"La presente legge, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge."

Così inizia il ddl n 2801, in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, che giovedì 14 dicembre è stato approvato in via definitiva nell'aula del Senato, con 180 voti favorevoli, 71 contrari e 6 astenuti. Si tratta della legge sul testamento biologico che , a partire dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, consentirà ad un malato il diritto costituzionale di sospendere le cure, anche attraverso il cosiddetto testamento biologico.

Una banalità, vien da dire... eppure, in Italia, per un malato non era consentito morire dignitosamente ponendo fine a sofferenze che non avevano alcun senso se non quello di prolungarne inutilmente l'agonia. Basta andare indietro con la memoria e ripercorrere le vicende di Piero Welby, Beppino Englaro, Giovanni Nuvoli, Paolo Ravasin, Max Fanelli, Dominique Velati, Walter Piludu, Davide Trentini, Fabiano Antoniani... che in Italia sono diventate veri e propri casi nazionali.

Con l'attuale legge, un paziente può rifiutare i trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza. Il medico, dopo aver ricordato al paziente che le conseguenze della sua scelta gli saranno fatali, ricorrerà a sostenerlo con cure, tipo sedazione, che possano alleviarne le ulteriori sofferenze fino alla sua morte naturale.

E per chi non fosse in grado di prendere tale decisione autonomamente, adesso varranno le DAT, disposizioni anticipate di trattamento, tramite cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futuro impedimento, potrà esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, indicando una persona di fiducia che ne rappresenti le scelte di fronte al medico.

Questa nuova legge, quindi, non ha niente a che fare con l'eutanasia. Ma nonostante ciò e nonostante lo stesso Pontefice avesse dato recentemente il proprio placet alla possibilità, da parte di un paziente, di rifiutare cure ormai inutili, alla Chiesa italiana questa legge non piace. A prima vista sembrerebbe inspiegabile il motivo di tale posizione, ma diventa subito chiaro se si pensa che la nuova legge possa essere interpretata come il primo passo per aprire in futuro all'eutanasia.

Così, da una parte la Cei parla di "malati, non mercato", citando lo stesso Bergoglio che adesso, per i vescovi italiani, dovrebbe essere ritornato sui propri passi rispetto a poche settimane fa: "Il servizio della Chiesa ai malati e a coloro che se ne prendono cura deve continuare con sempre rinnovato vigore, in fedeltà al mandato del Signore e seguendo l’esempio molto eloquente del suo Fondatore e Maestro."

Dall'altra, le associazioni pro eutanasia come quella intitolata a Luca Coscioni, che parlano già di un nuovo obbiettivo per la prossima legislatura: "Consentire libertà di scelta anche a quei malati che - pur sottoposti a sofferenze insopportabili e malattie irreversibili - non sono attaccati a una macchina e non hanno terapie vitali da poter sospendere. Per loro, l’unica possibilità di interrompere una condizione di tortura è quella della legalizzazione dell’eutanasia. Ci batteremo perciò per l’approvazione della nostra legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, depositata 4 anni e mezzo fa e mai discussa dal Parlamento."

Posizioni ovviamente agli antipodi e inconciliabili. Per fortuna, rimane però questa via di mezzo rappresentata dalla legge 2801 che, seppur con molto ritardo, riconsegna all'Italia un po' della civiltà cancellando un po' dell'arretratezza che la contraddistingue rispetto ad altri Paesi, anche in materia di diritti civili.