Di Maio, se avesse potuto venir meno all'etichetta dettata dal protocollo, dopo aver stretto la mano a Xi Jinping si sarebbe messo a saltare come un grillo e ad urlare di gioia per lo spot che adesso la propaganda grillina potrà rivendersi nella campagna per le prossime elezioni europee... dato che le regionali sono andate come sono andate.

Oggi, c'è il voto in Basilicata per le regionali e, a meno di sorprese, assisteremo a quello che già abbiamo visto in Abruzzo e Sardegna: il centrodestra vincitore trainato da capitan Salvini, il centrosinistra in ripresa e i grillini "cornuti e mazziati".

Per giustificarsi agli occhi dei propri sostenitori, Di Maio ha cercato di motivare le ultime disfatte elettorali nelle amministrative come un problema causato dalle regole attuali del movimento. E per questo ha deciso di cambiarle per dar vita, almeno a livello locale, ad un partito a 5 Stelle e non più ad un movimento. Quindi, Di Maio ha lasciato la Basilicata a se stessa, puntando tutto sulle europee... ultima spiaggia per la sua leadership, al di là delle dichiarazioni di smentita da lui rilasciate in merito qualche tempo fa.

Di Maio, dopo aver calato le braghe nei confronti di Salvini, dopo "circa un anno" ha imparato la lezione e adesso ribatte punto su punto all'alleato, sempre meno alleato, di Governo.

«Sono orgoglioso di questo risultato - ha detto ieri Di Maio dopo la firma dell'accordo sulla BRI) sia come ministro che come vicepresidente del Consiglio e voglio dedicare questa firma ai nostri imprenditori del Made in Italy, quelli che finora, da soli, sono riusciti a rendere la nostra bandiera sinonimo di qualità ed eccellenza nel mondo. Da oggi, nelle vostre mani, ci sarà uno strumento in più per continuare a farlo. Oggi vincete voi, oggi vince il Made in Italy, oggi vince il Paese Italia.

Gli accordi firmati oggi valgono 2,5 miliardi di euro, ma hanno un potenziale che arriva a valere più di 20 miliardi. Con queste intese riusciremo a riequilibrare la bilancia commerciale per favorire il nostro export nella cornice delle regole comuni europee. Una task force del ministero dello Sviluppo Economico monitorerà questi accordi e stiamo già lavorando perché ne nascano di nuovi da qui alla visita del presidente Giuseppe Conte in Cina, prevista a breve. Ne approfitto per ringraziarlo per aver lavorato al mio fianco alla chiusura di questo accordo, per esser stato presente in questa giornata storica e, per lo stesso motivo, ringrazio il presidente Xi Jinping.

Questi accordi sono un passo in avanti per la nostra economia, perché continui a crescere. Ma sono anche un segnale che vogliamo dare all'Europa e al mondo intero: l'Italia c'è.»


E Salvini? Non avendo potuto intestarsi l'accordo con la Cina ha cercato di boicottarlo, ma senza successo ingoiando il rospo in attesa del risultato in Basilicata. Sabato, però, nel corso del suo intervento al forum di Confcommercio, Salvini aveva dichiarato: «Sono contento che ci sia il presidente cinese in visita in Italia... ci vuole parità di condizioni. Non mi si dica che la Cina è un paese dove vige il libero mercato, dove lo Stato non interviene nell'economia, nell'informazione».

Ma Di Maio, ormai, non è più sportivo come un tempo e ha ribattuto in questi termini: «Lui ha il diritto di parlare, io di fare i fatti come ministro dello Sviluppo economico. Oggi abbiamo firmato accordi per 2 miliardi e mezzo e un potenziale di 20 miliardi. Questi sono i fatti che mi interessano».


La guerra del cambiamento, come si vede, è già stata dichiarata, anche se è solo agli inizi. Una guerra che sarà fatta di scaramucce fino alla battaglia campale si disputerà non appena si saranno svolte le elezioni europee. Poi, si tornerà a votare per le politiche e non è detto che per farlo si dovrà attendere un anno .