L’Emilia è una grande terra di vini, soprattutto frizzanti, al vertice, non solo quantitativo dei quali c’è il Lambrusco, circa la metà del quale viene esportata.

Tuttavia spesso si tende a sottovalutare la qualità di questo vino, forse perché un tempo di produzione molto massificata; da parecchi anni però la qualità delle produzioni si è notevolmente alzata, fino a raggiungere delle vere vette qualitative con delle varianti “alternative” alla consueta rifermentazione in autoclave, vale a dire Metodo Classico e Ancestrale., il metodo tradizionale con cui questo vino veniva fatto fermentare, grazie ai lieviti, sulle bucce, e poi veniva imbottigliato senza che gli zuccheri fermentassero completamente. Ciò favoriva un processo di fermentazione spontanea, al termine della stagione invernale: questa tecnica rendeva naturalmente il vino frizzante. 

Le potenzialità di mercato, in Italia e all’estero di questo vino e dei fratelli della stessa zona d’ Emilia (le provincie di Reggio, Modena e Bologna) sono assai promettenti, ma forse fin ora sono state un po’ frenate dal frazionamento dei vari Consorzi di Tutela e cioè: il “Consorzio Tutela del

Lambrusco di Modena”, il “Consorzio per la Tutela e la Promozione dei Vini DOP Reggiano e Colli di Scandiano e Canossa” e il “Consorzio di Tutela Vini del Reno D.O.C.”

Finalmente è stato creato un organismo unificato: il Consorzio Tutela Lambrusco, operativo dal 1° gennaio del 2021, che fonde i tre precedenti Enti consortili, e rappresenta 70 produttori e otto denominazioni tra Modena e Reggio Emilia: Lambrusco di Modena DOC, Lambrusco di Sorbara DOC, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC, Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC,

Reggiano DOC, Colli di Scandiano e di Canossa DOC, oltre a Reno DOC e Bianco di Castelfranco Emilia IGT, per un totale di circa 16.600 ettari vitati e una produzione che, nel 2020, ha superato del 3% i 42 milioni di bottiglie di Lambrusco DOC del 2019.

Questo nuovo Ente ha assunto un simbolo assai significativo: una tavolozza da pittore, a sottolineare i diversi colori dei vini emiliani, che accompagnano le varie sfumature di sapore. Si va infatti dal colore rosso rubino intenso del Lambrusco Grasparossa al Rosato del Sorbara ai bianchi come Colli di Scandiano, Montuni e Pignoletto.


Ci auguriamo dunque che il nuovo Consorzio segua la virtuosa politica di ricerca della qualità dei precedenti organismi ed, avendo più forza organizzativa, riesca a dare a questi vini la fama che meritano, assieme alla Cucina Regionale Emiliana giustamente apprezzata in tutto il mondo.

Gianluigi Pagano