La 500 e la 600 che hanno motorizzato l’Italia del boom economico. La 130 e la 128 rimaste in via Fani il 16 marzo 1978. La Campagnola che trasportava Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981. L’eterna Panda. La tristemente nota Uno bianca.

L’avvocato Agnelli con la sua ironia e il suo stile british. Ammirato per cultura ed eleganza. Uomo di potere. Colpito dalla tragica morte del nipote Giovanni Alberto e del figlio Edoardo. La morte di Giovanni Alberto Agnelli ha probabilmente segnato il destino del gruppo Fiat.

Indubbiamente la Fiat ha scritto molte pagine della Storia d’Italia. La Fiat è nella Storia d’Italia. Non sempre in maniera positiva.  Le lotte sindacali degli anni 70 per migliorare le condizioni di lavoro negli stabilimenti Fiat. Rivendicazioni contrastate dall’amministratore delegato Cesare Romiti. Contrasto che ha portato alla prima manifestazione antisindacale italiana. La marcia dei 40000 quadri Fiat a Torino il 14 ottobre 1980. Una vittoria per la strategia antisindacale di Romiti.

Le critiche alla Fiat non sono state solo di natura sindacale. Da sempre il gruppo torinese è stato criticato per aver ricevuto massicci finanziamenti pubblici. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, la Fiat dal 1977 al 2020 ha ricevuto aiuti pubblici per 7,6 miliardi di euro. Ne ha investiti 6,2 miliardi. Le cifre più consistenti sono state versate negli anni 80. Seguendo l’esempio di altri governi europei che hanno sostenuto le proprie case automobilistiche. Secondo altre fonti la Fiat ha ricevuto 220mila miliardi di lire in aiuti pubblici di varia natura.

Uno scandalo? La risposta non è così semplice. Lo Stato italiano è sempre intervenuto massicciamente nell’economia nazionale. Alla fine degli anni 80 lo Stato possedeva fabbriche di gelati, fabbriche di pomodori in scatola, acciaierie, la Sip, Alitalia.  L’elenco è lungo. Da far invidia ai  piani quinquennali sovietici. Le grandi aziende, ritenute strategiche, hanno sempre contato sul forte sostegno finanziario pubblico. Il nostro è stato un capitalismo con la rete di sicurezza pubblica.

Le commistioni tra politica e finanza sono una costante italiana. Il sostegno pubblico alla Fiat è coerente con questo scenario. Inoltre la Fiat è stata usata  dai vari Governi per realizzare la politica occupazionale italiana. Stabilimenti Fiat sono stati realizzati nel meridione. In zone dove nessun gruppo automobilistico europeo avrebbe investito.

Molte critiche ha ricevuto anche Sergio Marchionne. Alla guida dal 2004 di Fiat Auto prima e di Fca successivamente. Marchionne è stato accusato di aver peggiorato i contratti dei lavoratori, di aver chiuso stabilimenti, delocalizzato la produzione. Quando nel 2004 Marchionne arriva in Fiat, la situazione è delicata. Solo dal 2002 al 2004 la Fiat aveva avuto perdite per 7,7 miliardi di euro.  La casa torinese era in grave crisi dal 1995.

Marchionne alleggerisce la situazione debitoria convertendo i debiti con le banche in azioni. Migliora l’efficienza degli stabilimenti e migliora la qualità della produzione. Giulietta e Stelvio sono esempi del cambio di passo. Per dare una dimensione internazionale al gruppo viene acquisita la Crysler. Che porta in dote il marchio Jeep. Che sta avendo buoni risultati di vendite come ad esempio con il modello Renegade. Indubbiamente Sergio Marchionne ha ristrutturato e rilanciato il gruppo Fiat. Morto nel 2018, probabilmente è rimpianto anche dai suoi avversari.

Perché ora Fiat non esiste più. Ora abbiamo il gruppo Stellantis. Nato dalla fusione tra il gruppo francese PSA e Fiat Chrysler Automobiles. Stellantis ha avviato un profondo progetto di razionalizzazione. I sindacati italiani temono ricadute negative in termini di occupazione. Timori non infondati.

Siamo passati troppo velocemente dal capitalismo assistito dallo Stato alle leggi, anche spietate, del libero mercato globale. Il Governo dovrà doverosamente tutelare i lavoratori, l’indotto e la rete di vendita. Tutte realtà che potrebbero pagare il costo sociale ed economico delle scelte del gruppo Stellantis.

Dovrà intervenire stimolando l’economia. Finanziare la ricerca. Creare infrastrutture. Soprattutto dovrà tener conto delle fragilità della nostra economia. Nell’unione monetaria europea siamo entrati con enormi sacrifici ma anche nascondendo molti problemi sotto al tappeto. Problemi che ora presentano il conto.

 
Pierdomenico Corte Ruggiero
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