Sulla vicenda di Fabiano Antoniani, più noto con il nome di dj Fabo, cieco e tetraplegico che dopo anni di terapie senza esito si è recato in Svizzera per ottenere la fine dignitosa delle proprie inutili sofferenze, non poteva mancare il non richiesto intervento del solito Avvenire che pur dicendosi "indipendente" non fa altro che rendersi portavoce dei vescovi italiani.

Al diffondersi della notizia dell'arrivo in Svizzera di Fabo, con tempismo e scatto da centometristi, il giornale vescovile ha spedito una giornalista a "raccogliere" l'appello di un altro malato in condizioni analoghe a quelle di Fabo, Matteo Nassigh, che gli lancia un appello a ripensarci!

Che l'appello sia veramente farina del sacco di Matteo e non invece frutto di qualche velato "consiglio" da parte della giornalista è più che lecito nutrire dubbi fondati. Ma lasciamo perdere.

Qui bisogna una volta per tutte parlarsi chiaro.

Non è in discussione quale sia la scelta migliore tra farsi aiutare a morire e voler rimanere non si sa fino a quando nelle atroci condizioni che ormai conosciamo tutti, ma è in discussione il diritto di uno dei due di sindacare la scelta dell'altro.

Visto che Fabo non si è nemmeno sognato di dire a Matteo: "Vieni con me, è sciocco voler rimanere senza speranza nelle tue/nostre condizioni", per quale motivo, che non sia di bassa macelleria ideologica, Matteo si deve permettere di dire a Fabo quello che dovrebbe fare? (Sempre ammesso che sia stato effettivamente Matteo a farlo).

Questo è il punto. Ognuno ha il diritto di scegliere per se stesso la soluzione che preferisce, ma non ha il diritto di giudicare o peggio condannare le scelte altrui!

Quindi torniamo al punto di partenza: perché i vescovi non si fanno finalmente gli affari loro?