A settembre prossimo, in occasione del così detto “election day”, torneremo alle urne per votare, in un sol colpo dove sarà necessario, per le regionali e per il primo turno delle amministrative nonché, in tutto il territorio nazionale, per il referendum confermativo della riforma sul taglio dei parlamentari.
Questi due giorni, che sono stati individuati per il 20 e il 21 settembre, dovrebbero tenere impegnati, come del resto ottusamente è sempre stato, una miriade di istituti scolastici in tutto il Paese.
Le ipotesi che il governo avrebbe prospettato, per tale evento, sarebbero in effetti 2; o far iniziare l’anno scolastico il 23 settembre o, come sempre fatto, iniziare le lezioni, in questa occasione, come stabilito il 14 dello stesso mese interrompendo il ciclo scolastico per il tempo necessario ad allestire i seggi ed effettuare materialmente il voto.
Secondo me, in quegli istituti che dovranno fare da seggio, tutte e due le soluzioni proposte sono pienamente inadeguate al normale andamento scolastico il quale dovrebbe avere come priorità, visto soprattutto a quello che tanto gli insegnati quanto gli alunni, hanno dovuto rinunciare come didattica per la situazione di emergenza covid-19 nell’anno scolastico 2019-2020, il maggior tempo disponibile per effettuare le normali lezioni.
Il Ministero dell’Interno, quanto il Ministero dell’Istruzione e le Prefetture, ma soprattutto il Governo, dovrebbero avere il buon senso di allestire i seggi necessari in luoghi lontano dalle aule scolastiche utilizzando, dove necessario, magari concordandoli con i Sindaci e le Prefetture, spazi pubblici inutilizzati (palestre, teatri, ecc) o caserme delle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia di Stato ed Esercito).
Se così non fosse, a questo punto, si dovrebbe credere che non ci sia la consapevolezza della politica, aldilà dei partiti di appartenenza, che la scuola, in generale, si trova in uno stato precario che può essere motivo di una reale regressione per l’istituto di “formazione/educazione” proprio che dovrebbe svolgere nelle giovani generazioni.
Facciamo in modo che la scuola non sia sempre più calpestata e dimenticata da chi dovrebbe invece avere l’obbligo morale e sociale di innalzare questo istituto al primario bisogno della società.
Giampiero Tamburi (Perugia: Social City)