Johnson, d'altra parte, non fa che confermare l'impressione da lui data con la presentazione di questo nuovo piano: una mossa proforma dettata dalla cortesia istituzionale e supportata dalla consapevolezza che sarebbe stata respinta.

Per Johnson, il traguardo è quello di portare il Regno Unito fuori dall'Europa il 31 ottobre. Meglio se ciò avviene senza che vi sia un accordo per un piano di uscita.

C'è però un ostacolo. È rappresentato dal fatto che a settembre il Parlamento britannico ha votato una legge che impegna il Governo a non uscire dall'Ue senza un accordo. Johnson, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, sembra non tenerne conto. Le opposizioni, però, la pensano diversamente.

A tale scopo, si sono rivolte ad un tribunale scozzese per chiedere se, nel caso il premier non si opponga ad una uscita dall'Ue senza un accordo, ci siano le condizioni per chiederne l'arresto!

Del parere è stata investita la Court of Session - che già aveva sentenziato illegittima la proroga del Parlamento chiesta da Johnson alla regina - su richiesta di Dale Vince, imprenditore che opera nella green economy, dell'avvocato Jo Maugham e della parlamentare dell'SNP Joanna Cherry. Il giudice incaricato, Lord Pentland, si esprimerà sul caso il prossimo lunedì.

Successivamente alcuni dei giudici della Inner House, la Corte di Appello della Court of Session, dovranno anche valutare se il tribunale possa essere legalmente autorizzato ad usare il suo potere di "nobile officium" per firmare una richiesta di proroga della Brexit ai leader europei, nel caso Johnson si rifiuti di farlo.

Joahnna Cherry, intervistata dalla BBC, ha dichiarato che l'azione legale sopra descritta non è stata intentata per il timore di una scappatoia al Benn Act (la legge che impedisce l'uscita del Regno Unito dall'Ue senza un accordo), ma "perché abbiamo a che fare con un primo ministro britannico che si vanta di non obbedire alla legge e che è abituato ad agire illegalmente".

 

Aggiornamento.

Nel corso dell'udienza alla Court of Session il Governo ha presentato un documento nel quale si conferma che Boris Johnson invierà all'UE una richiesta ufficiale per chiedere una dilazione alla data di scadenza sulla Brexit nel caso non venisse raggiunto alcun accordo entro il 19 ottobre.

Successivamente, una fonte di Downing street ha dichiarato che il governo rispetterà sì il Benn Act, ribadendo però - sempre secondo la stessa fonte - che la legge ha comunque diverse possibilità di essere interpretata, aggiungendo, inoltre, che la legge non impedirebbe al governo di intraprendere altre iniziative che evitino di posticipare la data del 31 ottobre.