«Chi viene eletto ha una grande responsabilità e deve sentire fino in fondo il senso dell'incarico che ricopre, al servizio dei cittadini e della comunità. Un errore commesso da alcuni parlamentari non deve comunque intaccare la credibilità e la solidità delle istituzioni».

Questo è quanto ha detto ieri il presidente della Camera, Roberto Fico, in relazione alla vicenda del bonus da 600 euro richiesto, ed anche ottenuto, da cinque parlamentari. Una vicenda, quella del bonus per l'emergenza Covid, che rischia di trasformarsi anche in una sorta di forca mediatica per i responsabili che, d'improvviso, sembrano essere diventati il simbolo di tutti i mali d'Italia e da cui gli stessi partiti di appartenenza adesso vogliono prendere le distanze, anche se sono proprio quei partiti i principali responsabili di quanto accaduto.

A ben riflettere, la vicenda bonus è la conseguenza del populismo introdotto in Italia da Silvio Berlusconi dopo "mani pulite" e delle leggi elettorali di volta in volta "inventate" - con un'unica eccezione - da una classe politica attenta a tutto pur di tutelare se stessa, in barba alla rappresentatività e alla democrazia.

Dopo mani pulite i partiti italiani non avevano più credibilità. Ha approfittato della situazione Silvio Berlusconi che, messi i panni del pifferaio di Hamelin, ha fatto credere agli italiani che sarebbe stato in grado di governare il Paese con decoro, dignità e politiche in grado di dare un nuovo impulso all'economia. 

In realtà, come per ogni populista, gli interessi di Berlusconi erano diversi. Il suo esempio, però, ha seminato frutti che altri hanno raccolto. Berlusconi, per di più, oltre a sdoganare il populismo ha anche sdoganato i post-fascisti. Così oggi ci ritroviamo populisti di destra e di sinistra (a loro dire) che si promuovono a capo di forze politiche la cui finalità è esclusivamente quella di amplificare la propaganda del capo.

Così è per la Lega di Salvini, per Fratelli d'Italia di Meloni, per Italia Viva di Renzi... Questi partiti, di fatto, esistono esclusivamente in funzione dei loro leader. Lo stesso vale per i 5 Stelle, anche se Di Maio adesso è caduto in disgrazia. Chi vota per quei partiti, in realtà, esprime una preferenza per il leader che li rappresenta che, ovviamente, è ben cosciente del suo ruolo di... pifferaio magico.

E dato che compito di ogni buon pifferaio magico è quello di sedurre chi lo ascolta, i populisti utilizzano gli argomenti che meglio di altri ritengono essere più adatti ad allargare il consenso: quello degli immigrati responsabili dei mali d'Italia è uno dei pezzi forti di Salvini.

Il populismo si è impadronito del Paese e i populisti promuovono se stessi ricorrendo ad argomenti farlocchi e utilizzando leggi elettorali che possano portare in Parlamento dei "soldati" dediti all'ubbidienza, pronti a votare in base alle indicazioni del capogruppo, a suo volta istruito dal leader.

Quei parlamentari non devono rispondere a degli elettori, perché i collegi in cui sono stati eletti non sono esclusivi e, molto probabilmente, sono collegi in cui quel parlamentare si sarà recato, ben che vada, una volta o due in tutta la sua vita.

Pertanto, che cosa importa a Tizio, Caio o Sempronio di tentare di mettersi in tasca anche 600 euro in più, sapendo benissimo che quei soldi sono destinati a chi ne ha veramente bisogno e non a chi guadagna 12mila euro netti al mese più bonus? 

Infatti, i parlamentari oggi non devono rendere conto al loro collegio e a quello non devono rivolgersi per conservare il seggio per la prossima legislatura. Per essere rieletti, infatti, quei parlamentari devono solo ubbidire al populista che guida il partito. 

Voi pensate che i cinque che hanno richiesto il bonus da 600 euro lo avrebbero fatto sapendo di doversi presentare alle prossime elezioni in un collegio uninominale... vero, non quello farlocco di Rosato?

La risposta è no e questo ci porta al prossimo referendum confermativo per approvare la riforma costituzionale pretesa dai 5 Stelle, che vuole mantenere Camera e Senato riducendo però il numero dei parlamentari.

A quel referendum sarebbe sbagliato votare sì, perché se vogliamo rendere l'Italia un Paese normale non possiamo avere due camere diluendone i collegi. Se l'intento è il risparmio, una Camera è più che sufficiente, con parlamentari eletti in 630 collegi uninominali che, in tal modo, risponderanno con il loro operato direttamente agli elettori del collegio di appartenenza. 

Renzi vuole ribaltare la Costituzione istituendo il Sindaco d'Italia (il presidente del Consiglio eletto dal popolo). Con i collegi uninominali di sindaci ne avrebbe invece 630, ognuno interessatissimo a che le promesse fatte ai suoi elettori vengano mantenute, attentissimo a non richiedere bonus di cui non ha assolutamente necessità.

Ma queste semplici considerazioni gli arruffapopoli di turno si guardano bene dal farle ai loro elettori, perché da una parte dovrebbero rinunciare ai loro bravi soldatini, dall'altra dovrebbero addirittura pensare a promuovere politiche utili al Paese e non a sparare ... inutili stupidaggini.