Nessuno vuole più farlo. I ristoratori sono alla perenne ricerca di personale qualificato, con grosse difficolta, non riuscendo più a soddisfare le proprie esigenze organizzative, costretti anche a ridurre il numero dei coperti. 

 Ma esiste ancora il cameriere? 

 Quello con la divisa perfettamente pulita e stirata, quello che sa consigliarti un piatto, quello che quando chiedi informazioni sul piatto riesce a esaudire la tua curiosità senza dirti chiedo allo chef, quello che sa consigliarti il vino e sa aprire la bottiglia nel modo corretto? 

No. Oggi nella maggior parte dei casi ti serve "un porta piatti", una persona che senza quella minima cultura enogastronomica necessaria per rendere il suo lavoro diverso, senza passione, trasporta il piatto dalla cucina alla sala. E allora per quale motivo un giovane dovrebbe fare un lavoro così ripetitivo, spesso senza rispetto da parte del cliente, senza soddisfazioni, senza gratificazioni, solo per uno stipendio non elevato per ricevere magari neanche un grazie da chi ha ricevuto il suo servizio?

Anche i pochi ragazzi che escono dai corsi di sala dalle scuole alberghiere spesso non trovano in provincia le condizioni organizzative per un lavoro dignitoso che li accompagni nella crescita personale e professionale, che li motivi, che li faccia partecipi di un progetto di accoglienza turistica necessario in una provincia che vuole promuovere il proprio territorio. E dopo un periodo di "porta piatti", con lavoro quotidiano frammentato in turni che li tengono "occupati" per 12/14 ore, senza mai una turnazione di riposo il sabato e la domenica, preferiscono andare in Svizzera o cambiare lavoro.

Ma se crediamo che la provincia di Sondrio possa veramente crescere ancora dal punto di vista turistico, se crediamo che le Olimpiadi del 2026 siano un evento strategico per il nostro territorio, dobbiamo creare le condizioni perché la ristorazione possa avere personale qualificato, uscendo dalla logica dell'improvvisazione e del ripiego. Dobbiamo pensare ad una nuova organizzazione del lavoro. Dobbiamo ridare dignità ad una professione importante per il turismo. Il cameriere deve diventare un divulgatore del nostro territorio, della nostra enogastronomia. E se le scuole alberghiere riescono sempre meno ad attirare l'attenzione degli adolescenti, dobbiamo pensare ad una nuova forma di formazione che esca dalla logica del obbligo scolastico, una formazione continua che rimotivi gli attuali addetti e soprattutto che formi con corsi brevi altri giovani e non disposti ad essere protagonisti della promozione dell'enogastronomia della nostra provincia attraverso la ristorazione.  

Una vita tra i tavoli

Un'occasione particolare di quando era ancora bambino, un matrimonio, l'entrare in un ristorante, un bel ristorante e lasciarsi affascinare dall'eleganza, della preparazione della tavola. Un'arte che poi imparerà a definire con un termine francese: mise en plance. Tovaglie, tovaglioli, addobbi floreali, sei posate e 3 bicchieri perfettamente allineati secondo una logica che non conosceva.

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