Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, così come il portavoce del ministero della Difesa, Igor Konashenkov, questa mattina hanno annunciato il ritorno pianificato alle loro basi di alcuni dei reparti militari al confine dell'Ucraina, seguito della conclusione delle esercitazioni programmate che in Bielorussia termineranno il prossimo 20 febbraio.

Questo, mentre il parlamento russo ha approvato la richiesta del presidente Vladimir Putin di riconoscere come indipendenti le province di Luhansk e Donetsk nell'Ucraina orientale, autodichiaratesi repubbliche, in cui la Russia ha concesso la cittadinanza ad almeno 720mila persone a seguito dell'invasione iniziata nel 2014.

Il voto del Parlamento non è vincolante, ma se Putin approverà tale risoluzione, questo significherebbe la fine di qualsiasi processo di pace con l'Ucraina, oltretutto facendo carta straccia degli accordi di Minsk del 2014 e del 2015 che proponevano una soluzione della crisi del Donbass con le due province guidate dai ribelli che sarebbero rimaste parte dell'Ucraina,  mantenendo però uno status speciale di autonomia... sul cui significato, però, Kiev e Mosca non hanno finora raggiunto un accordo.

Il ministro degli Esteri Lavrov ha affermato che gli Usa e la Nato hanno dato una risposta positiva ad alcune delle richieste russe sulla sicurezza che erano state respinte per lungo tempo, senza però specificare quali, mentre la Briefing Room della Casa Bianca non ha diffuso alcuna nota in tal senso, così come il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che invece ha detto che "non ci sono segnali sul terreno che la Russia stia riducendo le truppe ai confini dell'Ucraina".

Lunedì, tra l'altro, la Cnn aveva rivelato che il premier ucraino, Volodymyr Zelensky, fosse stato informato che l'invasione russa sarebbe avvenuta mercoledì 16 febbraio. Un'indiscrezione che Zelensky non ha preso sottogamba tanto da invitare la popolazione ad esporre la bandiera ucraina e ad indossare coccarde con quei colori.

Se i media danno credito agli annunci di Mosca,  che ha iniziato pure una propaganda canzonatoria nei confronti delle potenze occidentali per aver creduto ad una invasione dell'Ucraina nonostante fosse sempre stata smentita dal Cremlino, le fonti di intelligence della Nato dicono di non aver registrato finora segnali concreti del ritiro di uomini e mezzi dai confini dell'Ucraina, pur ammettendo passi avanti per una soluzione diplomatica della crisi.

Soluzione diplomatica che vede in queste ore il cancelliere tedesco Olaf Scholz a colloquio con Putin, mentre - per quel che può valere, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è in missione a Kiev, senza però che la Farnesina abbia fatto sapere di più sull'argomento.

Nella conferenza stampa tenuta da Putin e Scholz a conclusione dell'incontro odierno sono stati riassunti i temi trattati dai due leader.

Putin ha detto che la Russia non vuole la guerra, ma non ha ancora ricevuto una risposta costruttiva alle proposte che aveva avanzato, precisando che il problema rappresentato dall'ingresso dell'Ucraina nella Nato debba essere risolto adesso e non rimandato al futuro, aggiungendo che Mosca è pronta anche a mettere sul piatto della sicurezza in Europa anche lo schieramento dei missili.

Scholz, da parte sua, ha detto di ritenere una minaccia incomprensibile il dispiegamento di militari e mezzi russi ai confini ucraini, chiedendo che vengano ritirati, aggiungendo che l'integrità territoriale dell'Ucraina è "non negoziabile".

Affrontando le preoccupazioni sul nuovo gasdotto Nord Stream 2 che dovrebbe raddoppiare l'afflusso di gas dalla Russia alla Germania, già da tempo completato ma non ancora operativo, Scholz ha dich9iaratgo che che il suo Paese è impegnato a garantire l'arrivo di gas in Europa, ma non ha mancato di rimarcare che una guerra in Ucraina avrebbe "conseguenze di vasta portata".

Quindi, che cosa sia cambiato nelle ultime ore rispetto a ieri in relazione alla crisi in Ucraina è, sinceramente, difficile comprenderlo.