La posizione del gommone in difficoltà è sconosciuta e i libici, ai quali l'MRCC di Roma riconosce il coordinamento, continuano a essere irraggiungibili.

Questo è quanto ha dichiarato il capo missione di Sea-Watch, quando ha cercato di ottenere informazioni, evidentemente senza successo, riguardo ad una nuova imbarcazione in difficoltà al largo delle coste libiche. Così la nave dell'Ong è andata di nuovo verso quella zona di mare alla sua ricerca.

Una notizia accolta comunque positivamente dai 32 naufraghi a bordo della Sea-Watch 3, che sono fuggiti dall'inferno libico ma che hanno applaudito all'iniziativa, dicendo "siamo felici se aiutate i nostri fratelli e le nostre sorelle".

Sono 6 giorni che i naufraghi della Sea-Watch attendono che venga indicato loro un porto: "è assurdo e crudele che questo accada alle porte dell'Europa". Sono cinque (Italia, Malta, Spagna, Paesi Bassi e Germania) i Paesi che al momento si sono rifiutati di assumersi la responsabilità del soccorso.

«A pochi giorni dalla pubblicazione del rapporto Onu che riporta "orrori indicibili in Libia", i governi europei continuano imperterriti a sostenere un sistema che prevede il rientro forzato proprio in Libia delle persone soccorse - ha dichiarato Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch in Italia. - A Natale spicca in maniera ancora più forte la lucida mancanza di umanità degli stati membri.

Come rappresentanti della società civile in mare, ci opponiamo strenuamente a questa costante violazione del diritto internazionale e negazione del diritto alla vita, e per questo veniamo lasciati con le persone soccorse in mare aperto a dicembre.

Abbiamo comunque festeggiato il Natale, con 17 diverse nazionalità a bordo e 3 diverse religioni. Il nostro regalo di Natale agli ospiti a bordo è stato informare i loro parenti uno a uno, da terra, del fatto che i loro cari fossero vivi.

Noi proteggiamo le persone, i nostri governi, cosa proteggono?»