L’aeromobile, l’aviogetto, il velivolo, il jet, e ancor prima la mongolfiera, e mettiamoci l’aliante: tutte macchine volanti, che qualcuno, imaginificamente, fa risalire a un progetto originario di Leonardo Da Vinci;  e ci rimandano visioni di eroi alati alla Liala, a Francesco Baracca, Charles Lindberg o, tra le donne una per tutte, Amelia Earhart...ma sì, quelli eran giorni, eran miti.

Fino agli anni sessanta una relativamente piccola percentuale di cittadini del mondo aveva messo piede su un aereo; in seguito arrivò il turismo di massa, unitamente all’esigenza del trasporto veloce di merci, e non si capì più nulla. Come il settore abbia perso fascino, è già stato oggetto del nostro articolo sull’Alitalia. Il versante disaster, invece, ha preso piede con l’avvento dei programmi dedicati, a partire dal terzo millennio.

Premesso che, in vista di una trasvolata, breve o lunga, abbiamo sempre osservato una rigorosa astinenza di almeno quindici giorni da questo genere di intrattenimento, ammettiamo di essercene appassionati. Volevamo capirci qualcosa, venirne a un minimo capo, a tutti i costi, per una serie di ragioni: primo, come fruitori del mezzo; secondo, per autentica passione nei confronti del mistero del volo umano e della meccanica specifica; dipoi, per approfondire le notizie atteso che, prima dell’orgia sensazionalistica sul tema, ricevevamo scarne informazioni in merito alle sciagure dell’aria, e soprattutto in caso di attentati. Naturalmente qui non trattiamo dell’11 settembre, ma, se interessati all’approfondimento “altro”,  diverso anche dall’alternativo conosciuto, lo troverete sul nostro libro “Complottista io?” (Carmen Gueye, Eidon Edizioni – e-book). Possiamo proporvi anche il nostro romanzo “Manola delle Torri”, stesso autore ed editore, reperibile su ordinazione all’editore, in PDF.

Va bene, direte voi: dopo la consueta tirata sui nostri lavori (ma ci tocca), cos’hai da “rivelare”, che già non sappiamo?  Forse poco o nulla, in effetti, ma perplessità, a iosa.

Nel dopoguerra accadeva che la causa di un sinistro fosse addebitabile anche alla forma dei “finestrini”, vedi il volo Boac 781 ( futura Britisch Airways), 18 gennaio 1954;  di talché il progresso progettistico faceva sperare di pervenire a un accettabile margine di rischio, quello normalmente connesso alle condizioni della vita.

L’intensificarsi del traffico, il proliferare di compagnie, i criteri di selezione del personale e la qualità dell’addestramento, i canoni non sempre cristallini di certificazione delle società addette alla manutenzione,  vengono spesso considerati alla base delle precipitazioni, a terra, in mare, su centri abitati. Qualche volta si è decretato un eccesso di carico. E’ accaduto che, nel tempo, i resoconti siano cambiati: forse gli investigatori specializzati, che posseggono peraltro competenze strabilianti, hanno scoperto elementi nuovi nel tempo, ma molto non ci è tornato.

E’ impossibile redigere elenchi e sintetizzare tutte le strane storie che abbiamo visto e letto, pertanto ci soffermeremo solo su alcune. Non entriamo in particolari sulla tipologia dei velivoli, che occuperebbero troppo spazio. 

In tema “incidente “puro” iniziamo dal cosiddetto “Disastro aereo delle Ande”. Il 13 ottobre 1972 un volo charter 571 della Fuerza Aerea Uruguaya, da  Montevideo a Santiago del Cile, si schiantò nella cordigliera delle Ande. A bordo c’erano 45 persone, fra cui un’ intera squadra di rugby: sopravvissero in 16, miracolosamente salvati dopo che due giocatori si erano avventurati in cerca di soccorsi. Del fatto si è molto trattato, anche sullo schermo, perché purtroppo i morti fecero da pasto ai vivi, pena la fine per tutti. E quanto alle cause, c’è quasi un’enciclopedia, in merito, ma si privilegiò, al tempo, uno stato di ebbrezza dei piloti.

Tenerife, 27 marzo 1977:  si scontrarono in pista due Boeing: 583 vittime, il più grave disastro aereo nella storia. L’aeroporto di Los Rodeos si presentava semideserto: non era stagione di flussi e le grandi masse di turisti alle Canarie dovevano ancora vedersi, o meglio si era all’esordio dell’invasione ( e del ruolo di queste isole in tanti traffici). Stagnava la nebbia, in effetti, ma non doveva essere un imprevisto insuperabile. La ricostruzione risulta tuttora complicatissima, si tende a indicare una manchevolezza da parte di uno dei piloti: accusa frequente, che non può non addolorarci quando l’interessato, in genere, non può più dire la sua. 

Attestiamo, ad ogni buon fine, che nei lanciati anni novanta, da Lanzarote a Tenerife, il velivolo su cui viaggiavamo sfiorò uno dei vulcani spenti.

Amsterdam, 4 ottobre 1992. Il volo El Al 1862, un cargo Boeing 747, proveniente da New York, con scalo e ripartenza nella capitale olandese,  destinazione Tel Aviv, a bordo solo personale ( almeno ufficialmente), a parte un giovane impiegato della compagnia che andava a sposarsi, precipita su un complesso abitativo e lo spacca in due. Causa dell’incidente: anomalia a un perno, conseguenze sull’ala e mancato avviso ai piloti, poiché in un cargo non ci sono passeggeri che danno l’allarme se vedono qualcosa che non va (?). In tutto 43 vittime, la maggior parte inquilini dei caseggiati.

17 luglio 1996, ancora a New York, snodo ormai intasato. Volo TWA 800, Boeing 747 piuttosto vecchiotto e carico di chilometri. Poco dopo il decollo, l’avion finisce in mare, inabissando mortalmente tutte le 230 persone a bordo. Il presidente Clinton se ne uscì ,  a caldo, affermando gravemente che "avrebbero trovato" i terroristi; serpeggiarono voci su un passeggero iraniano " scomodo" e su un carico che scottava, in stiva. Ma a bruciare fu altro.

Viene fuori che in effetti la manutenzione non era all’altezza, si scoprono addirittura delle serpentine di fili scoperti: e con ciò, tanti saluti al quadrimotore, che aveva fatto il suo tempo e consumava troppo. E dire che nel 1991 un esemplare, sempre della El Al, aveva trasportato clandestinamente 1221 persone: chissà non fosse lo stesso e nel tempo non sia sopravvenuto un cedimento strutturale…

25 luglio 2000, Parigi, aeroporto Charles De Gaulle. Il gingillo Concorde cade quasi subito dopo aver decollato: nessun sopravvissuto, oltre ai morti e feriti a terra. A quanto pare la banalissima causa fu l’impatto del carrello con un rottame caduto da un precedente aereo appena decollato, che avrebbe provocato tutta una serie di subdole rotture, e l’incendio a bassa quota (esistono filmati amatoriali). Il portentoso airplain, ci riportano puntigliosamente, era stato utilizzato per una scena di crash nel film “Airport 80”.

Il magico aeromobile, ultra aerodinamico con la punta ad airone, era stato inaugurato nel 1969, nell’era delle promesse sulle magnifiche sorti progressive di questi bestioni, con l’annuncio di una velocità mirabolante, per le tratte - tra Parigi o Londra -  verso New York; dopo la disgrazia fu gradualmente dismesso, ultimo volo nel 2003.

Il 12 novembre 2001, nella Grande Mela, che non si è ancora ripresa da quanto accaduto due mesi prima, la American Airlines perde un altro pezzo della flotta, con tutti i suoi ospiti: il volo 587 si schianta nel Queens, trascinando nella fine anche cinque cittadini del quartiere. Il modello, questa volta, è il francese Airbus, che ha sorpassato la Boeing nelle vendite ed è considerato alquanto affidabile, senza contare i miglioramenti tecnologici sopraggiunti. Pare che, durante una turbolenza causata dalla scia di un aereo appena avanti, il pilota abbia mal maneggiato i comandi del timone.

Continua...