"Cronaca di una settimana in un monastero buddhista. I miei ricordi" di Davide Riccardo Romano, giornalista
Era un viaggio nel silenzio, una settimana trascorsa nel cuore di un monastero buddhista, lontano dal frastuono del mondo. Le montagne circostanti, maestose e serene, sembravano abbracciare il monastero con una quieta solennità, creando un rifugio di pace e contemplazione.
Giorno 1: L'arrivo
Il mio arrivo fu accolto dal suono delicato di una campana, un richiamo che sembrava provenire da un altro tempo. Varcando la soglia del monastero, sentii immediatamente il peso del mondo alleggerirsi dalle mie spalle. I monaci, con i loro abiti safranati, si muovevano con una grazia serena, incarnando la quiete che cercavo. La giornata si concluse con una meditazione al tramonto, il cielo tingendosi di sfumature dorate mentre il mio spirito iniziava a trovare un nuovo ritmo.
Giorno 2: L'alba della consapevolezza
La seconda mattina iniziò prima dell’alba, con il suono gentile del gong che risuonava attraverso i corridoi. La meditazione all’alba, seduti su stuoie di paglia, ci invitava a trovare la pace nel respiro, a lasciare andare i pensieri come foglie nel vento. Il silenzio era profondo, rotto solo dal canto degli uccelli che salutavano il nuovo giorno. La colazione, semplice e frugale, era un rito di gratitudine, ogni boccone un atto di consapevolezza.
Giorno 3: Il lavoro come meditazione
Il terzo giorno portò con sé la pratica del "samu," il lavoro come meditazione. Giardinaggio, pulizia, preparazione dei pasti—ogni attività era svolta in silenzio, con piena attenzione. Ricordo le mie mani nella terra, sentendo il fresco umido e il profumo della natura. Ogni gesto era un invito a vivere nel presente, a trovare la sacralità nell’ordinario. La giornata passò in un flusso di attività silenziose, un inno alla semplicità.
Giorno 4: Incontro con il maestro
Il quarto giorno, incontrai il maestro del monastero, un anziano monaco dal viso segnato dal tempo e dagli anni di pratica. Le sue parole erano poche, ma profonde. Parlò della sofferenza e della liberazione, della necessità di accettare il cambiamento e di trovare la serenità dentro di sé. Le sue parole erano come un balsamo per l’anima, una guida luminosa nel cammino interiore.
Giorno 5: La cerimonia del té
Il quinto giorno partecipai alla cerimonia del tè, un rito di bellezza e calma. Ogni movimento, ogni gesto, era un atto di devozione. Le tazze di ceramica, delicate e perfette, riflettevano la luce delle candele, e il tè caldo emanava un profumo di serenità. La cerimonia era un'opera d’arte vivente, un momento di pura presenza che insegnava il valore della lentezza e della consapevolezza.
Giorno 6: Passeggiata meditativa
Il sesto giorno, camminammo nel bosco, una passeggiata meditativa che ci portò attraverso sentieri ombrosi e radure soleggiate. Il suono delle foglie sotto i piedi, il canto lontano di un ruscello, il fruscio del vento tra i rami—ogni suono era un invito alla contemplazione. La natura parlava una lingua silenziosa, rivelando la sua bellezza a chi sapeva ascoltare. Ogni passo era una meditazione in movimento, un viaggio verso l’interno.
Giorno 7: L'addio
L’ultimo giorno arrivò con un senso di gratitudine e di lieve tristezza. La settimana nel monastero era stata un balsamo per l’anima, un ritorno alla semplicità e alla consapevolezza. L'ultima meditazione, sotto il cielo azzurro del mattino, era un saluto e un nuovo inizio. Le parole di addio erano poche, ma i sorrisi e gli sguardi dei monaci dicevano tutto. Lasciai il monastero con il cuore leggero, portando con me la pace trovata in quei giorni di silenzio e contemplazione.
Quella settimana in un monastero buddhista rimane un ricordo vivido e prezioso, un tempo di rinascita spirituale che continua a illuminare il mio cammino.