Amo sollevare pesi e superare ogni volta i miei limiti, e non permetto che l’età (eh già!) mi metta i bastoni tra le ruote. A qualcosa ci si deve arrendere, certo; ma è d’importanza fondamentale non usare i propri anni come capro espiatorio per impigrirsi o, peggio ancora, mettersi a sedere. Io per esempio mi sono per ora arreso solo ai tempi di recupero. Sono un po’ più lunghetti, e se non rispettati mortificano le articolazioni. Poi ci si deve perdere tempo, perché occorre “rieducare” e alleggerire, e i tempi si allungano ancora di più. Quindi è meglio rispettare il giusto recupero.

Ma serve anche energia, quella dei nutrienti più variegati e corretti: proteine, carboidrati, zinco, calcio, ferro, vitamina D, Omega 3, e l’importante vitamina B12. In generale occorrenti in una dieta sana ed equilibrata a prescindere dall’età e dall’attività fisica.

Per gli onnivori è molto facile procurarsi tutto questo. E anche l’allegria – ci vuole anche quella – delle poderose grigliate carnivore, che seppur limitate a un paio di volte l’anno, fanno divorare di tutto innaffiati da litri di buon vino (la dott.ssa Viola non sarà molto d’accordo su questi “litri”, lo capisco...). Diciamo che si fa il pieno anche di grassi saturi, che se si è ben allenati e si continua a esserlo verranno velocemente annichiliti da un metabolismo evidentemente più veloce e reattivo. Anche la dannosissima acrilammide non dovrebbe averla vinta.

Ma a parte l’aspetto triviale delle grigliate, di cui possiamo fare anche a meno – ne soffrirei, ma capirei e giustificherei – va ribadito che la dieta onnivora rappresenta senz’altro il modo più facile, sicuro, economico ed etico, per procurarsi tutti i nutrienti che ci servono.

Anche etico? Beh, carne e prodotti animali effettivamente suscitano qualche dubbio etico.
Ne sto scrivendo perché nella mia famiglia si è acceso un bel dibattito sulla questione, e si parla anche di veganismo.

Non vi nascondo che una delle prime cosa che ho fatto è stata quella di capire come mi sarebbero stati garantiti i nutrienti necessari in un caso così estremo. E ho scoperto che esiste anche una persona, Massimo Brunaccioni, che da vegano è riuscito a conquistare il titolo mondiale di “Men’s Physique” (INBF e WNBF) di Natural Bodybuilding. Anche la moglie, Eleonora Ambroggi, l’anno prima ha conquistato da vegana lo stesso titolo. Atleti italiani di cui andar fieri, che evidentemente hanno anche un segreto di famiglia oltre all’essere vegani. Ma a parte le sorprese di atleti vegani di successo se ne trovano parecchi.

Dunque non dovrebbero esserci problemi usando opportuni integratori per i nutrienti presenti solo nella dieta animale, e avendo un buon portafoglio, perché purtroppo il cibo vegano – e oggi anche frutta e verdura in generale – è inspiegabilmente più caro di quello di origine animale.

Poi andrebbe meglio indagata la genetica, che è componente innata da non sottovalutare. Ma non per fare il guastafeste, ma per capire quanto questa possa incidere nell’agevolare o meno una scelta così radicale come quella di diventare vegani. Radicale, lo dico perché siamo sempre stati onnivori; gli enzimi digestivi (lipasi, amilasi e proteasi, ma la lipasi in particolare) si sono equilibrati e hanno imparato dalla nostra plurimillenaria dieta onnivora, con significativa componente carnivora. Si è anche dispersa nella vorticosa selezione di specie l’eventuale parentela con i gorilla erbivori e alcuni altri primati, poiché sono innumerevoli gli studi scientifici che hanno dimostrato l’aumento di gas intestinali per circa 3 volte il normale in chi osserva una dieta esclusivamente vegetale. Che a parte qualche “puzzetta” in più non è il male assoluto, ci mancherebbe. Ma giusto per capire.

Parrebbe quindi che l’unico vero ostacolo nel diventare vegani sia quello economico. Sarebbe già un motivo non indifferente per rimanere onnivori. Ma ritengo non sia nemmeno l’unico.

L’etica, ad esempio, mi sfugge.

Diversamente dal vegetarianismo, che punta a evitare l’allevamento ai fini nutrizionali umani, i vegani ritengono che anche l’allevamento ai fini dei prodotti animali (latte, uova, lana, etc.) sia contrario all’etica. Ma forse si vuol parlare di morale: una morale filosofica propria dei vegani. Questo poiché dal punto di vista etico è ben differente l’uccisione dell’animale con il suo maldestro sfruttamento: la prima non può essere evitata, e può giustificare il vegetarianismo; mentre la seconda dipende dall’uomo. Se l’animale che produce latte, uova, e via discorrendo, viene trattato in maniera corretta, non c’è motivo di privarsi dei suoi prodotti. E se così non è, l’etica vegana è (giustamente, per carità!) solo una morale di protesta.

C’è un altro aspetto purtroppo collaterale che impone una riflessione simile.
L’essere umano è malamente sfruttato nell’industria agricola di semina e raccolta. Il capolarato, i “boschettari”, la tratta di esseri umani e le baraccopoli, sono questioni ben note che hanno richiesto più volte l’intervento legislativo e l’inasprimento delle condotte penali rilevanti. Se, per nutrirmi, fossi costretto a scegliere tra lo sfruttamento animale e quello umano, è logico che sceglierei a malincuore il primo. Perlomeno finché non venisse risolto il secondo.

Infine abbiamo l’interesse ambientale ed economico.

La scelta vegana non appare immediatamente sostenibile. Richiede un tempo ancora molto difficile da ipotizzare, poiché il costo dell’agricoltura (soprattutto non biologica) in termini sia dell’incremento di sostanze chimiche per la coltivazione, e sia di emissioni per tali prodotti e per la sintesi di capi d’abbigliamento non naturali (perché vanno esclusi lana e pellami, quest’ultimi dei soli animali destinati anche all’alimentazione), supererebbe quello degli allevamenti intensivi. Questo in un’ottica di completa sostituzione – dall’oggi al domani – della dieta di tutti gli esseri umani su questa terra.

Sul fronte economico si avrebbe un simile problema nel dover rimpiazzare l’economia zootecnica di tutti i paesi del mondo, e in particolare quelli più poveri, che vivono esclusivamente grazie agli allevamenti di bestiame.

A mio parere, questi problemi etici reali superano quello morale (e non propriamente etico) che si pongono i vegani quando ritengono immorale anche il consumo di prodotti animali, e dunque non solo l’alimentazione da carni animali.

Se è vero che in medio stat virtus, allora oggi noi possiamo solo dirigerci verso un maggior consumo di vegetali, riducendo sicuramente e gradualmente al minimo il consumo di carni animali, e conseguire un duplice obiettivo: dare un segnale alla politica e al comparto industriale di allevamenti intensivi e senza regole, in modo da favorire una transizione a mio avviso inevitabile e destinata anche alla cosiddetta “carne vegetale” o “coltivata”; adattare il nostro organismo a tale graduale transizione, che nelle generazioni future potrà essere mano a mano più tollerante, non solo per particolare robustezza o tolleranza genetica ma per naturali processi evolutivi di adattamento.

Ritengo sia questa la direzione che potrà far rivedere anche i prezzi al consumo, i quali oggi purtroppo invogliamo molto più all’acquisto di carni e derivati, piuttosto che di vegetali e derivati. E le crisi energetiche ed economiche non aiutano di certo.

Ad ogni modo, e più di ogni altro mio scritto, tengo a precisare che queste particolari riflessioni sono ancora allo stadio di un pragmatico work in progress. Questa non è materia che possa esaurirsi in poche righe, e peraltro il contenuto assiomatico senza riferimenti bibiolgrafici è stato intenso per ragioni di spazio.

Take it easy, but seriously!



📸 base foto: congerdesign da Pixabay