Comunicato stampa diffuso dai gruppi palestinesi per i diritti umani Al Mezan, Al-Haq e PCHR:

Il 29 ottobre 2023, nel mezzo della violenta offensiva militare israeliana contro Gaza, definita dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) come un possibile genocidio in atto contro il popolo palestinese a Gaza, il Ministero dell'Energia israeliano ha  annunciato  di aver concesso licenze a sei società, israeliane e internazionali, per effettuare esplorazioni alla ricerca di gas naturale in aree che sono considerate aree marittime palestinesi secondo il diritto internazionale.

Tra le società troviamo Eni SpA (Italia), Dana Petroleum (Regno Unito, una controllata della South Korea National Petroleum Company) e Ratio Petroleum (una società israeliana). Le licenze arrivano dopo il  quarto round di offerte offshore  ("OBR4"), lanciato dal Ministero dell'Energia e delle Infrastrutture israeliano nel dicembre 2022.


La cartina 1 mostra i confini marittimi dello Stato di Palestina secondo la sua  dichiarazione del 2019  in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

La cartina 2 mostra le aree coperte dal bando. Le linee rosse indicano ciò che Israele di fatto considera come sua area di concessione, mentre le linee nere rappresentano i confini marittimi della Palestina, come mostrato nella cartina 1. 






   

Israele ha concesso licenze per l'esplorazione del gas per la Zona G, un'area marittima adiacente alle coste di Gaza, come illustrato nell'area verde della cartina 2 sopra riportata. In particolare, il 62% della Zona G rientra nei confini marittimi  dichiarati dallo Stato di Palestina nel 2019 , in conformità con le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, di cui la Palestina è firmataria.

Oltre alle licenze già assegnate nella Zona G, Israele ha emesso gare anche per le Zone H ed E (come raffigurate in rosa sempre sulla cartina 2). Il 73% della Zona H rientra nei confini marittimi dichiarati della Palestina, insieme al 5% della Zona E.

Pur non essendo parte dell'UNCLOS, Israele ha  risposto  alla dichiarazione palestinese sostenendo che, poiché Israele non riconosce la Palestina come stato sovrano, la Palestina non ha l'autorità di dichiarare i propri confini marittimi e le proprie acque. Questo argomento è in diretta contraddizione con i principi consolidati del diritto internazionale, come delineato di seguito.

Israele è la potenza occupante nella Striscia di Gaza ed esercita il pieno controllo effettivo sulle aree marittime della Palestina. L'emissione della gara e la successiva concessione di licenze per l'esplorazione in quest'area costituiscono una violazione del diritto internazionale umanitario (DIU) e del diritto internazionale consuetudinario.

Le gare d'appalto, emesse in conformità con il diritto interno israeliano, equivalgono effettivamente all'annessione de facto e de jure delle aree marittime palestinesi rivendicate dalla Palestina, in quanto quest'ultima cerca di sostituire le norme del diritto internazionale umanitario applicabili applicando invece il diritto interno israeliano all'area, in contesto di gestione e sfruttamento delle risorse naturali.

Secondo il diritto internazionale applicabile, a Israele è vietato sfruttare le risorse limitate non rinnovabili del territorio occupato, per guadagni commerciali e a beneficio della potenza occupante, secondo le regole dell'usufrutto, come previsto dall'articolo 55 dei Regolamenti dell'Aja. Israele, in quanto autorità amministrativa de facto nel territorio occupato, non può esaurire le risorse naturali per scopi commerciali che non siano a beneficio della popolazione occupata.

Il 5 febbraio 2024, Adalah ha inviato una  lettera  al ministro dell'Energia israeliano e al procuratore generale di Israele, chiedendo:

(i) la revoca delle licenze per l'esplorazione del gas concesse nella Zona G;

(ii) l'annullamento di eventuali gare pendenti nelle aree che rientrano nei confini marittimi della Palestina;

e (iii) l'immediata cessazione di qualsiasi attività che comporti lo sfruttamento delle risorse di gas nei confini marittimi della Palestina, poiché queste aree non appartengono allo Stato di Israele e Israele non possiede alcun diritto sovrano su di esse, compresi i diritti economici esclusivi. Inoltre, l'esplorazione e lo sfruttamento del gas nelle aree marittime della Palestina violano palesemente il diritto fondamentale del popolo palestinese all'autodeterminazione, che comprende la gestione delle sue risorse naturali.

 In data 6 febbraio 2024 lo studio legale Foley Hoag LLP, in rappresentanza di Al-Haq, Al Mezan Center for Human Rights e Palestine Center for Human Rights (PCHR) ha inviato diffide alle società  Eni SpA ,  Dana Petroleum Limited e  Ratio Petroleum  a desistere dall'intraprendere qualsiasi attività nelle aree della Zona G che ricadono nelle aree marittime dello Stato di Palestina, sottolineando che tali attività costituirebbero una flagrante violazione del diritto internazionale.

Le organizzazioni hanno notificato alle compagnie che qualsiasi tentativo di esplorare e sfruttare le risorse naturali rivendicate dallo Stato di Palestina senza il suo consenso violerà inevitabilmente il diritto internazionale umanitario, comprese le leggi sull'occupazione. Le organizzazioni hanno avvertito che la complicità in crimini di guerra come il saccheggio è un reato grave, che espone gli attori aziendali a responsabilità penale individuale.

È importante sottolineare che la Corte penale internazionale ha attualmente un'indagine aperta sui crimini internazionali commessi nel territorio dello Stato palestinese, e quindi ha giurisdizione per indagare e perseguire qualsiasi individuo ritenuto responsabile della commissione del crimine di guerra del saccheggio. Inoltre, partecipare alla gara ed effettuare esplorazioni di gas nelle aree marittime della Palestina, in violazione del diritto internazionale umanitario, espone le società al rischio di azioni civili per danni. Le organizzazioni hanno dichiarato di essere pronte a utilizzare tutti i meccanismi legali disponibili nella massima misura possibile, a meno che le aziende non si astengano da attività in violazione del diritto internazionale nei territori occupati, comprese le acque palestinesi.

Secondo le organizzazioni, la demarcazione unilaterale di Israele dei suoi confini marittimi per includere le aree marittime della Palestina e le lucrative risorse naturali non solo viola il diritto internazionale ma perpetua anche un modello di lunga data di sfruttamento delle risorse naturali dei palestinesi per i propri guadagni finanziari e coloniali. Israele cerca di saccheggiare le risorse della Palestina, sfruttando quella che è già solo una frazione delle legittime risorse naturali dei palestinesi.


Da il manifesto (Sull'Eni a Gaza il silenzio complice del governo Meloni di Alberto Negri)

"Come è potuta accadere una vicenda così imbarazzante (sotto interrogazione parlamentare di Verdi e Sinistra) che tra l'altro coinvolge il governo italiano, il maggiore azionista di Eni con il 32%? Quel governo italiano che nel recente vertice a Roma ha corteggiato il Continente africano agitando il Piano Mattei come una bandiera contro il «capitalismo predatorio» e il neo-colonialismo. Secondo analisti del settore che seguono l'attività dell'Eni, l'azienda petrolifera si era aggiudicata i blocchi di concessione del gas offshore di Gaza in luglio, tre mesi prima della guerra. Ma questo – e molto altro – non giustifica che, nel mezzo di un conflitto così devastante, Eni accettasse la formalizzazione di questa operazione con un pezzo di carta burocratico: sarebbe bastato rinviarlo al mittente con una sospensiva, per altro assai giustificata dagli eventi. ...Israele fa quello che gli pare. Ma lo stesso Israele pur non avendo relazioni diplomatiche con il Libano nell'ottobre 2022 ha firmato con la mediazione degli Stati uniti la demarcazione delle acque di confine con Beirut, ponendo fine a una disputa sullo sfruttamento delle riserve offshore di gas. La realtà è che il governo israeliano non ha nessuna intenzione di osservare il diritto internazionale e di dare un riconoscimento statuale ai palestinesi, come del resto abbiamo constatato ora e negli ultimi decenni Israele, in quanto Stato occupante, inoltre non ha il diritto di utilizzare le risorse naturali delle terre occupate per un proprio vantaggio economico. Ma ha sempre perseguito una logica coloniale e di rapina. Prendiamo il caso del giacimento di petrolio più ingente, quello di Meged (Megiddo), scoperto negli anni '80 e sfruttato dal 2010. Il giacimento è a ridosso del confine tra Israele e Cisgiordania e l'Autorità palestinese sostiene che circa l'80% si trovi nel sottosuolo dei suoi territori. Le proposte di sfruttamento congiunto, avanzate in passato anche da esponenti del governo israeliano, non hanno mai trovato applicazione e attualmente lo Stato ebraico utilizza il giacimento senza il coinvolgimento dell'Anp.Per quanto riguarda il gas Israele sfrutta i giacimenti offshore Leviathan e Tamar, il cui gas in parte è estratto nell'ambito di un programma con Cipro e la Grecia: dal 2020 Tel Aviv è così diventata un esportatore di gas. Ma di lasciare ai palestinesi la loro quota legittima di gas non se ne parla neppure. Nel 1999 l'Anp concesse una licenza alla British Gas che l'anno successivo scoprì un grosso giacimento al largo delle coste di Gaza, noto come Gaza Marine. Se sfruttato adeguatamente, il giacimento, stimato 30 miliardi di metri cubi di gas, potrebbe coprire l'intero fabbisogno palestinese e consentirebbe anche esportazioni. Ma i palestinesi non possono estrarre il gas di Gaza Marine: nel 2007, in seguito all'ascesa al potere di Hamas, Israele ha dichiarato un blocco navale intorno alla Striscia, impedendo così anche l'accesso al giacimento.

Sui media italiani, qualcuno ha mai sentito parlare di tutto questo?