«Il Popolo della Famiglia voterà no al referendum e speriamo che le nostre decine di migliaia di voti possano essere determinanti, ma non è il 2 ottobre il giorno del giudizio. Il Popolo della Famiglia lavorerà alla costruzione consolidata di un soggetto politico che ha nei principi non negoziabili la sua ragione d'essere, per far da diga all'ondata maligna che la prossima legislatura parlamentare rischia di far abbattere sull'Italia.»

Questa è la conclusione dell'analisa politica di Mario Adinolfi dopo il commento al voto delle amministrative 2016 che vedeva il suo partito, Il Popolo della Famiglia, al debutto sulla scena politica.

Questi i voti ottenuti dal PdF nelle urne del 6 giugno:

Mario Adinolfi (Roma): 7.791
Nicolò Mardegan (Milano): 6.018
Mirko De Carli (Bologna): 2.076
Vitantonio Colucci (Torino): 2.032
Luigi Mercogliano (Napoli): 1.489
Raffaele Adinolfi (Salerno): 1.304
Ada Addolorata Di Campi (Rimini): 1.044
Gian Carlo Paracchini (Novara): 977
Alberto Agus (Cagliari): 945
Claudio Iacono (Assisi): 254
Damiano Cattarin (Villorba): 153

Secondo Adinolfi, il dato del suo partito, a livello nazionale, si attesterebbe intorno all'1%.
Come conseguenza, sui social non sono mancate le battute a cui Adinolfi ha risposto in tono quasi epico: «Sfottò e ironie varie ci tempreranno, in battaglia non può andare chi non è capace di sopportare nemmeno qualche presa in giro o la prosecuzione dei tentativi di delegittimazione che arrivano dai soliti noti. Per questo sui social ho lasciato che tutti gli atterriti potessero venissero a sfogarsi, non ho toccato una riga, che tutti leggano il pubblico ludibrio a cui siamo sottoposti. Frizzi e lazzi sono facili da sopportare per chi ha chiara in testa la portata della battaglia a cui è chiamato a dare il suo contribuito».

Ad Adinolfi, il risultato non è sembrato negativo, specialmente dal punto di vista di una prospettiva politica per i cattolici: «In questo senso, l'esordio in poche settimane del Popolo della Famiglia, capace di raccogliere un uno per cento nazionale presentandosi in tutta Italia come unica formazione che organicamente in queste amministrative ha scelto di essere presente con proprie insegne in tutte le città provenendo dal ceppo della mobilitazione per il Family Day, è la sola novità del panorama».


Per questo, Mario Adinolfi, sabato 11 giugno, invita tutti coloro che sono interessati all'assemblea nazionale del Popolo della Famiglia che si terrà alle ore 15 al Centro Congressi Cavour in via Cavour 50a. All'ordine del giorno, «le decisioni da assumere sui ballottaggi e la strutturazione del movimento sul territorio in vista delle probabili elezioni politiche del 2017.
Lì ci conteremo sul serio - aggiunge Adinolfi, abbandonando per qualche istante il tono ecumenico - e i frizzi e i lazzi di queste ore si strozzeranno in gola ai molti pagliacci che non hanno capito di quanta tenacia siamo stati dotati da Nostro Signore».

L'iniziativa del PdF ha fatto però storcere il naso anche al mondo cui Adinolfi si rivolge. Non tanto per i contenuti, quanto nel metodo. Così scrive la Nuova Bussola Quotidiana: «Quando dopo l’approvazione della legge Cirinnà, Adinolfi fece la sua fuga staccando il gruppo e lanciando il Popolo della famiglia, in tanti gli espressero il dubbio che un partito monotematico su temi centrali, come quelli appunto della famiglia e della vita, fosse destinato a risultato da prefisso telefonico.

Anche questo giornale lo ha fatto notare, ma la reazione di Adinolfi è stata scomposta e sguaiata, nella pretesa che soltanto lui avesse il potere di ergersi a paladino dei temi che stanno a cuore ai cattolici, come ad esempio i principi non negoziabili. E chi non era d’accordo, nel merito o nel metodo, ha ricevuto l’appellativo di cameriere di chissà quale potere o si è visto piombare addosso l'accusa di chi vuole dividere, perifrasi che torna sempre utile quando non si sa come reagire alle critiche».