Di me e delle mie poesie dicono questo:

"Nella lettura delle poesie di Alessandro Lugli ci si perde nelle manifestazioni della vita, sofferte e faticose, nelle molteplici diramazioni con cui fare i conti e nelle contraddizioni ed inquietudini, con estrema facilità, fino, a volte, all’amara consapevolezza, altre volte, ad una coraggiosa accettazione dell’arduo cammino che si deve fare.

Nella sua poesia si ritrova ciò che fa parte della condizione esistenziale: gli stati d’animo, le riflessioni e le considerazioni, le illusioni e le delusioni, il bisogno d’amore e di sentirsi amato, il conflitto con il mondo esterno e i dissidi interiori: in definitiva, tutto è reso con spontaneità e con genuinità.

La poesia di Alessandro Lugli infatti nasce dal cuore, da un impulso insopprimibile di condividere l’universo di emozioni e visioni quasi a tendere ad una accettazione del proprio sentire, per essere compreso.

Alessandro Lugli sa benissimo che deve fare i conti con la vita, con il faticoso e sofferto cammino in un mondo che non offre aiuto ma, sovente, si rivela ostile nei suoi confronti: ecco perché si sente estraneo ad un sistema che tende a soffocare, a togliere la “libertà”, a non concedere l’occasione giusta. La sua forza è resistere, il desiderio d’amore è intenso, la speranza viene disperatamente tenuta viva, e v’è la continua attenzione a non far svanire anche l’ultimo sogno, a fare in modo che non si infranga anche l’ultima aspettativa.

“Oltre la siepe della mia malinconia” vede una vita sempre uguale eppure deve affrontare la realtà, che porta con sé “le cose già fatte” e “le cose già dette”, cercando di essere sempre se stesso, con coraggio.

La rabbia nei confronti del mondo viene espressa crudamente e si percepisce la volontà di gettarsi nella lotta, pur sbagliando ma sempre lottando.

Alessandro Lugli si mette a nudo con il cuore e con le parole, affronta la realtà amara della difficile condizione in cui vive, osserva le zone depresse e degradate davanti ai suoi occhi, ed emerge, infine, la consapevolezza che i sogni aiutano a vivere, anche quando il cuore si trova in un deserto.

La voglia di essere felice emerge chiaramente dalle sue parole, oltre ad una sommessa richiesta di un’opportunità, di una occasione per mutare il corso degli eventi, per rivendicare un suo diritto, per un riscatto sociale fortemente sentito.

E mai dimentica di ascoltare sempre il proprio cuore, vivendo ciò che poi racconta con le sue poesie, camminando per le strade, alimentando la sua passione fino ad infiammare il cuore per ricominciare a vivere, abbandonando tutto ciò che è negativo.

Le poesie di Alessandro Lugli sono pervase da una latente sensazione di solitudine che pare attanagliare il corpo e ancor più tenacemente pare insidiare la sua mente. Egli si vede, fisicamente solo, nelle quattro mura della sua stanza e sente la necessità di aver qualcuno che possa o voglia offrirgli un valido aiuto anche solo per un giorno: semplice comparsa in un mondo dove tutti alzano la voce per imporre il proprio volere e sullo sfondo uno scenario di arroganti e prepotenti che non può riservare un posto per chi si nasconde per non attaccare.

Ancor più velenoso è quel sottile male di vivere che porta con sé la mancanza d’un amore autentico, l’indifferenza degli altri, la folla inutile che non offre nessuna speranza.

Ecco allora che la sua voce è fuori dal coro, voce stonata di un mendicante senza niente: solo, dolente, inerme. Uomo vagante in una vita amara alla ricerca di una identità mette in mostra candidamente ciò che nasconde dentro e lo fa senza remore o infingimenti.

Nelle poesie di Alessandro Lugli, a metà tra testimonianze e confessioni, non si devono di certo cercare classiche reminiscenze o quant’altro ma solo le sensazioni e le inquietudini di chi, giorno dopo giorno, affronta la fatica di vivere.

La sua spontaneità è cristallina e ne esce l’uomo: quello autentico e fragile, ingiustamente rifiutato, che si sente un perdente, senza il coraggio necessario per affrontare le difficoltà e per lottare quotidianamente in questa vita densa di insidie.

È difficile vivere con il freddo dentro il cuore e con la sensazione che tutti i sogni sono ormai infranti perchè ci si trova a convivere solo con la tristezza e la paura che, a poco a poco, si impossessano di ogni istante della vita e soffocano anche il più labile spiraglio di speranza: alla fine rimane solo il silenzio di chi la sofferenza se la porta dentro.

Indubbiamente le cicatrici della vita lasciano a volte segni profondi ed indelebili ma anche un’ “anima morta” può trovare l’ultimo residuo di speranza, ormai inaspettato, e riportare alla luce il coraggio di resistere e di credere, ancora una volta fiduciosi, nell’ultimo sogno concesso.
La via salvifica appare come visione al primo sole di primavera ed ecco allora che scrivendo poesie si può tornare alla “gioia di vivere” per sperare che qualcosa cambi in meglio in questa fottuta vita".

Dietro la nostalgia malinconica di occasioni perse, esperienze mai vissute, dolori personali tutt'altro che vincibili, quello che Alessandro Lugli - profeta di una poesia che perfora prima il cuore che l'occhio che legge - trasmette (è un dato di fatto, non una "volontà", perché Alessandro emana senso, non indulgendo a sterile autopropaganda) è, in realtà, un messaggio di inesauribile slancio alla vita, come solo può venire da "sopravvissuti", come noi, che non cercano rivincite, non rimestano nel torbido calderone di vendette, rimpianti, rimorsi, ma, dietro dolenti ricordi, sentono di aver già "superato", conducendo per mano il lettore attraverso la "luce di dentro", quella che, se c'è, non si spegne mai, e nemmeno affievolisce nel sussurro, a volte assordante, di mille "avrei voluto".