C'è un fatto che, bene o male che sia, è decisivo nella vita pubblica europea dell'ora presente. Questo fatto è l'avvento delle masse al pieno potere sociale. E poiché le masse, per definizione, non devono né possono dirigere la propria esistenza, né tanto meno governare la società, questo significa che l'Europa soffre attualmente la più grave crisi che popoli, nazioni e culture possano patire.

 Questa crisi si è verificata più d'una volta nella storia. La sua fisionomia e le sue conseguenze sono note. Se ne conosce anche il nome. Si chiama la ribellione delle masse." 

Ha da poco compiuto ottant'anni il libro più noto di Ortega y Gasset, "La ribellione delle masse", un titolo che ha lasciato  e che ahimé rischia oggi di lasciare, nel particolare momento storico che stiamo vivendo, lunga traccia di sé .

In questi giorni, infatti ,in alcune parti del mondo - ha detto Papa Francesco nella preghiera che la sera del 27 marzo - anticipo del Venerdì Santo -  ha celebrato in una Piazza San Pietro vuota e sprofondata in un silenzio irreale,   - si sono evidenziate alcune conseguenze della pandemia. Una di queste è la fame. Si comincia a vedere gente che ha fame perché non può lavorare, perché non aveva un lavoro fisso e per tante circostanze. Si comincia già a vedere il dopo, quello che avverrà più tardi, ma incomincia adesso.

E' il prologo di un pericolo, quello della rivolta del pane, che torna a far capolino, dall'altro capo dello Stivale e mezzo millennio più tardi, sorprendente e anacronistica in un Paese in recessione e adagiato nel benessere. 
    

Scritta più di 80 anni fa, “La ribellione delle masse” rimane un’opera in molte parti ancora attualissima, nella sua natura in parte di analisi e in parte di esortazione ai popoli europei.

Tanto più ora, in questi tempi di affermazione delle istanze populistiche e loro legittimazione come vera natura della democrazia, la volontà del popolo, appunto. 

Ortega y Gasset smonta questo assunto e parla di iperdemocrazia quando il popolo, invece di affidarsi ad élite elette, ritiene di avere la capacità e le conoscenze per prendere decisioni politiche in nome dei propri supposti interessi.

 L’autore rileva che Il popolo, forte della propria ignoranza, si riconosce in un capo o in un partito che ne vellica desideri e bisogni. Viene così meno il ruolo nobile della borghesia e del senso del dovere.
Con un’espressione felice e che oggi assume toni sinistri, l’autore scrive “Adesso invece la massa ritiene di avere il diritto di imporre e dar vigore di legge ai suoi luoghi comuni da caffè.”.

 Oggi come  cent’anni fa:«Le masse avanzano», diceva, apocalittico, Hegel; 
«Senza un nuovo potere spirituale, la nostra epoca, che è un’epoca rivoluzionaria, produrrà una catastrofe», annunziava Augusto Comte; «Vedo salire la marea del nichilismo!», gridava da un angolo roccioso dell’Engadina il baffuto Nietzsche. 

Appare evidente che sia falso dire che la Storia non sia prevedibile. 
Innumerevoli volte è stata profetizzata. 

Se l’avvenire non offrisse un fianco alla profezia, non potrebbe nemmeno esser compreso allorché si compie e diventa passato.
 
Piuttosto , Walter Scheidel, professore di storia alla Stanford University in California, sostiene che esiste da sempre una unica grande forza che ha portato, nel corso della storia dell'umanità, al livellamento delle diseguaglianze economiche e sociali tra gli individui: le catastrofi. 
«Per ridurre le disparità, servono shock violenti» «Nel corso della storia, solo gli shock imponenti che hanno sconvolto l'ordine costituito, hanno avuto abbastanza forza per ridurre le disparità nei salari e nelle ricchezze», spiega il professore. 
In particolare, le cause di questa redistribuzione delle ricchezze, secondo la sua tesi, sono quattro: guerre che comportino la mobilitazione di masse ingenti, rivoluzioni violente e che portino a trasformazioni della struttura sociale, collassi di nazioni e epidemie catastrofiche. 
«I ricchi hanno più da perdere»
La fine delle entità statali ha comportato in genere sofferenze a tutta la popolazione coinvolta ma, secondo l'accademico di Stanford, i ricchi hanno avuto nella storia «semplicemente più da perdere», e questo fin dai tempi della dissoluzione dell'impero romano.
 L'effetto delle grandi epidemie è stato lo stesso ma per cause diverse: la decimazione delle popolazioni durante le grandi pandemie avvenute nella storia hanno portato a un aumento dei salari e a un crollo dei prezzi delle terre, con risultati perciò simili di rimescolamento sociale.

La provocatoria tesi sostenuta da Scheidel si spinge addirittura più avanti: il ricercatore sostiene l'incapacità delle moderne democrazie di diminuire, senza l'apporto di fattori esterni, l'ineguaglianza economica tra le persone. E perciò, sottolinea, «se la storia fornisce delle indicazioni, l'aumento delle diseguaglianze avvenuto fin dagli Anni Ottanta del secolo scorso non dovrebbe essere vista come una sorpresa».

E dunque da sempre la morte è ’a livella .

Ma individuare una colpa è cosa facile.E'fare meglio che potrebbe diventare difficile .

Certamente accade soltanto di potere anticipare la struttura generale del futuro.

Però esso stesso è l’unica cosa 
che, in verità, comprendiamo del passato e del presente. 

Perciò, chi voglia penetrare la propria epoca, la osservi da lontano.

 A che distanza? 

Molto semplice: alla distanza giusta che gl’impedisca di vedere il naso di Cleopatra.