Le incertezze su che cosa accadrà in relazione alla Brexit aumentano e tutte le ipotesi sembrano sul tavolo, tra smentite, si dice e dichiarazioni di indignazione rispetto a questa o quella possibile decisione, sia da parte di Theresa May che da parte delle opposizioni.

Fino a ieri le interpretazioni riguardanti la strategia della May, sulle cui proposte il Parlamento è chiamato a votare il 12 marzo, convergevano sul fatto che la premier stesse tergiversando adducendo come scusa possibili accordi con l'Europa, in modo da utilizzare la mancanza di tempo per qualsiasi soluzione alternativa come leva nei confronti del Parlamento per costringerlo così a votare il precedente accordo, magari corredato da qualche dichiarazione d'intenti in più da parte di Bruxelles, per evitare una "hard Brexit".

Le voci delle ultime ore, riportate da indiscrezioni giornalistiche, parlano di una dimissione quasi in massa dei ministri del Governo britannico nel caso che la May non dichiari ufficialmente di escludere una Brexit senza accordo. E la premier parrebbe intenzionata ad accettare, approfittando probabilmente del voto di mercoledì nel quale saranno sottoposte all'approvazione della Camera dei Comuni alcune mozioni già presentate, tra cui una che impegna il governo in tal senso.

Nelle prossime ore ne sapremo di più.

Ma se nella maggioranza è caos, le cose non vanno meglio neppure nel campo dell'opposizione. Infatti, conservatori e laburisti - i due principali schieramenti politici britannici - si sono confrontati con la Brexit senza schierarsi ufficialmente né a favore né contro. Dirigenti e iscritti si sono così divisi più o meno equamente sull'argomento.

Pertanto, adesso, il Labour Party è lacerato sulla proposta di votare o meno a favore di un altro referendum, un'eventualità che gode dell'appoggio di Corbyn, ma che vede contraria la parte del partito pro Brexit. Comunque, tra le mozioni su cui il Parlamento è chiamato ad esprimersi mercoledì, vi è proprio anche quella a favore di un possibile nuovo referendum.

Jeremy Corbyn sarebbe comunque favorevole anche ad una "soft Brexit", un'uscita senza accordo, ma con il Regno Unito all'interno dello spazio doganale dell'Ue.